Città per sua stessa natura di transito Messina riserva al turista curioso piacevoli e inaspettate sorprese. Iniziando dal viaggio per raggiungerla. Il più tradizionale vede l’utilizzo del traghetto che collega la città siciliana con Reggio Calabria.
Non una semplice traversata ma una emozionante navigazione tra miti e leggende, come quella di Scilla e Cariddi, legate all’origine della nascita dello stretto, che in realtà è una depressione di natura tettonica formatasi in 125mila anni, grazie alle spinte di 3 placche tettoniche che convergono tutte in quel punto, nel centro del Mediterraneo. Una breve crociera di poco meno di mezz’ora regala panorami da godere appieno, meglio se all’ora del tramonto di una bella giornata. Il viaggio più curioso e sportivo è il Cammino della Via Normanna – una delle Vie Francigene di Sicilia – da fare rigorosamente a piedi. Parte da Palermo ma può anche essere percorso per tratti molto più brevi, anche di un paio di giorni, attraversando alcuni dei luoghi più belli dei Monti Peloritani, la catena montuosa che circonda Messina e si estende da Capo Peloro fino al confine con i vicini Monti Ebridi.
E proprio nei boschi dei Peloritani, a una manciata di chilometri da Messina – accessibile anche con i bus di linea – si incontra l’Ecomuseo del Gusto, una struttura rurale recuperata dall’incuria del tempo e dal degrado, restituita agli antichi splendori e aperta al pubblico da Don Minico, titolare di una vivace azienda agricola, conosciuta per i suoi prodotti ma soprattutto per la Pagnotta alla Disgraziata, piatto tipico e povero della tradizione messinese. Se ne avete tempo vale la pena farsi raccontare l’avventurosa storia di questa azienda e del suo istrionico creatore. Scendendo in città, che fu gravemente danneggiata dal terremoto del 1908 che costò la vita a decine di migliaia di persone, si può iniziare la visita del centro storico partendo da piazza Duomo dove si trovano la Basilica Cattedrale di origine normanna, un tra le più belle dell’isola, l’orologio astronomico-figurativo del suo campanile e la cinquecentesca Fontana Orione, dedicata al mitico fondatore di Messina, per poi proseguire verso il settecentesco Palazzo Calapaj D’Alcontres e la bella Chiesa dei Catalani, di epoca medievale.
Tra gli altri monumenti salvatisi dal terremoto spiccano la Fontana Senatoria, del 1615, la seicentesca Cittadella pentagonale, per un periodo la principale fortezza del Mediterraneo, il cinquecentesco Castello Gonzaga e alcuni edifici del quartiere settecentesco del Tirone, purtroppo in cattivo stato di conservazione. Belli, anche se più recenti, gli eleganti palazzi eclettici di primo Novecento che si affacciano su via Cavour e la Galleria Vittorio Emanuele III. Ma il vero gioiello di Messina è il MuMe, il Museo Interdisciplinare Regionale che raccoglie l’ingente patrimonio artistico recuperato fra le macerie del centro urbano e dalle collezioni dell’ottocentesco Museo Civico Peloritano, distrutti dal terremoto di inizio Novecento. Si trova sul lungomare, nella spianata del San Salvatore dei Greci, ove era ubicata la filanda della seta Melinghoff, e racconta la storia di una città perduta, lacerata dal sisma.
Tra le 750 opere esposte spiccano il Polittico di San Gregorio, datato 1473, e la tavoletta bifronte di Antonello da Messina e le due pale caravaggesche con la Resurrezione di Lazzaro e l’Adorazione dei pastori, dipinte durante la sosta siciliana dell’artista lombardo, fra il 1609 e il 1610. Particolarmente interessante anche la sezione archeologica. Da vedere anche il Giardino Mediterraneo che sorge tra le vestigia del monastero San Salvatore e preziosi monumenti lapidei di Messina prima del terremoto. Qui si ammirano piante autoctone della flora mediterranea: acanto, vite, alloro, timo, origano, lavanda, melagrano, mandorlo, carrube, ginestra, mirto, hibiscus e garofani delle rupi. Prima di lasciare la città vale la pena fare una passeggiata sul lungomare e arrivare fino a Capo Peloro, sede della “Riserva Naturale Orientata Laguna di Capo Peloro”.
Siamo al vertice più orientale della Sicilia, all’estremità nord dello Stretto di Messina, il punto più vicino alla costa calabra, luogo d’incontro di correnti fortissime tra i due mari, lo Ionio ed il Tirreno. E chissà se, con un po’ di fortuna, da qui non si possa osservare il fenomeno atmosferico Fata Morgana, una sorta di miraggio che pare avvicinare la sponda siciliana a quella calabrese facendo apparire fantastiche costruzioni ricche di torri che la fantasia dei poeti ha attribuito per dimora alla leggendaria fata Morgana (che in bretone significa fata delle acque).