Aumento delle temperature, maggior frequenza e maggior intensità degli eventi catastrofici, innalzamento del livello del mare, desertificazioni, inondazioni e siccità, nuove malattie, nuovi poveri, nuove migrazioni. Tra i tanti e tragici effetti dei cambiamenti climatici, fino a questo momento, pochi avevano considerato quelli sullo sport: ebbene, un gruppo internazionale di scienziati tedeschi e olandesi ha appena fatto notare che il riscaldamento del pianeta avrà molto probabilmente un impatto considerevole anche sui campionati mondiali di calcio 2026, che si svolgeranno in Canada, Stati Uniti e Messico, e sottoporrà gli atleti a “un rischio molto elevato di subire stressa da calore estremo” in almeno 10 dei 16 stadi che ospiteranno le partite della competizione. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports.

L’allarme degli scienziati: “Rivedere il calendario degli eventi sportivi”

“Il nostro lavoro”, scrivono gli autori, “esamina il rischio di grave stress da calore e le potenziali perdite di liquidi nei calciatori professionisti, considerando anche la concentrazione di ossigeno nell’aria inalata dagli atleti che parteciperanno al Campionato mondiale di calcio Fifa del 2026. Abbiamo calcolato, per tutti e 16 gli stadi della competizione, i valori orari degli indici biometeorologici, tra cui l’indice climatico termico universale aggiustato (Utci), la perdita di acqua (Sw) e il volume di ossigeno (Ov)” scoprendo che “dieci stadi sono ad altissimo rischio di causare condizioni di stress termico estremo”.

Caldo e sforzo fisico

In particolare, il caldo e lo sforzo fisico intenso potrebbero costringere i calciatori a sopportare temperature percepite superiori a 49,5 °C negli stadi di Arlington e Houston (Stati Uniti) e di Monterrey (Messico). La questione non riguarda solo il prossimo campionato di calcio, ma probabilmente anche quelli del futuro: “Vale la pena”, ha affermato Marek Konefal, uno degli autori dello studio, esperto della Worklaw University of Health and Sport Sciences, in Polonia, “riconsiderare i calendari di tutti gli eventi sportivi d’ora in avanti”.

Cos’è la “temperatura di bulbo umido”

Probabilmente, servirà anche un adattamento delle norme che definiscono la “giocabilità” di un dato incontro. Al momento, la Fifa ha disposto che si debbano effettuare pause di raffreddamento nel caso in cui la cosiddetta “temperatura del bulbo umido” superi i 32 °C. La misurazione della temperatura di bulbo umido è una tecnica che si usa per valutare l’effetto combinato di temperatura e umidità dell’aria: si ottiene avvolgendo un termometro in un panno bagnato e facendolo ventilare: l’acqua evapora dal panno e, mentre lo fa, raffredda il termometro. La temperatura che si legge è la temperatura di bulbo umido, e la misura aiuta a comprendere per esempio quanto il corpo umano riesce a raffreddarsi attraverso il sudore: quando l’umidità è più alta, l’evaporazione del sudore è più difficile e la temperatura di bulbo umido si avvicina alla temperatura reale. Se la temperatura di bulbo umido supera i 30-35 °C per troppo tempo, il corpo umano potrebbe non riuscire più a raffreddarsi, portando a colpi di calore anche in condizioni di riposo, e pertanto questo tipo di misurazione è un indicatore usato per valutare il rischio di stress termico, soprattutto in ambienti caldi e umidi.

Gli autori del lavoro appena pubblicato, però, temono che questo parametro sia insufficiente, perché considera solo calore e umidità “esterni”: “Durante un’intensa attività fisica”, ha spiegato Katarzyna Lindner-Cendrowska, climatologa alla Polish Academy of Sciences e co-autrice dello studio, “i muscoli degli atleti producono enormi quantità di calore, il che aumenta il carico di calore complessivo sul corpo”. Per questo, i ricercatori hanno eseguito simulazioni più realistiche, che tengono conto anche della velocità, dei livelli di attività e degli indumenti indossati dai calciatori, scoprendo che lo stress maggiore sarebbe avvertito tra le 14 e le 17 negli stadi sopra menzionati, e che potrebbe essere così pesante da poter indurre colpi di calore e perfino collassi: uno scenario certamente da scongiurare, per il successo del campionato ma soprattutto per la salute dei calciatori.