Da quest’anno dobbiamo imparare una nuova abitudine, quando gettiamo i rifiuti. Quella maglietta bucata o le scarpe vecchie che intendiamo buttare via, non possono più essere gettate nell’indifferenziata. Dal 1° gennaio 2025, infatti, è entrata in vigore in tutta Europa, una nuova normativa nata per combattere l’inquinamento crescente derivato dai rifiuti tessili, complice anche il dilagante fast fashion, che ci porta a consumare più velocemente i vestiti che indossiamo. E’ un cambiamento non da poco, che obbliga i comuni italiani a predisporre una raccolta specifica non solo per carta, vetro e plastica, ma anche per i rifiuti tessili che diventano un nuova categoria da smaltire separatamente in un cassonetto apposito.

In realtà, il nostro Paese, già dal 2022 (con il Decreto Legislativo n. 116/2020) ha introdotto la raccolta differenziata per i rifiuti tessili in anticipo di tre anni sui tempi di Bruxelles, che con la normativa europea ha acceso un faro permanente sulla situazione; secondo le stime più recenti, la produzione tessile contribuisce dal 2% al 10% delle emissioni globali di CO2, e provoca il 20% dell’inquinamento delle acque dolci, oltre a una forbice del 16-35% dell’inquinamento oceanico dove finiscono le microplastiche. Basti pensare che ogni abitante europeo, getta in media 11 kg di prodotti tessili, ed il totale dei 27 Stati membri produce 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili all’anno: di cui 5,2 solo tra abbigliamento e calzature. Secondo uno studio dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, solo il 12% della produzione europea di materiali tessili viene dal circuito dei sistemi di raccolta, mentre il resto finisce nei rifiuti indifferenziati. La norma, dunque, intende sensibilizzare i cittadini europei ad una pratica circolare dei rifiuti, multando fino a 2.500 euro, chi non rispetta tali disposizioni.


D’altronde la raccolta differenziata dei tessili permette il recupero di materiali ancora validi, che possono essere avviati un processo virtuoso di riciclo delle fibre tessili, dando loro una seconda vita, andando a ridurre la produzione di altri materiali, che non farebbero altro che alimentare quel circolo vizioso: consumo energetico, rifiuti, inquinamento. Infatti i rifiuti tessili che andremo a depositare nei giusti contenitori, se in buono stato possono essere riutilizzati direttamente, mentre quelli danneggiati sono sottoposti al riciclo da cui si ricavano nuove fibre o materiali. E non è ancora tutto. L’Unione Europea, introducendo questo nuovo obbligo, ha istituito anche la cosiddetta “responsabilità estesa del produttore” che obbliga chi realizza determinati prodotti tessili, a farsi carico anche di riutilizzo, riciclaggio e recupero. Ma se vi state chiedendo dove poter gettare gli abiti usati per fare al meglio la differenziata e non incorrere nella multa, la domanda è più che lecita. La destinazione idonea è quella dei cassonetti gialli, dove possono essere inseriti capi di abbigliamento e accessori, tra cui biancheria intima, scarpe e borse, ma anche stoffe, tende e persino tappeti.

Prendiamo come esempio quello di Roma: andando sul sito della municipalizzata AMA, gli utenti possono accedere ad una mappa online dove visualizzare la disposizione dei cassonetti gialli, che ammontano a 1.500 per tutta la città e che nei prossimi mesi saranno aumenti del 20% per raggiungere l’obiettivo di avere un cassonetto ogni 800 abitanti, contro l’attuale 1 per 1877 romani, aumentando la quantità di tessili raccolti fino a 5,5 kg per ciascun cittadino, quando la media europea è di 4,4 kg/abitante.