Consumare meno combustibili fossili si deve. E si può, come dimostra il rapporto appena pubblicato da Ecco, il think tank italiano per il clima: tra settembre 2022 e febbraio 2023 la domanda di gas in Italia è calata del 20% rispetto allo stesso periodo dei tre anni precedenti, è la conclusione del documento (qui il .pdf) che ha analizzato i consumi in Italia e in Europa. E anche nel resto del Continente la riduzione è stata della stessa entità: si è passati dai 380 miliardi di metri cubi di gas del 2021 ai 330 consumati nel 2022. Interessante l’analisi settore per settore condotta da Ecco.
Le famiglie hanno fatto registrare un calo del 21%, con un risparmio che ammonta a 4,6 miliardi di metri cubi (bcm), ovvero circa il 6% della domanda storica nazionale.
Nel settore industriale la riduzione dei consumi è stata del 20%, pari a 1,6 bcm, ovvero il 2% della domanda nazionale. Nel settore termoelettrico, infine, la domanda di gas è scesa del 16%, pari a 2,2 bcm. Quest’utlima discesa è stata favorita dal calo dei consumi elettrici (-1,5% nel 2022 rispetto al 2021) e dallo lo sviluppo delle fonti rinnovabili, +3 GW tra eolico (0,5 GW) e fotovoltaico (2,5 GW).
Nonostante il 20% di gas in meno, tra settembre e febbraio, non abbiamo sofferto il freddo (merito, certo, di un inverno particolarmente mite), né sono andate in crisi centinaia di aziende per mancati approvvigionamenti di energia. “Anzi”, spiega Matteo Leonardi, co-fondatore di Ecco e co-autore del rapporto, “è stato proprio il calo dei consumi a riequilibrare il mercato e a riportare in basso il prezzo del gas che era arrivato alle stelle”.
E anche il Pil nazionale è cresciuto di diversi punti, a dispetto del quinto di gas in meno bruciato. Significa che l’economia sta imparando a rinunciare ai combustibili fossili? “Quella è certamente la strada da seguire. Ma è troppo presto per conoscere le correlazioni tra questo calo dei consumi di gas e le performance economiche”, risponde Leonardi. “Per esempio, molte aziende energivore italiane, visti i prezzi dei combustibili, hanno rinunciato ad alcuni processi produttivi aumentando le importazioni di prodotti semilavorati. In tal modo hanno risparmiato sulla bolletta e sono rimaste comunque sul mercato”.
Ma se l’Italia e l’Europa hanno appena dimostrato di poter fare a meno del 20% del gas, ha senso che il nostro Paese costruisca nuove infrastrutture e nuovi accordi con i produttori di combustibili fossili per diventare, come si dice a Palazzo Chigi, “l’hub europeo del gas”?
“Per prima cosa questi risparmi andrebbero stabilizzati e non considerati frutto di una contingenza”, conferma Leonardi. “Anche perché se la riduzione dei consumi ha riportato un equilibrio dei prezzi, la costruzione di nuove infrastrutture ridondanti creerà un nuovo disequilibrio. Senza contare che la domanda di gas, solo per la crescita delle rinnovabili, continuerà a diminuire del 5% ogni anno. Investire in nuove infrastrutture per il gas invece che stabilizzare i risparmi virtuosi con politiche ad hoc è pura follia”.