L’aumento delle bollette dell’elettricità non è solo una questione personale, ma un problema collettivo. Lo hanno capito da tempo gli agricoltori del Veneto e della Puglia che da diversi anni con la Coldiretti hanno creato le prime comunità agro energetiche chiamate “Energia agricola a Chilometro Zero”. Energia autoprodotta, consumata e condivisa tra imprenditori agricoli e proviente al 100% da fonti rinnovabili. Impianti fotovoltaici soprattutto.
A gestire l’equilibrio della capacità produttiva tra i soci titolari degli impianti e il fabbisogno energetico di tutti i consumatori (anche di chi non ha un impianto di rinnovabili) è invece una società benefit (ovvero una società che ha nel suo oggetto sociale lo scopo di avere un impatto positivo sulla società e sulla biosfera) di Verona, la ForGreen Spa, che stabilisce non solo le eccedenze di energia e le distribuisce ai soci, ma rendiconta anche gli “sconti” e i “premi” che vengono a loro volta reinvestiti in servizi.
Un processo virtuoso che secondo alcune stime taglia in media il 20% dei costi dell’energia di chi fa parte della comunità energetica. E non è l’unico beneficio, visto che tutto questo contribuisce a creare una serie di servizi green, valori di sostenibilità che creano l’immagine di ogni azienda verso i consumatori.
Ideatore della Comunità agro energetica della Coldiretti è Luca D’Apote, responsabile energia dell’ente e direttore associazione delle Fattorie del Sole, ossia di quelle aziende agricole che consumano energia autoprodotta da fonti rinnovabili e poi distribuita fra le aziende affiliate. Spiega D’Apote: “Il progetto è partito nel 2019, grazie alla normativa europea che dava la possibilità di estendere il modello di comunità energetica su un’area geografica piuttosto ampia. L’Unione europea indicava confini geografici regionali entro i quali potersi scambiare energia autoprodotta. Così, sia in Veneto che in Puglia abbiamo sviluppato in pieno quel modello”.
Per le aziende che aderiscono alla comunità energetica della Coldiretti non si parla di allacciamenti alla stessa cabina primaria, ma lo scambio di energia è totalmente virtuale, senza però la possibilità di ottenere i meccanismi di incentivazione che spettano alle normali comunità energetiche. “Certo questo modello non ci fa accedere agli incentivi, previsti invece dalla nuova normativa sulle comunità energetiche rinnovabili – precisa D’Apote – ma i vantaggi per i soci sono lo stesso molti. E poi stanno sorgendo nuove piccole comunità energetiche che sfruttano invece la vicinanza territoriale e la condivisione della cabina primaria”.
Il progetto di Energia agricola a chilometro Zero (che sembra quasi ricalcare quelle delle cooperative) funziona. Tanto per fare un esempio, con l’energia autoprodotta dalle migliaia di piccole e grandi aziende agricole e di agriturismi sparse per il Veneto e la Puglia, si sostengono i consumi di energia elettrica oltre che dei soci anche delle sedi della Coldiretti e di Campagna amica. Ma sono tante le storie che si possono leggere sul sito della prima comunità agro energetica in Italia e si capisce che non si parla solo di sconti e incentivi, ma anche e soprattutto di valori condivisi a cominciare dalla tutela dell’ambiente. Con orgoglio, infatti, la comunità energetica elenca i 39.160 megawatt di energia scambiata, il taglio di 10.596 tonnellate di CO2 e i 23.043 barili di petrolio risparmiati ogni anno. E il conteggio viene continuamente aggiornato.
Il reportage
I pionieri di Magliano Alpi, la prima comunità energetica italiana
dalla nostra inviata Cristina Nadotti
Così racconta la Società Agricola Agrifloor di Tezze sul Brenta in provincia di Vicenza, che si è fatta i suoi conti, di barili ne hanno risparmiati 61. Oppure, la Società viticola Aldrighetti sulle colline delle Valpolicella, anche loro membri della comunità Energia Agricola Km 0 che è riuscita ad evitare l’emissione di più di 3 tonnellate di CO2 in atmosfera.
“Uno degli obiettivi che volevamo raggiungere con la comunità agro energetica era proprio questo: creare storie di sostenibilità – racconta ancora Luca D’Apote – Perché il vettore energetico non trasporta tra i soci, solo kilowatt di energia, ma trasporta anche valori, ci si scambia energia parlando un linguaggio comune. Quello della tutela ambientale. Ogni innovazione, come quella di creare una comunità energetica rinnovabile, richiede uno slancio e una forza che possono essere generati solo dai valori condivisi in cui credono le persone che ne fanno parte. Non sarebbe stato possibile mettere insieme migliaia di agricoltori e di imprese senza avere in comune l’idea che tutto questo ci aiuta a rispettare l’ambiente in cui viviamo”.