Gli allevamenti animali inquinano e consumano risorse. Solo pochi giorni fa un report di Greenpeace Nordic snocciolava i dati sulle emissioni di metano legate alle aziende produttrici di carne e latticini, indicando come auspicabili cambi nelle scelte e consumi alimentari potessero dare una grossa mano alla riduzione del riscaldamento globale. Oggi a rinforzare il messaggio è il lavoro del team di Matthew N. Hayek della New York University, incentrato sui benefici che si avrebbero riguadagnando parte del suolo perso destinato agli allevamenti.
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Senza animali da carne, quel suolo potrebbe infatti essere terreno fertile per la crescita di nuovi alberi (non necessariamente con un importante contributo umano), con possibilità di sequestrare ingenti quantità di anidride carbonica, anche a fronte di piccoli cambiamenti.
Il messaggio più forte che Hayek e colleghi rilanciano, dalle pagine di Pnas, è che basta poco. “Possiamo ottenere enormi benefici climatici con modesti cambiamenti nella produzione mondiale totale di carne bovina”, ha spiegato infatti dall’ateneo newyorkese il ricercatore: “Ci auguriamo che questa ricerca possa aiutare a identificare e stabilire le priorità per le aree in cui gli sforzi per il sequestro della CO2 saranno più efficaci, tenendo conto delle esigenze alimentari globali”.
I ricercatori infatti spiegano come non tutti i pascoli siano uguali: sia perché si stendono su aree con diversa produttività in termini di biomassa (e quindi capacità di sfamare gli animali) sia perché il loro potenziale “rigenerativo” è diverso. Ovvero: alcuni pascoli, una volta abbandonati, potrebbero favorire più di altri il sequestro di carbonio.
Basandosi su questi dati, i ricercatori hanno elaborato delle stime. Con un impegno massimo – ovvero rinunciando a tutti gli allevamenti nei pascoli considerati come future potenziali foreste – potremmo catturare 445 gigatonnellate di anidride carbonica entro la fine del 2100, pari alle emissioni fossili degli ultimi dodici anni, scrivono gli esperti. Ma alcuni di questi pascoli hanno anche un’alta capacità di pascolo: serve un compromesso, puntualizzano gli autori, ovvero puntare a recuperare quelli potenzialmente più produttivi (per gli ecosistemi) e meno per la produzione di carne (per non mettere troppo in crisi quelle esigenze alimentari di cui parla Hayek).
Così, quando gli scienziati hanno ottimizzato i loro calcoli tenendo conto di questi fattori, hanno osservato che la riconversione a foreste dei pascoli più promettenti consentirebbe di sequestrare circa 125 gigatonnellate di anidride carbonica, rinunciando solo al 13% della carne bovina prodotta a livello mondiale, soprattutto nei paesi delle aree più ricchi (come Usa, Europa e Cina), puntualizzano gli autori.
Lo studio in parte sembra rinnovare l’invito a ridurre i consumi di carne, come gli esperti, nutrizionisti e ambientalisti, chiedono da tempo, ma prima di re-immaginare foreste ovunque al posto degli odierni pascoli, serve capire dove sacrificare i pascoli produrrebbe più beneficio, rimarcano in chiusura del loro lavoro gli autori.