Non l’hanno ancora vista, ma c’è. Ed è una notizia, perché da queste parti – nei fiumi del Lazio – la lontra, del tutto invisibile dal 2000, era stata dichiarata estinta. Tracce ed escrementi, invece, lasciano ormai pochi dubbi: la ricolonizzazione del centro Italia da parte del mammifero abbraccia anche il fiume Garigliano e parte dei suoi affluenti, in provincia di Frosinone, dove sembra essersi insediato un nuovo nucleo di lontre. Un novità che arriva nell’ambito di un progetto per il censimento della lontra, promosso e finanziato dal Wwf, con focus dedicati nelle regioni dove il mustelide è assente, o quasi, dalla Val d’Aosta alla Liguria, dalla Toscana all’Emilia Romagna.
Quest’estate la prima sorpresa, nel Lazio: il Wwf l’ha resa pubblica proprio alla vigilia “World Rivers Day”, la Giornata Mondiale dei fiumi, che si celebra domenica 25 settembre. “Ho girato per un mese in lungo e in largo i fiumi del Lazio, a piedi o in canoa, in una dimensione straordinariamente selvatica, lontano dalla civiltà, trovando quelli che sono inequivocabilmente i segni della presenza di un nucleo del mammifero, non sappiamo ancora quanto numeroso”, spiega il biologo Simone Giovacchini, responsabile dei censimenti del mustelide nel Lazio.
Censimenti che arrivano a quarant’anni dal precedente monitoraggio a circa dieci dal Piano di Conservazione per la lontra (PACLO), curato da Ispra e nel cui ambito il Wwf ha attivato la collaborazione dell’Università del Molise, con l’appassionata competenza di esperti come Anna Loy, con cui è stato redatto un protocollo standardizzato raccomandato dall’Otter Specialist Group dell’Iucn (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura). Con volontari e appassionati, dunque, si è tornati a cercare la lontra in tutta Italia: l’obiettivo è – spiega una nota del Wwf – è “quello di raccogliere informazioni aggiornate sulla presenza della specie nelle aree periferiche all’areale attuale, concentrato nel centro-meridione, ma anche sui fattori di disturbo antropico che limitano le possibilità di espansione”. Perché in Italia la popolazione di lontra è tra le più minacciate e isolate d’Europa: tra gli 800 e i 1000 individui, numero considerato dagli esperti ben al di sotto del limite vitale minimo.
“Eppure eravamo fiduciosi sulla possibile presenza della lontra nel Lazio – spiega Antonio Canu, esperto in gestione di aree protette e di lontre, che segue dal 1984 – e l’esame delle ‘spraint’ (è il termine tecnico con cui vengono chiamate le fatte della lontra, ndr) non lascia alcun dubbio: in una fase di evidente espansione del mustelide, il Lazio – territorio facilmente raggiungibile dalle regioni dove è invece regolarmente censito, come la Campania – registra un ritorno della lontra”. Un’ottima notizia, naturalmente, per la biodiversità di quest’area e per il futuro di un animale affascinante e carismatico, non di rado erroneamente confuso con la nutria, mammifero roditore originario del Sud America, una specie aliena e particolarmente invasiva. “Il 99% delle segnalazioni di lontra che ci arrivano afferiscono proprio alle nutrie, c’è ancora molta confusione nel grande pubblico. – riattacca Canu – E la loro presenza nei fiumi italiani, alimentata dalla scarsa presenza di potenziali predatori, è un problema: andrebbero messi a punto strumenti per il controllo della popolazione delle nutrie”. Ma questa è un’altra storia, naturalmente.
Decisamente più positive le considerazioni a margine del ritorno della lontra nel Lazio. “Se la lontra torna a popolare un territorio – prosegue Canu – è perché vi si ricreano condizioni ideali, che riguardano in particolare la sua alimentazione, con una buona quantità di pesci, e l’assenza di un rilevante disturbo antropico. Vuol dire, in soldoni, che le politiche di tutela stanno in qualche modo funzionando”. Già, perché – con la sua ricerca di habitat fluviali integri e in buona salute – la lontra è un po’ una cartina di tornasole. E le strategie nazionali ed europee di conservazione, che hanno visto direttamente coinvolto il Wwf, hanno già portato alla riunificazione dei due nuclei meridionali – che gli esperti considerano gli unici vitali del Paese – e alla ripresa in alcune regioni confinanti. Così come sembra ormai appurato anche il ritorno, benché al momento piuttosto timido, nell’area alpina, circostanza direttamente legata all’espansione della specie da Austria e Slovenia e a qualche segnale nel versante francese-ligure.
E chissà dunque che non sia davvero un momento propizio perché si generi un trend positivo di ripopolamento, dopo aver sfiorato il rischio di estinzione della specie in Italia, scongiurato anche e soprattutto grazie alle oasi del Wwf, dove la lontra si è quasi sempre palesata, da Serre-Persano, Grotte del Bussento e Lago di Conza in Campania a Pantano di Pignola e Policoro in Basilicata, fino a Cascate del Verde in Abruzzo. Del resto, già negli anni ’80 il Wwf in Italia aveva lanciato un allarme dando vita al Gruppo Lontra Italia e coordinando il primo e unico monitoraggio nazionale dalla primavera del 1984 all’autunno del 1985: solo il 6% dei 1.300 siti monitorati erano effettivamente occupati dalla specie.
“Ma la lontra in Italia non si è mai estinta nel corso degli anni – aggiunge Giovacchini – ed è riuscita a sopravvivere alle diverse minacce esercitate dall’uomo sui fiumi. Certo, il suo trend di crescita è più lento nel nostro Paese rispetto alle altre popolazioni dj lontra presenti nel resto d’Europa, ma notizie come le nuove evidenze nel Lazio fanno ben sperare per il ritorno di una natura selvatica sui fiumi italiani, sui quali una convivenza tra uomo e fauna è possibile. La ricerca di un equilibrio nello sfruttamento della risorsa acqua da parte delle attività antropiche è un qualcosa a cui non possiamo sottrarci per poter tendere ad una vera sostenibilità ambientale”.