Negli ultimi dieci anni il numero degli incendi estremi è aumentato di oltre dieci volte. Muri di fuoco sempre più frequenti e intensi che alimentano un silenzioso e pericolosissimo circolo vizioso: più le foreste bruciano, più le combustioni dilagano, più le emissioni aumentano andando a surriscaldare il Pianeta con il rischio che si verifichino altri devastanti roghi.

Vale – l’aumento di 10 volte – per il fragile Mediterraneo, per la California che sta tutt’ora bruciando oppure per gli Stati Uniti occidentali e per altre zone del mondo con foreste temperate di conifere. Nei boschi del Nord Europa o del Canada l’aumento nell’ultima decade è stato invece di circa 7 volte.

Alle porte dell’estate, notoriamente stagione di incendi, a ricordarci gli impatti legati ai roghi estremi è uno studio appena pubblicato su Nature Ecology & Evolution da un gruppo internazionale di ricercatori guidato dall’Università della Tasmania.

 

Grazie all’analisi dei dati satellitari gli esperti ci avvertono come la crisi climatica stia provocando un aumento “esponenziale” degli incendi estremi nelle regioni chiave, dall’economia all’agricoltura sino al turismo, di tutto il mondo. Gli impatti si traducono in perdite di vite, di proprietà e beni, di infrastrutture e naturalmente di fauna e flora selvatica e di biodiversità. Miliardi di dollari di danni che potrebbero ulteriormente aumentare visto il circolo vizioso che si sta verificando sulla Terra.

 

Dal 2003 l’intensità degli incendi più gravi – spiega la ricerca – è raddoppiata. I sei anni con il maggior numero di roghi estremi si sono tutti verificati dal 2017. Inoltre in media, ovunque, “gli incendi estremi sono più che raddoppiati sia in frequenza che intensità negli ultimi due decenni”. Più questi eventi si verificano più vaste emissioni di carbonio vengono rilasciate e più aumenta il riscaldamento globale che può contribuire alle fiamme.

Lo studio fa luce in particolare sulla natura distruttiva ed emissiva dei grandi incendi: quelli più piccoli, spesso alimentati da azioni dell’uomo, come i tanti casi di dolo anche in Italia, al contrario potrebbero essere in calo. L’area bruciata da incendi di minore entità è infatti in diminuzione: questo potrebbe essere legato ad esempio all’espansione dei terreni coltivati o ai cambiamenti nella gestione della combustione dei rifiuti agricoli. Analisi precedenti tenevano conto negli schemi di osservazione di roghi come questi, che causano danni relativamente limitati: se però ci si concentra soprattutto sui grandi incendi, quelli più intensi e distruttivi, il pericoloso quadro che abbiamo davanti appare chiaro.

“L’aspetto più preoccupante, soprattutto con gli ecosistemi veramente ricchi di carboni come le foreste boreali che stanno bruciando intensamente, è la minaccia di creare un effetto feedback” ha spiegato Calum Cunninghan dell’Università della Tasmania, autore del report. “Siamo al punto in cui gli stessi incendi, manifestazione del cambiamento climatico, si stanno verificando davanti ai nostri occhi. Questo è l’effetto di ciò che stiamo facendo all’atmosfera, quindi l’azione per arginare il circolo vizioso è urgente”.

Grazie ai dati satellitari della Nasa, i ricercatori hanno identificato 3000 eventi di incendi estremi nelle ultime stagioni soprattutto negli Stati Uniti occidentali, in Canada, Australia, Portogallo, Indonesia, Siberia, Cile e Amazzonia.  Sono proprio questi eventi, dove viene rilasciata una enorme quantità di energia e che sono potenzialmente collegati alla crisi del clima, che preoccupano di più i ricercatori. “Sono gli eventi estremi quelli che ci preoccupano di più, e sono quelli che stanno aumentando in modo abbastanza significativo”, aggiunge Cunningham.

In generale le foreste più colpite dai roghi eccezionali sono quelle che contengono alberi di conifere, tra cui ad esempio abeti rossi e pini. Inoltre l’intensità energetica degli incendi è aumentata più rapidamente durante la notte, negli ultimi due decenni, che durante il giorno.

Tra le tante indicazioni che fornisce la ricerca quella più importante, come ha ricordato anche Mark Parrington del Copernicus Atmosphere Monitoring Service (Cams), è che  “il cambiamento del clima sta portando a un chiaro aumento osservato degli incendi estremi”. Questo significa che il mondo deve andare necessariamente nella direzione di interrompere il circolo vizioso che può crearsi: come ricorda Cunningham è dunque necessaria “un’azione molto più ampia per prevenire e far fronte agli eventi estremi”, rallentando ad esempio il riscaldamento globale “riducendo il consumo di combustibili fossili”.