Un inverno e una primavera così piovosi, in Sicilia nessuno se li ricordava. Eppure, nonostante l’acqua dal cielo, cittadini e agricoltori guardano il livello delle riserve idriche di aprile, scuotono la testa e continuano a rimanere con il fiato sospeso. Preoccupati per l’estate che verrà e per l’acqua che non ci sarà. Perché ad essere scongiurata, spiegano, è la siccità a breve termine, ma per il futuro, anche quello prossimo, nessuno in Sicilia, se la sente di fare previsioni. L’isola, dicono gli scienziati, si sta scaldando il 20% in più della media globale e ancora tutti hanno negli occhi e nei pensieri l’estate 2024. Un incubo. Con 100 città e paesi senza acqua, i cittadini di Gela che per mesi hanno aperto i rubinetti solo un giorno su tre, quelli di Caltanissetta, Agrigento e Enna a cui è andata anche peggio con le giornate scandite dai ritmi della distribuzione dell’acqua.

L’agricoltura da reinventare
Ma durante l’inverno, mentre le foto del lago Pergusa prosciugato, ancora facevano il giro del mondo e dei social, agricoltori, docenti, tecnici, politici, amministratori, enti pubblici e privati, si sono convinti che un’altra estate di siccità metterebbe davvero a rischio la sopravvivenza delle colture. Che bisogna cambiare radicalmente la strategia di adattamento al cambiamento climatico, trovando soluzioni nuove sia per la gestione delle risorse idriche sia introducendo tecniche agricole più sostenibili. Insomma, dopo l’estate 2024 la speranza è di dare una svolta all’agricoltura siciliana partendo dall’acqua e dall’innovazione tecnologica. Obiettivo: utilizzare tutta l’acqua disponibile per salvare i terreni agricoli. Se necessario ripulendo anche quella salmastra dei pozzi e degli scarti reflui. Investendo ed evitando sprechi. E così è stato.

Il trauma: tagliare per salvare la produzione
Federica Argentati è la presidente del Distretto produttivo agrumi di Sicilia. Catanese, laurea in agraria, da anni percorre in lungo e in largo i campi di agrumeti. Stiamo parlando di eccellenze dell’agricoltura italiana: le specie Tarocco e le Dop Ribera tanto per intenderci che, da sole, rappresentano il 60% della produzione nazionale. Argentati conosce quasi uno ad uno tutti i produttori della Piana di Catania, un luogo dove le distese di arance e limoni fanno da tappeto all’Etna sullo sfondo. Attraversando questi campi, sembra impossibile che solo l’anno scorso qui sia passato l’inferno. Eppure.
Salvare tutta l’acqua che c’è
“A causa della siccità gli imprenditori sono stati costretti a dimezzare la produzione pur di salvare il raccolto” racconta la presidente del Distretto che non sembra una che si spaventi nemmeno se c’è da affrontare il problema della siccità in Sicilia. Tema che farebbe tremare i polsi a chiunque. È stata una delle prime a mettersi in moto coinvolgendo i docenti del Dipartimento di Ingegneria Civile e quello di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’università di Catania per capire come rendere utilizzabili quelle riserve di acqua che sono nei pozzi, laghetti, piccoli bacini artificiali. In Sicilia ci sono, ma non sono adatte per irrigare. Una volta capito che grazie alla tecnologia tutto è possibile, ha convinto imprenditori, amministratori, enti privati a mettersi intorno al tavolo per stabilire un iter, agire velocemente e reperire finanziamenti. Tenendo anche presente che 15 milioni di euro è l’impegno che la Regione Sicilia ha stanziato per interventi contro la siccità e l’80% è proprio destinato agli agricoltori. Dopo un tavolo aperto al Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, che ha formalmente approvato i test sulla desalinizzazione dell’acqua di falda e la fitodepurazione, il piano è partito.

Progetto I.D.R.O. con Fondazione Coca-Coca
A raccogliere la sfida un’altra manager, Cristina Camilli, milanese e direttrice Relazioni istituzionali, Comunicazione e sostenibilità di Coca Coca Italia e Albania. Perché ad investire sul nuovo progetto, che si chiama non a caso I.D.R.O. (Irrigazione, Depurazione, Recupero, Opportunità) è The Coca-Cola Foundation. Il braccio filantropico della multinazionale che, proprio a Catania ha uno dei partner imbottigliatori, lo stabilimento Sibeg. Da anni la Fondazione finanzia progetti condivisi con la comunità siciliana per la tutela del territorio e l’uso consapevole dell’acqua per gli agrumeti, visto che la materia prima delle bibite a base di arance è al 100 per cento prodotta da frutti italiani. “Siamo convinti che l’unica strada da percorrere per superare la crisi dell’acqua sia di mostrare quanto sia importante intrecciare sostenibilità e tecnologia. Per questo abbiamo deciso di investire su Idro”, così Cristina Camilli che ha seguito fin dall’inizio il progetto.

Droni per l’irrigazione di precisione
La collaborazione tra Distretto Agrumi di Sicilia, l’Università di Catania e Coca-Cola ha già dato diversi risultati: prima con il progetto C.L.I.M.A. con cui si è trovato un modo per riutilizzare gli scarti degli agrumi dopo la produzione; poi con A.C.Q.U.A. 1 e 2 grazie al quale si sono installati in 6 aziende agrumicole, stazioni meteo che tramite sensori piazzati sul suolo inviano immagini a droni dotati di telecamere super tecnologiche. Il drone, sorvolando gli agrumeti riesce a monitorare lo stress idrico e disegnare la mappa delle criticità. Il risultato è che si può realizzare un’irrigazione di precisione: grazie alle rilevazioni periodiche è possibile individuare in tempo le zone colpite da carenze d’acqua e intervenire solo se necessario. Ora è la volta di I.D.R.O. con il doppio obiettivo sia di desalinizzare l’acqua salmastra dei pozzi che riutilizzare le acque raccolte nei bacini aziendali grazie alla fitodepurazione, ossia con l’uso delle piante.

Benvenuti a Ramacca
Stretti tra la tradizione e la necessità di rinnovarsi tecnologicamente, i produttori delle eccellenze degli agrumi siciliani sono stati invitati alla presentazione di un impianto di desalinizzazione “mobile” costruito dagli ingegneri idraulici dell’università di Catania. Un impianto che funziona con la tecnica dell’osmosi inversa e che tra palme, fichi d’india, distese di arance appare come il simbolo di questo ponte, necessario, tra passato e futuro.
“Il prototipo è stato realizzato proprio per mostrare quanto investire in tecnologia farà bene non solo all’ambiente, mitigando la siccità e tutelando la biodiversità, ma anche agli affari”, spiega Federica Argentati che ha chiamato a raccolta i produttori della Piana di Catania in una delle aziende che più sta investendo in sostenibilità e tecnologia. E loro sono arrivati. Così eccoci nell’azienda agricola “Fratelli Arena” in contrada Cacocciolilla nel comune di Ramacca. A guidarci, i due docenti che hanno vita al progetto I.D.R.O. Antonio Cancelliere, ordinario di Costruzioni Idrauliche, del dipartimento di Ingegneria civile e Architettura e Giuseppe Cirelli, ordinario di Idraulica agraria del dipartimento di Agricoltura dell’Università di Catania.

La fitodepurazione con le piante di papiro
In una strada circondata da frutteti, l’azienda agricola è un microcosmo di bellezza, tra distese di arance Tarocco, palmeti, laghetti, orti curatissimi e un allevamento di asine che producono latte con cui si realizzano anche saponi e creme. Qui i sensori meteo per l’irrigazione di precisione che dialogano con il drone sono stati già installati nell’agrumeto, mentre un impianto di fitodepurazione, realizzato dal CRIAB di Catania, è posizionato in un laghetto sempre di proprietà dell’azienda agricola per il trattamento delle acque di allevamento di pesci. “Il sistema non solo è economico, ma anche naturale. Costa poco e dall’acqua del laghetto grazie ad un sistema a flusso controllato, ottiene risorse idriche da reimpiegare nel ciclo aziendale”, ha spiegato il professor Cirielli che per ricavare acque da irrigazione o addirittura per la pescicoltura da questo bacino fino a poco tempo fa inutilizzato, ha trasferito qui piante di papiro. E a sentire parlare il professor Cirielli, di ricerche sulla sostenibilità l’università di Catania ne sta portando avanti tante, come quella sulle polveri dell’Etna appena presentata al Vinitaly.

Bonificare le acque salmastre: si può fare
L’altro pilastro di I.D.R.O. è l’impianto “mobile” di desalinizzazione delle acque di falda salmastre che è stato montato accanto l’agrumeto. Si tratta di un modello dimostrativo, per dare l’idea ai produttori di quanto sia importante far entrare la tecnologia sul campo. “L’acqua dopo il trattamento con il sistema ad osmosi inversa per ridurre la salinità è idonea per l’irrigazione. Con gli ultimi modelli, lo scarto, ossia la quantità di salamoia prodotta è ridotta al minimo. La desalinizzazione delle acque di falda è possibile con degli impianti tipo questo, a misura delle aziende”, spiega il professor Cancelliere che al problema della siccità nella Piana di Catania sta dedicando gran parte delle sue ricerche.
Il frutto più indesiderato
C’è ancora il sole quando i tecnici smontano il prototipo, intorno i produttori del Distretto di agrumi ancora chiedono chiarimenti, fanno domande, alcuni sono perplessi per i consumi energetici, ma vogliono tentare. Provare. I finanziamenti ci sono, la tecnologia pure. Perché tutti qui, nella testa e nel cuore hanno una sola preoccupazione: non ripetere l’esperienza dello scorso anno.
“Un impianto di trattamento di questo tipo avrebbe consentito di aiutare e supportare la produzione”. Parole chiare quelle del professor Cancelliere circondato dagli imprenditori. Sulla terrazza che guarda verso l’Etna della tenuta Arena, ci sono piatti con delle arance appena raccolte, sbucciate, rosse e dolci, profumate. La terra ora è umida e sana. C’è il vento e nei prossimi giorni pioverà. Tutti sanno che il caldo opprimente arriverà. E sarà il frutto più indesiderato.