Davanti ai cestini della differenziata si è colti sempre dal dubbio e ci si domana: “Dove lo butto?”. Ad esempio, per gli scontri qual è il contenitore giusto. E la ceramica? I tappi di sughero? “Pensando di agire per il bene dell’ambiente, anche i più attenti alla sostenibilità, spesso gettano il rifiuto nel cassonetto sbagliato. Un errore comune”. Carmelo Marangi conosce bene le abitudini e la buona volontà di molti cittadini che danno il proprio contributo nel recupero dei materiali.
Volontà spesso messa a dura prova dalle innumerevoli regole che sovraintendono la raccolta differenziata. Vicepresidente dell’Unirima, principale associazione italiana di imprese del settore del riciclo e punto di riferimento dell’industria “green”, Marangi dirige anche la Recsel, azienda pugliese che si occupa sia della raccolta differenziata che del riciclo e riuso di carta, plastica e vetro della provincia di Taranto e di molti comuni dell’entroterra di Bari e Brindisi e Matera. Convenzionata con i vari consorzi di filiera del Conai (Comieco, Corepla, Coreve, Cial, Ricrea) “il materiale da noi entra rifiuto e esce merce nuova, in particolare la carta” sottolinea orgoglioso Marangi.
In effetti, la Recsel è una delle eccellenze del Sud. Altamente specializzata, nel 2022 nei suoi impianti sono state selezionate e passate sotto i lettori tecnologici e degli operatori ben 60mila tonnellate di rifiuti secchi: 35 mila tonnellate di cartone, 20 mila di plastica e 5 mila di vetro. “Non è un caso che in un territorio come quello di Taranto spesso al centro di dibattiti sull’ambiente, non ci sia mai stata una crisi sulla raccolta dei rifiuti”, ci tiene a sottolineare Marangi “una città che si sta trasformando proprio per superare il suo passato. A Taranto stiamo assistendo ad un risveglio della coscienza ecologista e tutti i cittadini insieme stanno facendo uno sforzo per orientare la priopria economia verso la sostenibilità che come dimostra la Recsel può produrre posti di lavoro”.
Negli stabilimenti pugliesi dell’azienda impegnata nella cernita, selezione e recupero di rifiuti riciclabili (carta, cartone, plastica, lattine e vetro) lavorano 50 persone. Due le linee di trattamento: uno adibito alla parte di selezione dei vari materiali, l’altro la merce imballata pronta per essere venduta sul mercato o inviata ai vari impianti del Conai. Tutti gli scarti (15% del totale) vengono avviati a impianti di termovalorizzazione o di smaltimento finale. “Praticamente in discarica non portiamo nulla – spiega Marangi – per garantire una migliore selezione e un maggior grado di riciclabilità dei rifiuti secondo gli standard richiesti dalle aziende, vengono prima selezionati con speciali macchine (aprisacchi, separatori, lettori ottici), ma la qualità dei materiali alla fine viene garantita da un controllo visivo al 100% da parte deli operatori esperti”.
Dove si butta? Dallo scontrino al cartone della pizza: 5 errori da evitare
Se è vero che svuotare gli imballaggi e separare i rifiuti è un gesto virtuoso, è altrettanto vero che spesso i vari packaging dei prodotti rischiano di vanificare l’intero processo di recupero. Spiega ancora il vice presidente di Unirima: “Proprio per dare il più possibile una nuova vita ai rifiuti bisogna individuare con precisione quando la carta o il cartone sono contaminati da altri materiali come plastica o metallo. Questo succede spesso nel caso di imballaggi composti da più materiali dove è difficile separarli. Per questo, durante i nostri incontri con le aziende, spieghiamo quanto sia importante la progettazione di un imballaggio che non preveda carta o plastica insieme, ma solo di carta, più facile da riciclare”. Uno stile di vita a rifiuti zero deve dunque coinvolgere non solo le abitudini di consumo, ma per prolungare la vita dei materiali bisogna ragionare sull’eterogeneità delle materie con cui sono confezionati i prodotti. Torniamo dunque all’origine del discorso. Quali sono gli errori più comuni? La domanda più comune è “Dove lo butto?”.
“La raccolta differenziata è ormai una norma sociale diventata routine quotidiana. A volte però costa fatica, individuare il corretto smaltimento – sottolinea Marangi – Plastica, vetro, carta o indifferenziata? Per carenza di informazioni da parte della pubblica amministrazione spesso ci si affida all’intuizione rischiando di sbagliare. E così quel prodotto che avrebbe potuto avere un nuovo ciclo di vita, finisce in discarica. Qual è l’oggetto che più di tutti troviamo nel posto sbagliato? I sacchetti della spesa fatti di bioplastica. Ci passano di mano tutti i giorni, ma la maggior parte dei consumatori li considera pari alla plastica e li getta in quei contenitori tradizionali. Va detto chiaro e tondo che vanno messi nell’umido perché sono biodegradibili. Almeno in attesa di un nuovo regolamento”.