Parola d’ordine “accelerare”. Dal 28 al 30 aprile si terrà a Torino la riunione ministeriale su clima, energia e ambiente del G7, a guida italiana. Un incontro per tracciare e percorrere la rotta degli impegni presi finora, passando anche dalla Cop28 di Dubai, in tema di clima ed energia. Impegni che richiedono una necessaria e rapida accelerata: finora infatti nessun Paese del G7 (Italia, Germania, Francia, Canada, Stati Uniti, Gran Bretagna, Giappone) risulta in linea con gli obiettivi di riduzione dell’emissioni fissati al 2030. Non solo nessuna nazione è in traiettoria, ma non ci si avvicina nemmeno: come obiettivi centrati siamo sotto alla metà di quelli finora dichiarati. A decretare questo ritardo difficile da colmare è una analisi appena pubblicata da Climate Analytics che, proprio in vista dell’incontro di Torino, ha analizzato i piani di riduzione delle emissioni dei Paesi del G7.
Secondo gli analisti “collettivamente le economie del G7 devono ridurre le proprie emissioni del 58% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019 per fare la loro parte nel limitare il riscaldamento a 1,5°C”, soglia fissata negli Accordi di Parigi. Climate Analytics sostiene inoltre che i vari Paesi siano “sulla strada per raggiungere appena la metà delle riduzioni delle emissioni di gas serra necessarie entro il 2030”.
“Queste economie, che rappresentano il 38% del Pil mondiale, non stanno facendo il necessario nonostante abbiano sia la tecnologia che le risorse finanziarie per fare il salto di qualità. In un contesto di estremi climatici senza precedenti, esacerbati dall’uso dei combustibili fossili, intraprendere azioni ambiziose per la decarbonizzazione e fissare una scadenza per abbandonare i combustibili fossili dovrebbe essere il minimo indispensabile” ha spiegato il principale autore del rapporto, il ricercatore Neil Grant.
Dalla ricerca emerge come l’attuale livello di ambizione collettiva del G7 per il 2030 sia insufficiente e pari al “40-42%, ma le politiche esistenti suggeriscono che il G7 probabilmente raggiungerà solo una riduzione del 19-33% entro la fine di questo decennio“.
Tra le indicazioni uscite dall’analisi c’è la necessità che i sette Stati si impegnino maggiormente nell’eliminare dalla produzione di energia elettrica il carbone e il gas (entro rispettivamente 2030 e 2035), compito arduo se si pensa che buona parte di queste realtà continua insistentemente, nonostante l’idea di un progressivo addio al fossile innescata alla Cop di Dubai, a finanziare e investire nelle fonti inquinanti.
Per Climate Analytics bisogna dunque “porre fine ai finanziamenti pubblici e ad altri tipi di sostegno ai combustibili fossili all’estero: l’Italia e il Giappone, l’attuale e la precedente presidenza del G7, sono tra i primi 5 Paesi che sovvenzionano progetti di combustibili fossili nel G20”. Altro punto chiave per rimettersi velocemente in cammino verso un traguardo davvero a basse emissioni è accelerare lungo il percorso che – come indicato alla Cop28 – dovrà portare a triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030.
Il G7 a Venaria Reale sarà dunque l’occasione per mettersi davvero “a correre” verso un traguardo che appare lontano: per riuscirci però, secondo il think tank italiano del clima ECCO, dovranno essere rispettati tre punti chiave, anche in vista delle future Cop29 di Baku e Cop30 di Belem.
“Affinché il risultato sia all’altezza delle sfide contemporanee, i membri del G7 dovranno dare un chiaro segnale a cittadini, imprese e investitori sulla transizione e sulla finanza per clima. Sono tre i pilastri su cui giudicheremo il successo o meno del G7 di Torino. Il primo è il trovare un accordo su un quadro strategico e coerente finalizzato alla progettazione e allo sviluppo di piani di transizione nazionali per l’intera economia, allineati all’obiettivo di contenimento dell’aumento della temperatura di 1,5°C. Tali piani dovrebbero illustrare come i Paesi del G7 intendano abbandonare gradualmente i combustibili fossili, con orizzonte la Cop30, in particolare la consegna dei nuovi impegni nazionali di riduzione delle emissioni (NDCs)”.
Il secondo, per ECCO, è “indicare concretamente come i Paesi G7 intendono intraprendere la transizione dal carbone, dal petrolio e dal gas verso le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica”. Infine i Paesi del G7 “dovrebbero offrire un supporto per facilitare la transizione energetica e la resilienza a livello globale. Ciò passa da impegni per aumentare i flussi finanziari diretti ai Paesi in via di sviluppo, oltre a una profonda revisione delle regole finanziarie attuali, in particolare per quel che riguarda la gestione del debito e le modalità di accesso ai finanziamenti multilaterali per lo sviluppo”.
Tre obiettivi che la guida italiana avrà il compito di veicolare, una responsabilità che però include anche un grande rischio. Secondo il think tank infatti “il rischio più grande per l’Italia è quello di dedicare troppa attenzione politica a tecnologie marginali per la decarbonizzazione dell’economia, come i biocombustibili, o del tutto assenti nel sistema italiano, come il nucleare, invece di puntare su soluzioni vincenti per i cittadini e le imprese italiane, come rinnovabili e efficienza”.