In Nevada, da stanotte (ieri secondo l’ora locale) è scattato il provvedimento che revoca il divieto di indossare le mascherine all’aperto e solo in alcune categorie di aree chiuse. Manco a dirlo, una delle prime tipologie di strutture ad adottare “con effetto immediato” il decreto sono stati i casinò.

L’annuncio del governatore, il democratico Steve Sisolak, che parlava di provvedimento “a effetto immediato”, è stato preso alla lettera dal Nevada Gaming Control Board che a sua volta ha ordinato la rimozione del vincolo “nononstante una giuridizione locale imponga tuttora una simile restrizione”.

Alcuni luoghi chusi – ad esempio ospedali, clinche, case di riposto, aeroporti e aerei, autobus pubblici e scuolabus potranno ancora essere soggetti a una restrizione che agli americani piace molto meno che a noi. Non così le scuole, nelle quali però il provvedimento entra in vigore il giorno successivo. Il motivo? Il provvedimento è stato varato a lezioni in corso e – secondo quanto fatto capire dallo stesso Sisolak – si è pensato che avesse poco senso far dismettere le mascherine direttamente in classe. Tra le aree dove l’obbligo di protezione è decaduto figurano anche le case di detenzione.

Sisolek, il cui mandato scade a novembre, ha subito crescenti pressioni dai fautori dell’approccio soft alla gestione dell’emergenza, in uno stato dove le mascherine sono tornate obbligatorie a luglio. “Molti pensano che fossimo pronti a compiere questo passo da tempo, altri pensano che non lo siamo ancora – ha spiegato il governatore – “Io sento che il momento appropriato sia questo”.

In calo nettissimo dai picchi di gennaio, il Nevada registra oggi 1.280 casi al giorno, contro i 7.865 di un mese fa, rimanendo però molto sopra le soglie di sicurezza fissate dal Centro federale per il controllo e la prevenzione delle malattie, in materia di numero di positivi e di nuovi casi per 100mila abitanti. In generale, nonostante le crescenti percentuali di vaccinati e la conseguente protezione in particolare dalle forme gravi del Covid, l’ente federale continua a raccomandare di indossare le maschere al coperto in tutte quelle aree a “sostanziale o alta trasmissione” del virus che ad oggi costituiscono la quasi totalità del territorio Usa, con l’eccezione di 14 contee rurali.

Sisolak ha spiegato che le linee guida federali non saranno più effettive in Nevada. Pur riconoscendo che l’emergenza non è finita, il governatore ha spigato che, data la tendenza, ritiene sia il momento di restituire ai cittadini almeno una parte della libertà perduta.

Il Covid ha fatto la sua comparsa ufficiale in Nevada il 16 marzo 2020. Da allora, su uan popolazione di 3,2 milioni di persone, si sono registrati 638mila casi e 9.311 morti. A marzo, Sisolak chiuse una prima volta i casinò, assieme a molte altre attività commerciali-imprenditoriali, fino a giugno. Le prenotazioni alberghiere si fermarono, la disoccupazione schizzò al 30 per cento. Gli effetti di quel blackout si avvertono tuttora, in uno stato che dipende pesantemente dal turismo e dal gioco d’azzardo. Las Vegas ha 150mila camere d’albergo e le tasse sui proventi dei casinò costituiscono la seconda fonte di contribuzione, dopo ‘Iva sulle vendite, in uno Stato dove non esiste un’imposta sui redditi.

Tra le motivazioni a sostegno dell’ammorbidimento delle regole, il fatto che l’obbligo di indossare mascherine, la crescente idiosincrasia delle persone, e dei frequentatori di siti come i casinò: il tutto finiva per trasformare gli addetti in una sorta di “mask police”, come si legge in un’analisi della Camera del Commercio Usa.