Nicaragua, in uno degli angoli almeno in teoria più remoti, ostili, in altri termini meno accoglienti del pianeta il turismo internazionale sembra già tornato all’era pre-pandemia. Quasi non sembra aver mai segnato il passo. Sul vulcano Cerro Negro, 728 metri, il più giovane, con soli 167 anni di età, dell’intera America Centrale, ma soprattutto uno tra i più attivi, centinaia di amanti dell’adrenalina, provenienti da Germania, Olanda, Stati Uniti, Israele ma non solo, sono tornati a praticare il “vulcano boarding”.
Versione ad alto tasso di emozione e di pericolo dello snowboard in primis, e del sandboarding che è la sua prima versione “su terra” praticata scivolando sulle dune di Namibia, Marocco o Penisola Araba, lo scivolamento su tavola dalle pendici di un cratere – rigorosamente attivo – venne inventata nei primi Duemila da amanti dell’outdoor estremo australiani proprio sul vulcano situato poco lontano dalla cittadina coloniale di León. Una vetta tutt’altro imponente, se paragonata a molti degli altri vicini che costeggiano la turistica Ruta colonial y de volcanes, che attraversa oltre al Nicaragua, altri Paesi dell’America Centrale come Panama, Costa Rica, Honduras, El Salvador e Guatemala, con le città di Panama e Antigua (Guatemala) come estremi. Ma con la peculiarità di essere uno dei migliori terreni possibili per gli amanti del boarding, che ad esempio non si riesce a praticare bene nelle montagne delle Hawaii, per il mix di crateri secondari in cui non è improbabile inabissarsi e di vegetazione, e ha sinora trovato poche alternative paragonabili alla cima della catena dei Maribios tra l’Indonesia e qualche arcipelago del remoto Pacifico.
Nicaragua. Il brivido del sandboarding sul vulcano attivo
Arrivano a centinaia al giorno, gli amanti di questo brivido che ai più esperti e temerari consente di raggiungere velocità dell’ordine dei 100 chilometri orari, e a molti consente di scivolare a valle per una quarantina di secondi. Una dozzina gli operatori specializzati che organizzano ascese e discese, con una quarantina di clienti al giorno ciascuna. Il tutto nonostante l’insidiosità estrema del Cerro Negro, che è attivo, ma non emette fumarole, ed ha al suo carico ben 23 eruzioni in poco più di un secolo e mezzo di vita, l’ultima delle quali, nel 1999, segue di soli 7 anni la più violenta, che nel 1992 coprì di lava e cenere gran parte dell’abitato di Lechecuagos, il più vicino al cratere, a circa 25 km da León.
Come formiche in fila, i temerari salgono su una strada tortuosa, portando sulla schiena tavole rettangolari dipinte in diversi colori. A guidarli, le guide locali che si rallegrano del ritorno dei “cheles”, come sono chiamati da quelle parti gli stranieri dalla pelle bianca e dai capelli chiari. Ad ogni passo la cenere si alza e voli nel vento. La loro presenza rappresenta una fonte di reddito per le famiglie del paese. È un sollievo per un’attività colpita, sia dalla pandemia di covid-19 che dalla crisi politica in cui è sommerso il Nicaragua dal 2018.
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Gli ospiti non sembrano particolarmente in ansia, né per la pericolosità intrinseca del cratere, né per quella indotta dallo “sport” che praticano, potenziale fonte di ferite e traumi anche non di poco conto. Tutta adrenalina extra. Il pacchetto turistico da 30 dollari include trasporto, noleggio tavola e istruzioni per l’uso. Il turismo del vulcano boarding è fonte diretta o indiretta di sostentamento per le comunità alla base del monte, una dozzina per 500 mila persone in tutto.