“Sono arrivati a casa mia alle 6.30 del mattino. Sei carabinieri. Volevano che consegnassi dei vestiti non miei. Ho preso il telefono e ho letto un messaggio di I., anche a casa sua ce n’erano sei. ‘Allora non siete venuti solo qui’, ho detto. E mi hanno intimato di non usarlo”. J. si occupa di sicurezza informatica per una banca ed è un attivista di Fridays for future e del centro sociale Lambretta di Milano. Il 19 maggio, all’alba, è stato perquisito nella sua casa da sei militari con l’accusa di imbrattamento e sabotaggio di videocamere con fumogeni. La stessa sorte toccata anche a I. e S., altri due attivisti del suo gruppo.
Secondo il mandato i tre avrebbero preso parte al blitz di Fff contro Gazprom del 19 marzo, in vista dello sciopero globale per il clima del 25, in cui una quindicina di ragazzi ha scritto con lo vernice bianca bordata di rosso “Il gas fossile uccide” e “Basta affari con i dittatori” sul palazzo di Centrex e Weedoo, società che commercializzano il gas della compagnia russa. “Ma nessuno di noi tre – precisa J. – era presente all’azione dimostrativa. Siamo volti noti all’interno del movimento e credo abbiano ritenuto di poter raccogliere altre informazioni tramite noi”. Oltre ai ragazzi di Fff, nella stessa mattina altri 6 giovani legati al centro sociale Cantiere sono stati perquisiti – con la medesima accusa – per le scritte sui muri di una filiale di Banca Intesa San Paolo durante il corteo studentesco del 17 novembre 2021.
I carabinieri hanno sequestrato cellulari, vestiti, volantini. A J. hanno mostrato delle foto chiedendo gli indumenti che indossava la persona ritratta nella foto. “Ma non ero io – precisa – e quelli non erano i miei vestiti. Allora ne hanno cercati altri che ritenevano simili e li hanno portati via. Insieme al mio telefono, senza darmi la possibilità di avvisare al lavoro, salvare dati sensibili, scrivere alle persone care. Ne ho dovuto comprare uno nuovo”. A S. hanno ordinato di spogliarsi e di accovacciarsi per assicurarsi che non nascondesse nulla. “All’inizio – ha raccontato S. – ero molto spaventato. Ora sono molto arrabbiato. Perché tutti parlano della mancanza di democrazia in Russia ma queste cose stanno accadendo anche qui”.
I ragazzi non vogliono però dare troppo peso all’aspetto emotivo, piuttosto sottolineare l’aspetto politico delle perquisizioni. “Su richiesta di Gazprom sono state perquisite le case, sequestrati telefonini e abiti con lo scopo di intimidire coloro che da anni portano avanti le lotte ecologiste per salvaguardare l’ambiente ed il futuro del Pianeta”, dicono da Fridays for Future, che ha organizzato una conferenza stampa sotto la sede di Centrex il 21 maggio alle 15, in solidarietà agli attivisti colpiti. “È preoccupante – conclude J. – che se Gazprom o Intesa, aziende legate alla guerra in Ucraina e al contesto bellico che viviamo, muovono una denuncia per imbrattamento, si entri nelle case delle persone. Se io denuncio un writer, non succede la stessa cosa”.