Un professore di astrofisica e una studentessa di dottorato cercano di avvisare il mondo che l’impatto imminente di una cometa porterà all’estinzione nel giro di sei mesi. È la trama, in poche parole, del uovo film di Adam McKay, “Don’t Look Up”, visto da molti come una parabola del cambiamento climatico, con lo stesso ritardo, gli inutili dibattiti e la politicizzazione di una questione semplice, eppure catastrofica.
Certo, un cometa che colpisce la Terra da un’idea dell’imminente tragedia mentre il cambiamento climatico è come un lento avvelenamento globale. Il risultato, tuttavia, è lo stesso: l’alterazione del clima del pianeta che ci ha permesso di evolverci come la società moderna nella quale viviamo. Basti pensare che il World Economic Forum stima il cambiamento climatico tanto catastrofico quanto una guerra termonucleare globale, con la differenza che il primo ha una probabilità enorme di accadere.
Eppure, oltre a denunciare l’incompetenza e l’egoismo di una classe politica mondiale e il propagandismo di molti media americani, il film mostra un aspetto chiave della battaglia contro il cambiamento climatico, quello sul diritto all’informazione. Il diritto al sapere è un diritto civile fondamentale e i mezzi di comunicazione degli ultimi anni, specialmente l’avvento dei social media, hanno trasfigurato la percezione dell’opinione pubblica nei confronti del mondo scientifico e accademico. È ancora vivo il ricordo, ad esempio, durante la presidenza Trump della mobilitazione necessaria per proporre una controffensiva al bombardamento mediatico di notizie false e manipolazioni di fatti scientifici. In quest’ottica, i due decenni passati non sono solo stati caratterizzati dal boom dei social media ma anche da una transizione dal negazionismo degli anni Novanta e Duemila verso un interesse nei confronti di rinnovabili e della cattura di gas serra in un futuro prossimo, quasi dando per scontate le cause.
Nel passato, è capitato a molti di noi scienziati, come nel film, di essere stati accusati di essere incompetenti, manipolatori e cospiratori. Niente di più falso. Ora che non è più possibile sfuggire alla realtà dei fatti, – e quindi ignorare il costo associato alle conseguenze del cambiamento climatico, – capi di Stato e grandi multinazionali (molte delle quali si sono arricchite attraverso gli stessi meccanismi che in passato hanno generato gran parte delle emissioni di CO2) si preparano ad uno sforzo enorme per affrontare la transizione tecnologica e sociale necessaria per affrontare il cambiamento climatico. Come nel caso dell’cometa raccontato dal film, le testate esplosive usate per detonare l’oggetto devono essere sincronizzate e coordinate, altrimenti lo sforzo è vano.
A differenza dell’impatto dell’cometa, tuttavia, l’impatto del cambiamento climatico non avverrà in maniera sincrona su tutto il pianeta, ma lentamente, con alcune zone che saranno inizialmente più colpite da altre. Prima dell’impatto finale, quello in cui il livello dei mari sarà più alto di quello di oggi di diversi metri e la maggior parte delle città costiere sarà sotto’acqua, l’effetto dei detriti che anticipano l’impatto basterà a stravolgere la vita di molte comunità, come sta già accadendo in molte zone della Terra, specialmente dove popolazioni vulnerabili ed esposte già ad altri fattori (quali carestia e guerre) vivono. Le grandi multinazionali, gli Stati e altri organi che gestiscono grandi capitali, hanno atteso un tempo ingiustificato per agire, spesso lasciando che a dettare il passo fossero gli interessi economici e finanziari (come nel film), piuttosto che quelli del bene comune. Come nel film, coloro che hanno mezzi finanziari per correre ai ripari lo faranno, colonizzando un nuovo “pianeta” su questa Terra. Altri, come il resto della popolazione mondiale lasciata a terra dal presidente fuggente nel film, dovranno vedersela faccia a faccia con l’impatto.
Come scienziato, sarebbe bello poter dire che il nostro lavoro ci ha portato a risolvere il problema, o una sua parte. Di sicuro ha esposto un nervo doloroso che non può essere curato con un semplice antidolorifico. Una differenza tra l’cometa immaginario del film e quello del cambiamento climatico c’è. La velocità e l’orbita degli effetti del cambiamento climatico sono soggette alla gravità delle nostre azioni quotidiane: più tempo aspettiamo, più l’cometa accelera verso di noi. Oltre a cambiare le nostre abitudini, integrando concetti di sostenibilità e rispetto dei valori naturali come risorse che vanno curate e non beni da sfruttare, dobbiamo essere “critici” a proposito delle informazioni che riceviamo e processiamo. Questo richiede tempo. Tempo per controllare la fonte, appurarne la veridicità, assorbirla nel contesto di altre informazioni. Tempo che, purtroppo, molti non hanno o non vogliono investire, facendo si che una verità scientifica venga ignorata mentre un messaggio senza fondamento scientifico diventi una verità dogmatica. Il messaggio del film è cristallino, limpido e amaro.
*Marco Tedesco è uno scienziato del clima, esperto glaciologo, del Lamont – Doherty Earth Observatory presso la Columbia University e ricercatore del Goddard Institute of Space Studies (GISS) della NASA