Un selfie, un video da consegnare a Instagram e a TikTok, magari con la giusta colonna sonora. I tursiopi che danzano intorno alla prua del motoscafo, che privilegio. Urla di giubilo incontrollate, fioccano i like, immancabilmente. Ma nei giorni più caldi dell’anno al traffico intenso dei diportisti, lungo tutte le coste italiane, si affiancano i rischi dell’overtourism: un’orda, non sempre educata, di motoscafi, yacht, gommoni e gozzetti che immortalano salti e piroette. Succede nel Mar Ligure, accade nel trafficatissimo golfo di Napoli. E ancora: in Salento e in Sardegna. Ovunque. Ma loro, i cetacei, che ne pensano?

Diportisti vicino ad un delfino nel mare dell'isola di Ischia
Diportisti vicino ad un delfino nel mare dell’isola di Ischia 


L’impatto acustico sui cetacei

Disorientati dall’inquinamento acustico, innervositi dalla presenza dei natanti, costretti spesso a deviare le loro rotte ideali, non di rado addirittura vittime di collisioni (come nel caso del capodoglio Julio, immortalato agonizzante e poi morto non distante dallo Stretto di Gibilterra): sono sull’orlo di una metaforica crisi di nervi.Tecnicamente si chiama “harassment” (letteralmente ‘molestia’, l’espressione non lascia adito a interpretazioni) ed è il potenziale disturbo derivante da interazioni non regolamentate tra l’uomo e i cetace. Una questione “calda” già oltre venti anni fa, quando lo studio dell’impatto dei diportisti con i grampi, al largo di Ischia, ispirò una pubblicazione scientifica che, con il contributo della onlus Oceanomare Delphis, attiva nel golfo di Napoli, ha fatto letteratura.

Quanto basta per suggerire oggi il rilancio delle norme basilari da adottare nel caso di avvistamento di balene o delfini: anche per questo il Tethys Research Institute, in collaborazione con Guardia Costiera, Fai e Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica ha promosso la campagna Cetacei Fai Attenzione, con un codice di condotta da seguire in presenza di cetacei. “Incontrare mammiferi marini in natura è un’esperienza emozionante – è la premessa – che però deve essere condotta nel rispetto delle regole per la loro e la nostra sicurezza”.

La campagna di Thetys e Fai
La campagna di Thetys e Fai 

Il rumore subacqueo li disorienta

“Non c’è dubbio che il sovraffollamento turistico di queste settimane porti a un eccesso di disturbo spaziale – cioè in alcune località – e temporale – in un periodo di tempo specifico – sulle specie di cetacei”, sottolinea Daniela Silvia Pace, che insegna università La Sapienza. “All’aumento dell’inquinamento – plastiche, macro rifiuti, liquami in primis – si aggiunge l’intensificazione del traffico di imbarcazioni, dai traghetti alle navi veloci, dal diporto alla pesca ricreativa, che amplifica il rischio di collisioni soprattutto per i grandi cetacei, balenottera e capodoglio su tutti, e aumenta i livelli di rumore subacqueo, provocando in generale il disturbo e displacement su tutte le specie. Ci sono – prosegue Pace – effetti sui cetacei che definirei a breve termine, per esempio il cambiamento delle rotte di spostamento e l’aumento dei tempi di apnea, ed effetti a lungo termine, come l’allontanamento da aree chiave con la conseguente diminuzione dei tassi di alimentazione e di riproduzione, visto che gli animali devono investire più tempo e energia per trovare le loro prede. E ancora: il disturbo dell’allevamento dei piccoli ha effetti potenziali sull’abbondanza delle popolazioni, mentre l’inquinamento acustico può mascherare i segnali acustici di alcuni specie e interrompere o distruggere i processi di comunicazione a scopi alimentari e riproduttivi. Infine, lo stress può provocare alterazioni ormonali del cortisolo, o una aumentata suscettibilità a malattie e dunque bassi tassi di sopravvivenza”.


Non date da mangiare alle balene

E l’invadenza dei turisti si traduce, in alcuni casi, in comportamenti limite: un anno fa Wally, la balena grigia denutrita osservata in giro per l’Italia, fu accarezzata da molti diportisti. E non manca chi prova ad attrarre i cetacei dando loro da mangiare. “Comportamenti da bocciare senza se e senza ma. – taglia corto la cetologa Barbara Mussi, presidente di Oceanomare Delphis – Ci sono anche programmi turistici che offrono di immergersi e nuotare con questi animali, o ancora peggio di alimentarli per interagire con loro al fine di ottenere uno scatto fotografico, un’emozione, un contatto diretto sono dannosi e sviliscono la loro natura. È stato documentato dalla comunità scientifica che questo tipo di interazioni riducono le capacità di cacciare in autonomia, portando a denutrizione, e aumento della mortalità dei nuovi nati”.

Le balene si avvicinano ai gommoni, il turista va nel panico: “Cosa faccio?”


“Può capitare che i cuccioli vengano separati dalle madri”

“Le osservazioni dei mammiferi marini da barche ricreative e whale watching sono, nella maggior parte dei casi, eventi potenzialmente educativi per cui le persone vengono a conoscenza di una parte della loro vita e di come le attività umane possano minacciare le popolazioni locali. – spiega Davide Michel Lelong, biologo marino esperto di cetacei e dell’impatto dell’inquinamento acustico su alcune specie – Tuttavia, come la maggior parte delle cose, queste attività devono essere dosate. Gli animali se avvicinati da troppe barche e in maniera errata rispondono diversamente a seconda della specie, del comportamento e della presenza di cuccioli. Cambi repentini di velocità, direzione e tempi di immersione sono tutti indici di disturbo. Può anche capitare che madri e cuccioli vengano separati momentaneamente e se prolungato possono non ritrovarsi, risultando fatale per il cucciolo. Nei casi più gravi si possono verificare collisioni che possono portare a gravi danni sia delle persone a bordo che per gli animali (iconico, in questi giorni, l’avvistamento di Atlante, il capodoglio dalla coda a pettine, conseguenza probabile dell’impatto con un natante, ndr). Per minimizzare gli incidenti e mitigare gli effetti negativi sui cetacei, in diversi luoghi del mondo si stanno adottando delle linee guide per avvicinarsi ai cetacei, attività spesso concessa solo se si hanno dei permessi speciali”.

A cento metri dalle balene e cinquanta dai delfini

Di qui, dunque, iniziative come la campagna “Cetacei Fai Attenzione” e prescrizioni, un vero e proprio decalogo, comprese anche tra le linee guida di Accobams, l’Agreement on the Conservation of Cetaceans in the Black Sea, Mediterranean Sea and Continguous Atlantic Area , di cui l’Italia è Stato firmatario. Contiene una serie di norme che consentono di “ridurre l’impatto sui comportamenti vitali dei delfini e delle balene (caccia, riposo o socializzazione tra individui)”. Si legge, per esempio, che “i cetacei non andrebbero mai approcciati frontalmente, ma lateralmente o posteriormente, né accostati in modo molto ravvicinato”. Sono banditi “cambi di velocità o di direzione improvvisi o ripetuti, se non in caso di emergenze”. Occorre invece “avvicinarsi e muoversi lentamente, a velocità ridotta (non superiore a 4 nodi) e costante”.

Il viaggio di Wally, la giovane balena grigia che ha perso la rotta


E in quella che viene definita “zona di approccio” è sconsigliata la presenza di più imbarcazioni, come invece spesso registrato nei nostri mari. Distanza di sicurezza, insomma: 100 metri per le balene, 50 per i delfini. E se questi manifestano disagio, “il contatto con i cetacei va interrotto”. E non ci sono foto o video da social che tenga.