La parola chiave è condividere. Per aderire alla biblioteca degli oggetti di Bologna bisogna portare qualcosa di proprio e lasciare che gli altri lo prendano in prestito. Un frullatore, una tenda da campeggio, una chitarra elettrica, ma anche un bongo sudanese o un cuscino per l’allattamento… da Leila si può trovare di tutto. Diventare socio è semplice: basta tesserarsi (la prima iscrizione costa 20 euro, 15 se si è studenti) e mettere a disposizione degli altri utenti un oggetto per un anno. Al termine si può decidere se riprenderselo o donarlo all’associazione.

Antonio Beraldi, 41 anni, fondatore di Leila a Bologna, si era imbattuto in un progetto simile a Berlino. L’idea gli è piaciuta da subito, ed è bastato uno scambio di mail con alcuni amici perché la biblioteca degli oggetti prendesse vita anche nella sua città. A crederci fin dall’inizio, insieme ad Antonio, Francesca Giosa, una ragazza di 33 anni di Potenza che a Bologna è una sfoglina, fa i tortellini di professione. La missione dichiarata è quella di valorizzare al massimo la vita di un oggetto, risparmiando sui costi economici e ambientali dell’acquisto di prodotti che poi si usano poco o si buttano. E alimentando valori come la fiducia e il concetto di utilizzo su quello di possesso.

Quando è nata, nel 2016, Leila non aveva una sede fissa. “Eravamo itineranti”, racconta Antonio. “Ospitati da realtà interessate al progetto e che mettevano a disposizione una parete su cui albergavano gli oggetti”. Poi col tempo Leila è cresciuta. “Il team si è compattato negli ultimi due anni e da quando abbiamo una sede abbiamo acquisito anche un’identità”.

Molti dei membri si sono avvicinati per caso, incuriositi dal progetto. Alcuni sono andati via, altri sono rimasti. Come Francesco Palomba, un antropologo di Cagliari di 30 anni, che doveva raccontare Leila per un festival attraverso un video. Ne è rimasto ammaliato ed è entrato nell’associazione, ora ne cura la comunicazione. Quando poi c’è stato bisogno di qualcuno che desse una mano a imbiancare la sede, Francesco ha subito pensato al suo compagno di facoltà, Amos Ferro, di Venezia, anche lui di 30 anni.

Dopo una birra e due chiacchiere anche Amos è entrato nel team. È un artigiano e all’interno dell’associazione gestisce i laboratori. Perché Leila non è soltanto uno spazio di condivisione di cose. “Vogliamo che sia prima di tutto un luogo fisico dove ci siano esperienze da condividere”, afferma Antonio. “Leila è anche condivisione dei saperi”, con un sapore volutamente analogico. Insieme a Francesco e ad Amos si è poi aggiunto anche un altro antropologo, compagno di facoltà: Matteo Valoncini, 29 anni, di Erba, segretario dell’associazione.

Non c’è una ragione univoca per cui gli utenti aderiscono a Leila: c’è chi crede tantissimo nel valore della condivisione, chi è arrivato da poco a Bologna e non ha molto in casa, chi ha bambini piccoli e ha temporaneamente bisogno di oggetti che poi non serviranno più. E chi non sopporta di dover generare inutili rifiuti. “Leila – spiega Antonio – è uno strumento concreto ed economico, Chiunque può venire da noi, prendere in prestito un video proiettore e usarlo per il tempo necessario, senza doverlo acquistare, né correre il rischio di doverlo abbandonare”.

I tesserati al momento sono circa 300. L’età media va dai 25 ai 45 anni, ragazze più che ragazzi. Ma nelle ultime settimane le iscrizioni stanno aumentando rapidamente: è stata avviata una collaborazione con la Salaborsa, importante biblioteca nel centro della città. “La Salaborsa ci aveva già ospitato in passato. Ora abbiamo firmato una convenzione per due anni, come collaboratori e non più come ospiti”, racconta. E accanto a quello dei libri, gli utenti trovano anche un banchetto targato Leila, simile a quello della sede di via Serra, dove è possibile prendere un prestito un martello con la stessa dinamica con cui ci si porta a casa un libro. Chi si iscrive in Salaborsa riceve gratuitamente anche la tessera di Leila. “Ma in molti preferiscono lo stesso pagare l’iscrizione – sottolinea Antonio – perché vogliono sostenere il progetto”.

E sono proprio gli utenti più entusiasti a lasciarsi coinvolgere da Leila e sfoggiare tutta la loro creatività. È quello che è accaduto a Michela Cassina, di 23 anni, studentessa fuorisede. Insieme alla coinquilina, ha provato a riprodurre una “Leila tascabile” nel suo condominio, trasferendo i principi di Leila in cantina e coinvolgendo i vicini d’appartamento. Ora Michela è entrata nell’associazione e tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, tiene aperto il desk di via Serra. Un altro utente, il camperista Roberto Zambon, un giorno si è presentato per lasciare in condivisione un torchio da tavola. Tra una chiacchiera e l’altra ha raccontato che stava per partire per il Canada, ma aveva bisogno di rinnovare il suo van. In cambio di un articolo sul suo blog, Leila gli ha prestato tutti gli attrezzi di cui aveva bisogno.

Rusko, il bar dove si aggiusta tutto pur di non buttare via niente

Quando è partita, nel 2016, nel mondo c’erano solo nove biblioteche degli oggetti. Ora ce ne sono 90, censite da una ragazza che sul progetto ci ha scritto la tesi, quasi tutte in rete tra loro. Alcune si chiamano Leila, altre no, ma di fatto sono tutte diventate un noleggio a basso costo. Persino la Leila di Berlino, quella che aveva ispirato Antonio, ora è stata inglobata in un progetto più ampio, con sede ad Alexander Platz. A Bologna, invece, il concetto di mera condivisione è ancora il cardine di Leila, l’unica che continua a chiedere di lasciare un oggetto da prestare agli altri.

La sua ambizione è diventare un’azienda autosufficiente, pur mantenendo ben saldi i principi della condivisione. Al momento i membri sono tutti volontari, lo stesso Antonio, quando non si dedica a Leila, lavora come educatore. Intanto, nel futuro prossimo, Leila punta a intensificare ancora di più la sua rete in città. “Vorremmo portare Leila in tutte le biblioteche di quartiere”, spiega Antonio. “Far diventare le biblioteche una specie di hub di consegna, vicini al cittadino”. Una sorta di sostenibilità a chilometro zero, dove l’utente potrà prenotare l’oggetto e farselo consegnare direttamente alla biblioteca sotto casa.