Dai pulcini di Giorgio Vallortigara arriva un altro importante tassello su come funziona il cervello e su quali forme di ragionamento permettono ad animali sociali di dedurre le relazioni tra i membri del gruppo. Nell’ultimo lavoro pubblicato su Communicationos biology, Vallortigara, del Centro interdipartimentale mente/cervello dell’Università di Trento, con Jonathan Niall Daisley e Lucia Regolin dell’Università di Padova, osservano una relazione tra rango sociale e abilità logiche astratte nei pulcini, con una sorpresa: a differenza di quanto si potrebbe supporre, gli individui dominanti sono meno intelligenti di quelli intermedi e subordinati. E i pulcini femmina, complessivamente, si dimostrano migliori dei maschi.
Pulcini e rane che contano
Il nuovo lavoro di Vallortigara prosegue nella ricerca dei processi di pensiero negli animali appena nati. Negli ultimi anni il neuroscienziato, grazie anche alle sue doti di divulgatore, ha mostrato che specie animali molto diverse dalla nostra (piccole rane, pulcini) manifestano fin dalla nascita un tipo di matematica, diversa da quella che riteniamo appannaggio esclusivo degli esseri umani e derivata dall’apprendimento, che consente loro di distinguere differenti grandezze o di eseguire semplici operazioni aritmetiche, in modo intuitivo e innato.
In studi precedenti, Vallortigara e i suoi collaboratori hanno già dimostrato che i pulcini sanno contare e che appena nati sono in grado di riconoscere un pericolo. I pulcini sono i protagonisti anche di questo nuovo studio sulle abilità logiche astratte perché sono “animali precoci”: appena usciti dall’uovo possono provvedere da sé stessi in tutto o in parte alle necessità della vita. E quindi il loro cervello viene studiato nella sua forma di tabula rasa.
Vita di gruppo e capacità logiche
Tra le abilità innate dei pulcini c’è, secondo i risultati dell’ultima ricerca del team del laboratorio trentino, saper riconoscere le relazioni tra i membri sociali del loro gruppo, un’abilità essenziale per accedere alle risorse di cibo e per “non mettersi nei guai” rispetto a individui dominanti. Come il loro antenato recente, il pollo della giungla, i polli domestici vivono in gruppi sociali, di solito composti da un uccello maschio con un certo numero di femmine presenti nel suo territorio. Formano una gerarchia sociale generalmente lineare, nota come “ordine di beccata” in cui l’uccello maschio è dominante sulle femmine, che a loro volta a suon di beccate stabiliscono chi si avvicina prima al cibo o addirittura scelgono il posatoio che preferiscono. La gerarchia è mantenuta da interazioni continue, di solito dimostrazioni di dominanza tra le femmine. Pertanto, è importante che i pulcini riconoscano gli individui della loro specie fin dalla più tenera età e che siano in grado di interpretare le interazioni sociali tra loro.
Per capire qual è la gerarchia in un pollaio i pulcini usano una forma di ragionamento deduttivo dimostrata in tutto il regno animale, l’inferenza transitiva. Si tratta del vecchio principio della logica aristotelica, per cui se A è maggiore di B e B è maggiore di C, allora A sarà maggiore di C. Era già stato osservato e dimostrato che i polli hanno eccellenti capacità cognitive sociali, riescono a discriminare e riconoscere gli individui nel loro gruppo sociale e interagiscono tra loro con successo. Lo studio di Vallortigara, adesso, ha indagato direttamente il legame tra il rango sociale e la capacità di un individuo di eseguire inferenze transitive e ha scoperto che ragionare correttamente non è sinonimo di potere, almeno se il potere si mantiene a suon di beccate.
L’esperimento in laboratorio
Per provarlo lo studio ha osservato 44 pulcini (Gallus gallus domesticus) di cui 26 maschi e 18 femmine, impegnati individualmente in un compito di laboratorio che ha indagato la capacità inferenziale in modo astratto e apparentemente slegato dalle implicazioni sociali. I ricercatori hanno attribuito un valore a cinque coppie di oggetti, per cui l’oggetto A è maggiore di B, B maggiore di C e così via fino ad E. I pulcini venivano messi di fronte alle coppie di oggetti e premiati con del cibo se sceglievano l’oggetto al quale i ricercatori avevano assegnato il valore maggiore.
Tutti i pulcini sono riusciti a “riconoscere” che A era maggiore di E, come si attendevano i ricercatori, perché la scelta di A era sempre stata premiata con del cibo e quella di E no. Scegliere A rispetto ad E è considerato indice del fatto che il pulcino ricorda semplicemente le associazioni apprese durante l’addestramento e tutti i pulcini si sono dimostrati ampiamente in grado di superare questo test. La coppia cruciale è però la coppia BD, perché sia B che D sono stati presentati sia come oggetti premianti (in BC e in DE) che come oggetti non premianti (in AB ed in CD) durante l’addestramento. A questo punto è arrivata la sorpresa: messi di fronte alla coppia BD (cioè due oggetti premiati con il cibo) alcuni pulcini sono riusciti a scegliere B rispetto a D. E a farlo sono stati più spesso i pulcini femmina e quelli di rango sociale minore nel gruppo.
Per non prendere beccate serve la logica
“I risultati – sottolinea Vallortigara – mostrano che la posizione del pulcino nella gerarchia del gruppo e il sesso del pulcino influenzano l’esito dell’apprendimento: i pulcini maschi di rango più alto hanno eseguito il compito peggio degli uccelli di rango intermedio e nel complesso i maschi hanno eseguito meno bene delle femmine, mentre le femmine di rango inferiore hanno eseguito meglio delle femmine di rango superiore”. “Questo potrebbe essere dovuto al fatto che i maschi dominanti non hanno essenzialmente bisogno di imparare una gerarchia, poiché hanno bisogno solo di “dominare” tutti gli altri maschi e proteggere i loro territori di accoppiamento – osserva il neuroscienziato -. Al contrario, i maschi di medio rango, che hanno usato l’inferenza transitiva sono probabilmente in grado di valutare gli altri maschi all’interno di una gerarchia, suggerendo quindi che gli uccelli sottomessi devono imparare più relazioni degli uccelli dominanti, per evitare attacchi da parte loro”.
La ricerca di Vallortigara non serve soltanto a comprendere il ruolo del sesso e del rango all’interno delle dinamiche della vita di gruppo dei polli: ogni tassello nella comprensione della cognizione nelle specie animali non umane, compresa la cognizione matematica, aiuta la ricerca in quel campo ancora ampiamente ignoto che è il cervello umano. Non si tratta quindi solo di capire come funzionano le menti degli animali, ma anche, attraverso di esse, la nostra, compresa l’origine evolutiva della nostra specificità umana.