Cronaca di un disastro annunciato per il mare di Napoli. Ogni volta che piove forte, quando arrivano grandi alluvioni che con la crisi del clima sono sempre più intense, a Napoli scatta il sistema del “troppo pieno”: le fogne napoletane non presentano divisione tra acque nere ed acque bianche e quando per la pioggia l’acqua nelle condotte va oltre un livello di guardia, per evitare che le strade si allaghino, gli scarichi del sistema fognario finiscono direttamente in mare senza passare dal depuratore di Cuma. Il risultato – e basta osservare le immagini diffuse in rete sia nel 2022 sia nel 2023 dai cittadini – è eloquente: oltre alle acque nere, rifiuti di ogni tipo galleggiano nel tratto di costa che è considerato il più prezioso dal punto di vista ambientale e storico, ovvero tra Nisida e l’Area marina protetta di Gaiola, quella che ospita uno dei parchi sommersi archeologici più importanti di Italia. Per questo, da anni, a Gaiola i responsabili della Amp e delle associazioni ambientaliste chiedono di porre fine allo scempio, di trovare un altro sistema per evitare quegli scarichi che fuoriescono dal collettore di Cala Badessa e, dalla spiaggia di Coroglio, arrivano poi grazie alle correnti fino a tutta l’Area marina protetta, ricca di posidonia e coralligeno, impattando sull’intera area della Zona speciale di conservazione (Zsc).
Per tutta risposta, il governo e la Commissione Pniec del Ministero dell’Ambiente, anziché decidere di intervenire su questo tipo di situazione, hanno scelto di raddoppiare lo scarico fognario a mare per permettere la riqualificazione in programma dell’area di Bagnoli. Il piano è avallato sia dal Comune di Napoli che dal governo nazionale e, dovendo correre con i tempi per garantirsi i fondi Pnrr, il doppio scarico è stato ufficialmente approvato: i lavori potrebbero già iniziare nel 2025, come si legge nel Piano di risanazione di Bagnoli, il Praru. Un raddoppio di scarichi che, come sintetizza a Green&Blue il direttore dell’Area Marina Protetta di Gaiola, Maurizio Simeone, potrebbe significare la fine non solo per gli ecosistemi di Gaiola, ma anche per il turismo e per l’intero indotto economico dell’area.
Su spinta di decine di associazioni guidate da Marevivo e riunite nel Coordinamento Tutela Mare “Chi Tene o’ Mare” è stata lanciata una petizione – sottoscritta da quasi 10mila persone – per chiedere lo stop al progetto. Appelli, per un ripensamento, sono stati promossi anche da attori di Gomorra e dal cantante Liberato sui social. “Allo stato attuale c’è già uno scarico di troppo pieno che serve una superficie della città grande quanto una cittadina media. Uno scarico che fu costruito nel 2001, prima dell’Area marina protetta o della Zsc. All’epoca si aveva meno conoscenza dei nostri ecosistemi e purtroppo si decise per uno scarico proprio in quel punto della costa. Negli anni successivi però, oltre alla Amp, l’area è stata inserita nella rete Natura2000 per i suoi habitat preziosissimi, dalle grotte sino ai coralli o la posidonia, ai quali va aggiunto il patrimonio culturale archeologico, i vincoli paesaggistici e tanto altro. Per cui noi mai ci saremmo aspettati che proprio lì si parlasse di raddoppio degli scarichi, anzi, al contrario speravamo in una modifica di quelli attuali. Siamo stati presi in totale contropiede”.
Quando nel 2016 si fecero i primi passi per la riqualificazione di Bagnoli, le associazioni ambientaliste dissero che era l’occasione giusta per rivedere il sistema di scarichi, “qualcosa che oggi comporta 100 metri cubi al secondo di liquami che vanno a finire in acqua quando ci sono le piogge”. Invece con la decisione presa “ora si arriverà addirittura a 206 metri cubi. All’acqua di scarico delle fogne si mischiano altre acque urbane, spesso inquinate con idrocarburi o metalli pesanti. Si mischia tutto e va finire in mare. Quando arrivano le alluvioni e avvengono gli scarichi, si chiudono i lidi sino a Napoli. Ci immaginiamo cosa succederà con un raddoppio dello scarico nelle prossime estati?” sostiene Simeone. Un impatto su turismo, ecosistemi, ma “anche piccola pesca o allevamento di mitili”, spiega.
Con il nuovo progetto le sole acque nere triplicheranno, passando da 215 litri al secondo a 728 litri al secondo.”Tutto ciò è davvero paradossale e fa rabbia che non siano state prese alternative per evitare un disastro ambientale. Abbiamo il depuratore di Cuma che fuziona, perché non migliorare le condotte e pensare di far passare le acque reflue da lì?”. Secondo il direttore tutte le singole comunità biologiche di Gaiola potrebbero avere un fortissimo impatto negativo se il doppio scarico entrerà in funzione. “Spero vivamente che si rendano conto che è stato un grande abbaglio, che il Ministero ritiri tutto, perché davvero qui non ci si rende conto del disastro che potrebbe essere”, aggiunge. Gli elementi per valutare e capire che si tratta di una scelta sbagliata, sostiene infine il direttore, ci sono tutti: dai report presentati dalla Amp ai documenti con oltre cento obiezioni al progetto avanzate da decine di ricercatori ed esperti della Federico II e dai biologi della Stazione Dohrn. Non solo: anche a livello economico ci sono stime sul possibile impatto della piccola pesca costiera, così come del turismo, che in quella zona cresce. “Se si farà il progetto si distruggerà tutto ciò che di buono è stato fatto negli ultimi 20 anni” conclude Simeone. Anche per Rosalba Giugni, presidente di Marevivo, associazione che si sta battendo per fermare il piano, è necessario fare di tutto per bloccare questo sfregio. “Marevivo ha impiegato oltre 10 anni per ottenere l’istituzione di Area marina protetta della Gaiola, un luogo straordinario, unico. Oggi ci troviamo nella condizione di dover tornare a lottare per salvare questo posto e il mare di Napoli: ciò che vogliono fare è anche uno sfregio alle nostre istituzioni, alla rete Natura2000, all’Europa e alle tante leggi a tutela di questi luoghi. Che altro dobbiamo fare per proteggerlo?”.