La decarbonizzazione è una delle grandi sfide del nostro tempo. Necessaria per favorire la transizione ecologica, si realizza con l’aiuto dell’innovazione tecnologica, di investimenti in ricerca e sviluppo, ma soprattutto con un radicale cambio di mentalità: perché solo rendendo più sostenibile il nostro modo di produrre e consumare, possiamo favorire lo sviluppo economico della società salvaguardando al contempo la vita del nostro pianeta. Proprio la decarbonizzazione delle attività economiche è stato un tema centrale del Festival di Green&Blue: se n’è discusso in un panel ad hoc dell’evento, organizzato a Milano dall’hub Gedi e moderato dal direttore di G&B Riccardo Luna, in cui i rappresentanti di alcune imprese hanno raccontato le grandi trasformazioni in atto nei processi produttivi e nelle strategie di business per abbattere le emissioni inquinanti e raggiungere la neutralità carbonica.
Festival Green&Blue, Caldonazzo (Arvedi), Santi (Philip Morris), Ropolo (CNH Industrial) e Stefania Calcagni (Gedi): obiettivo decarbonizzazione
“Stiamo cambiando la macchina senza fermarla. La nostra azienda è impegnata da anni nella missione di costruire un futuro senza fumo, una trasformazione che sta andando avanti e che ha bisogno della collaborazione anche della società e delle istituzioni”, ha spiegato Eleonora Santi, director of external affairs & communications di Philip Morris International, sottolineando che si tratta di una trasformazione “che non può prescindere dalla sostenibilità: il nostro obiettivo ultimo è raggiungere la carbon neutrality nelle nostre attività dirette entro il 2025. Per il sito di Crespellano, la prima fabbrica al mondo totalmente dedicata alla produzione dei prodotti senza combustione, pensiamo di anticipare al 2023 il momento in cui azzereremo le emissioni, risultando così tra le prime affiliate a raggiungere questo risultato”.
Il percorso intrapreso da Philip Morris, e iniziato diversi anni fa, ha come traguardo quindi un futuro senza fumo, con l’eliminazione delle sigarette e l’introduzione di prodotti alternativi senza combustione: un impegno che in questi ultimi anni ha mobilitato oltre 9 miliardi di investimenti. E che va di pari passo con le iniziative portate avanti dal gruppo per sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi del riciclo e della difesa dell’ambiente, come la campagna #cambiagesto, lanciata per educare e informare i consumatori sui danni dei mozziconi di sigaretta gettati a terra, in strada, nei parchi e sulle spiagge.
L’evoluzione dell’azienda si sta realizzando non solo sul piano del prodotto, ma anche su quello dei processi di fabbrica, per ridurre al minimo l’impatto delle attività degli stabilimenti sull’ambiente. “Abbiamo ridotto le emissioni attraverso l’efficientamento energetico e con l’elettrificazione, con un approvvigionamento di energia rinnovabile al 100% certificata. Ma anche grazie all’autoproduzione, con l’energia prodotta dal parco solare alle porte di Bologna che a breve verrà ampliato”.
Una promessa, quella delle emissioni zero, che è trasversale a diversi settori industriali, tra cui quello dell’acciaio. Anche nel settore siderurgico, infatti, ci sono realtà che hanno fatto della sostenibilità, non solo economica ma anche ambientale e sociale, uno dei pilastri fondamentali della strategia di crescita. Proprio per la tecnologia impiegata nella produzione (come quella carbon neutral coperta da 480 brevetti), l’abbattimento delle emissioni e le sue capacità di riciclare completamente gli scarti dei processi di lavorazione, il gruppo Arvedi punta a essere presto un benchmark nel settore siderurgico per quanto riguarda la sostenibilità. “I nostri impianti lavorano con il forno elettrico, che funziona caricando rottame, un materiale che può essere riciclato indefinitamente senza perdere alcuna delle sue caratteristiche. Quindi l’acciaieria è un grande operatore di riciclo”, ha sottolineato Mario Arvedi Cardonazzo, ceo del gruppo siderurgico, che ricorda anche la promessa di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2023: “Produrremo acciaio senza emettere anidride carbonica. E questo in virtù di ingenti investimenti, ricerca e sviluppo, e impiego di fonti rinnovabili per alimentare i processi”.
Un ciclo di produzione che è anche zero waste, visto che il 99% di tutti gli elementi di caduta, gli scarti di produzione, sono interamente riutilizzati, ha sottolineato il manager durante il panel:” Stiamo parlando di 500 mila tonnellate all’anno di scorie di acciaieria che vengono trattate, lavorate e interamente riutilizzate: parliamo dei refrattari, dell’acqua che viene completamente riciclata, parliamo degli acidi usati nei processi, di tutti gli elementi”. Con la forte convinzione che questa strada è l’unica possibile: “Se non sei sostenibile, l’acciaio in Europa non potrai più farlo”, ha commentato Mario Arvedi Cardonazzo, precisando che la certificazione di net zero emission rende infondata l’accusa di greenwashing, visto che l’acciaio venduto con emissioni zero sarà certificato da un ente terzo accreditato, “e il cliente sarà disposto a pagare qualcosa in più per avere questo tipo di prodotto”.
Al talk ha partecipato anche Daniela Ropolo, head of sustainable development initiatives di Cnh Industrial, che ha raccontato la missione dell’azienda di promuovere l’agricoltura sostenibile, anche con l’utilizzo della propulsione alternativa per i mezzi di lavorazione. “Abbiamo in produzione in serie il trattore 100% metano, che si collega al lancio della prima smart farm 100% indipendente dal punto di vista energetico“, ha raccontato la manager, descrivendo il funzionamento di questo sistema, un esempio di economia circolare a circuito chiuso: “La smart farm ha un biodigestore che, attraverso i rifiuti animali e vegetali, produce biogas che alimenta la vita dell’azienda stessa. Al contempo, attraverso un’altra trasformazione, produce biometano, che va ad alimentare il trattore. Mentre i sottoscarti vanno a fertilizzare il suolo”.
La smart farm è già stata lanciata in Italia e c’è un piano di implementazione a livello internazionale, ha spiegato Daniela Ropolo, ricordando che una delle grandi sfide dell’agricoltura è quella di raddoppiare la produzione alimentare, visto che entro 30 anni “saremo 10 miliardi di persone, quindi bisogna aumentare la produttività. Ed è necessario anche ridurre la carbon footprint, con l’innovazione, l’agricoltura 4.0 e i sistemi digitali: un modello che oltre a garantire una più attenta gestione delle risorse, abbatte anche i costi produttivi del 30%”.
Anche il gruppo Gedi, editore di Repubblica, ha seguito la strada della sostenibilità e qualche giorno fa ha annunciato il raggiungimento della neutralità carbonica. Infatti, grazie a un maggior efficientamento energetico e all’impiego di fonti rinnovabili, le emissioni dell’azienda sono diminuite del 90% rispetto al 2020. Grazie ai carbon credits certificati ottenuti per progetti a elevato impatto positivo, ambientale e sociale, “abbiamo neutralizzato la parte residuale di queste emissioni”, ha spiegato Stefania Calcagni, responsabile audit e sostenibilità di Gedi, facendo notare che si tratta di una tappa, non del traguardo: “Dobbiamo mantenere il risultato e ampliare questo perimetro a quella che è la nostra filiera, i nostri fornitori, le persone con cui lavoriamo, in ottica di condividere un percorso di sostenibilità”