L’ultima analisi sull’inquinamento da plastica pubblicata sulle pagine di Nature non è rincuorante, affatto. Un dato, tra i tanti, preoccupa: un quinto di tutti i rifiuti di plastica si perdono nell’ambiente, sfuggendo ai sistemi di raccolta e smaltimento, tutt’altro che garantiti ovunque nel mondo. Spesso finiscono, letteralmente, in fumo, tossico. A raccontarlo, snocciolando dati e offrendo un’analisi geografica puntuale di tutta la plastica persa nell’ambiente, sono gli autori dell’analisi appena resa nota, un gruppo di esperti dell’Università di Leeds.
Gli scienziati hanno realizzato una mappa delle zone più inquinate, resa possibile da un’analisi che ha messo insieme i dati relativi alla raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi disponibili per le diverse aree, alle condizioni socioeconomiche e demografiche dei diversi paesi, con informazioni provenienti dalla letteratura e complessi modelli per stimare la quota di rifiuti indirizzati o meno nei sistemi di smaltimento, anche grazie all’aiuto dell’intelligenza artificiale. In questo modo, partendo dai dati di 500 città, alla alla fine del processo sono riusciti a considerarne circa 50 mila. Procedendo in questo modo, è emerso che ogni anno (il riferimento è per il 2020) finiscono nell’ambiente circa 52 milioni di tonnellate di plastica, pari a circa un quinto di tutti i rifiuti di plastica prodotti dalle città considerate, scrivono gli autori. Circa 30 milioni sono bruciate senza alcun controllo, in buona parte perché, come spiega Josh Cottom, non ci sono sistemi di raccolta per i rifiuti per oltre un miliardo di persone e bruciarli è, parole sue, un sistema per “autogestire” il problema. lI resto si accumula e si disperde semplicemente come rifiuto (littering).
In cima ai paesi più inquinanti figura l’India, seguita da Nigeria e Indonesia (rispettivamente con 9,3; 3,5 e 3,4 milioni di tonnellate), confermando che il problema si concentra soprattutto nel sud del mondo. E’ anche al sud che si concentrano i fuochi di plastica. “Le persone i cui rifiuti non vengono raccolti non hanno altra scelta che smaltirli o bruciarli – ha aggiunto da Leeds Costa Velis, a capo del lavoro – dare fuoco alla plastica può sembrare che la faccia ‘scomparire’, ma in realtà bruciare all’aperto i rifiuti di plastica può causare notevoli danni alla salute umana, tra cui problemi neurologici, riproduttivi e alla nascita; e una dispersione molto più diffusa dell’inquinamento ambientale”.
Tutto questo, concludono gli autori, serva da monito per capire come e con che forza intervenire, senza ulteriori ritardi. In particolare, sottolineano, serve dare il giusto peso al problema dei rifiuti di plastica bruciati, a detta degli esperti non abbastanza affrontato nelle discussioni sul trattato globale sulla plastica. Senza scuse per il Nord del mondo: se è al Sud che si concentrano i fuochi in campo aperto, i rifiuti persi e abbandonati per strada sono comunque troppi per essere ignorati. “Suggeriamo che gli interventi per ridurre i rifiuti di plastica non raccolti si concentrino sulla riduzione dei materiali a monte per ridurre la produzione di rifiuti e/o sul miglioramento sostanziale dei servizi di raccolta dei rifiuti e delle infrastrutture”, scrivono gli autori nelle conclusioni del loro articolo.