Alla fine, la Senna balneabile, quella che doveva essere una “idea folle” ma da inseguire comunque – come disse il presidente Emmanuel Macron – se messa alla prova sportiva delle Olimpiadi è da considerare un fallimento. Per cinque volte le prove d’allenamento e le nuotate pre gare tra triathlon e nuoto in acque libere sono state annullate a causa dell’alta presenza di batteri e inquinanti nelle acque.
Le tre competizioni di triathlon si sono svolte, mentre sulle gare di nuoto c’è ancora una lunga scia di incertezza: per ora c’è un nuovo ok, anche agli allenamenti, in vista del 9 agosto e della prova di 10 chilometri, ma la probabilità che le gare vengano dirottate nelle acque del bacino della vela, allo Stadio Nautico di Vaires-sur-Marne, resta ancora alta.
Fra gli atleti, compreso Greg Paltrinieri, a regnare è l’incertezza.
Almeno quattro atleti (su oltre 100) dopo aver nuotato nella Senna hanno denunciato infezioni e il Belgio ha ritirato la sua squadra. Il nesso fra quelle infezioni e l’avere nuotato nel fiume, non è però certo: per esempio la triatleta Claire Michel, che si è sentita male, ha successivamente spiegato di non aver contratto una infezione da E.Coli, ma un virus forse non direttamente collegabile agli inquinanti del fiume.
Ma tra incertezze, timori e anche correnti troppo forti, diverse nazionali sono rimaste spaventate all’idea di nuotare in fiume che per gli ultimi 100 anni è stato considerato inquinato: dal punto di vista delle Olimpiadi 2024 e dello sport dunque il progetto “Senna bonificata” è stato un grande e costoso (1,4 miliardi di euro) piano non riuscito. La sindaca Anne Hidalgo si è affrettata a dire che sulla questione “Senna non sicura” circolano molte fake news, che l’investimento fatto ha funzionato e il fiume è pulito, ma tra federazioni, atleti e anche molti parigini resta un forte scetticismo.
Il fiume bonificato: può essere un esempio per altri Paesi
Nonostante i tuffi dimostrativi del primo cittadino e quelli annunciati ma mai fatti dal presidente Macron, la Senna è infatti ancora troppo soggetta all’influenza delle piogge, che in tempo di crisi climatica non poi sono così semplici da prevedere per impatto e intensità: quando arrivano, come accaduto poco prima dell’inizio gare, contribuiscono ad acque reflue e aumentano la possibile presenza di batteri.
Ma dal punto di vista della idea di prendere in considerazione l’importanza delle acque, della purificazione, di riammodernare un sistema fognario malmesso e di fare un uso migliore dell’acqua piovana, oltre che un esempio “green” per molti altri Paesi al mondo, ”nel tentativo fatto ci sono però anche molte cose importanti, da salvare”, dice per esempio a Green&Blue Erasmo D’Angelis, divulgatore, esperto di acque, promotore della candidatura dell’Italia al World Water Forum e presidente della Fondazione Earth Water Agenda.
Per capire perché l’operazione Senna potrebbe essere sia la cronaca di un disastro annunciato dal punto di vista sportivo sia quella di una vittoria per i cittadini e per l’impatto ambientale, bisogna partire da lontano.
Senna balneabile: 1,4 miliardi di investimenti
Già negli anni Ottanta in Francia con diverse idee e progettualità si iniziò a parlare del recupero della Senna, ma l’idea che fosse davvero possibile tornare a bagnarsi nel fiume che attraversa Parigi è diventata concreta solo nell’ultimo decennio con un piano strutturato che coinvolge anche la Marna.
Negli ultimi otto anni gli sforzi sono stati accelerati per un intervento che inizialmente doveva non tanto purificare il fiume, ma impedire soprattutto che l’acqua non trattata e le acque reflue venissero scaricate.
Con 1,4 miliardi di investimenti, di cui quasi la metà esclusivamente dedicata allo “swimming plan”, sono state realizzati impianti di trattamento, miglioramenti nella rete fognaria, stazioni di filtraggio e bacini di raccolta delle acque piovane per tentare di gestire la presenza di batteri di cui, scrivono sul documento di presentazione governativo fra quelli individuati “il 75% è stato eliminato”.
In diversi punti del fiume, almeno quattro quelli principali usati per i campionamenti, per quasi due mesi prima dell’inizio dei Giochi i livelli di batteri non sono risultati sicuri per la balneazione, spesso a causa dell’influenza delle piogge: con il ritorno del bel tempo e il funzionamento di del bacino di deflusso in grado di contenere 50mila metri cubi di acqua di tracimazione delle acque piovane, i valori si sono però pian piano aggiustati fino al via delle gare di triathlon, quando sono stati giudicati come sicuri.
Anche se i sistemi fognari di Parigi sono così vasti e vecchi, tant’è che per bonificare completamente la Senna servirebbero altri investimenti per la costruzione di nuove fognature, il piano ha dato frutti interessanti: le acque, con le giuste condizioni, sono effettivamente risultate più pulite (dai dati degli stessi francesi) e anche l’ambiente potrebbe beneficiarne, dato che ad esempio la fauna selvatica sta lentamente tornando e si contano ora più di 30 specie di pesci, rispetto alle tre del 1970.
Se dunque ci sono aspetti positivi in vista del futuro, è il presente, quello a cinque cerchi, che è apparso come una sfida da centrare a tutti i costi, soprattutto per il prezzo pagato dagli atleti e dallo sport.
“Un azzardo in chiave sportiva, ma un tentativo per l’ambiente”
La Senna è stata scelta – e lo si è capito bene anche nella cerimonia d’apertura – come simbolo di questi Giochi. Così è stato fatto un “all-in” sul ripulimento del grande fiume, che nel corso del tempo ha visto però sia il plauso delle associazioni ecologiche parigine sia una lunga serie di proteste da parte dei residenti, tra cui quella poco simpatica soprannominata Paris Poop Protest.
Un “puntare tutto” che secondo il divulgatore Erasmo D’Angelis è apparso come importante in chiave ambientale, ma un azzardo per la scelta di farlo corrispondere con la sfida olimpica.
“Il tentativo andava fatto – spiega – ma quando si parla di fiumi, dalle piogge alla temperatura dell’acqua, è un azzardo immaginarli come campo di gara olimpico. Intanto però sono partiti con la bonifica e questo è un segnale importante da parte di una grande capitale che per la prima volta avvia un’operazione di disinquinamento enorme in uno dei fiumi più inquinati d’Europa. Hanno allacciato alla rete fognaria migliaia di abitazioni, hanno depurato, hanno realizzato nuove reti e una immensa vasca di recupero di acqua piovana. Tutte azioni di cui l’ecosistema fluviale e i parigini poi beneficeranno: certo, se la guardiamo dal punto di vista della sostenibilità e dell’immagine, l’azzardo è stato collocare tutto questo in un grande evento come le Olimpiadi” dice D’Angelis.
Fra tante polemiche legate allo sport, Parigi lascia però anche una cartolina “in cui si dimostra che si può lavorare per disinquinare un fiume. Ci hanno provato, ci stanno provando. In Italia ad esempio la balneazione di un fiume non rientra nemmeno nelle analisi delle Arpa regionali. Fino a metà Novecento da noi molti corsi erano ancora balneabili: oggi non è più così, troppo inquinamento, fare un bagno nel fiume è considerato un rischio in molti luoghi. Ci sarebbe dunque bisogno di uno sforzo in tal senso anche da noi. Il Tevere per 55 chilometri, se li prendi nel tratto da Castel Giubileo alla foce, è abbastanza pulito per esempio, dato che in passato sulla depurazione sono stati fatti passi importanti. Ovviamente però poi l’intero fiume è influenzato dagli affluenti e dalle piogge ed è lontano da una balneazione immaginabile, tanto che è difficile ipotizzare un tuffo nel fiume”
Per De Angelis la strada tracciata da Parigi dovrebbe ricordarci proprio questo: “Investire sul recupero e la pulizia dei fiumi, ma non tanto per la loro possibile fruizione per noi, ma per la salute degli ecosistemi e delle acque”.