“Ho sempre sostenuto la tesi che questa scommessa sarebbe stata vinta, ma mi rendo conto che non c’era alcuna certezza. L’investimento è stato imponente però il riscontro, il prestigio, l’immagine che ne avrà la città è enorme. E poi c’è anche l’opportunità per i parigini che, anziché dover prendere una macchina, un treno o un aereo, per andare a fare un bagno, potranno farlo direttamente nel loro fiume. Credo che sarà la legacy straordinaria che può dare al mondo Parigi 2024 assieme ad un messaggio sulle possibilità di riqualificazione ambientale dei grandi corsi di acqua che attraversano le città europee”.
A pochi giorni dall’apertura dei Giochi olimpici Il presidente del Coni Giovanni Malagò fa il punto sulla scommessa sostenibile di Parigi 24, a partire dal tuffo nella Senna della sindaca Anna Hidalgo che dovrebbe chiudere le polemiche sulla possibilità di fare alcune gare di nuoto nel fiume parigino.
Parigi 2024, la sindaca Hidalgo si tuffa nella Senna per dimostrare che il fiume è pulito e pronto per le Olimpiadi
Alcuni atleti italiani avevano espresso forti dubbi sulla possibilità di nuotare nella Senna visti i livelli di inquinamento. Problema risolto?
“Allora, secondo me è sbagliato proprio usare l’espressione atleti italiani. Ci sono degli atleti che ovviamente, se non hanno la garanzia al 100% di tutela della propria salute, non se la sentono di nuotare in un fiume inquinato, è normale. Però garantisco che non c’è un singolo atleta che non vede l’ora di poter gareggiare lì una volta che ci sarà la certificazione che questo non implica problemi di salute”.
Il tema della Senna è molto simbolico di queste Olimpiadi e della sfida di provare a organizzare in maniera sostenibile il più grande evento del mondo. L’altro simbolo è il Villaggio Olimpico.
“Anche lì hanno fatto un investimento enorme e il progetto è bellissimo. Tra l’altro anche in questo caso c’è una legacy importante: lascerà alla città un quartiere nuovo e carbon free, a zero emissioni di anidride carbonica”.
Alcune scelte radicali stanno facendo discutere. Tipo l’assenza di aria condizionata per puntare su un sistema di raffrescamento degli ambienti naturale.
“Io non sono un esperto del settore ma penso di essere un discreto dirigente sportivo. E mi chiedo: chi è oggi, senza aver testato questi ambienti, che ti può dire ‘ammazza, che cosa perfetta che avete fatto’. Chi te lo può dire? Sulla carta è la cosa più bella del mondo. Poi va verificato che funzioni. Qual è il punto? Che tu hai fatto un Villaggio Olimpico con degli ambienti che poi collochi sul mercato, anche in termini di edilizia popolare o per alloggi per studenti o cose del genere. E che per 11 mesi e mezzo sono perfetti e per 15 giorni soffrono un po’ il caldo. Posso dirti una cosa? Hai fatto la cosa più bella del mondo. Ma se tu fossi un atleta che vai 10 giorni a fare le Olimpiadi, e in quei 10 giorni becchi 40 gradi all’ombra e non hai l’aria condizionata e la famosa refrigerazione dal pavimento, dai tubi, non è sufficiente e non riesci a dormire la notte, che mi dici? Che se tu hai lavorato tutta la vita per le Olimpiadi quella cosa non va bene”.
Non va bene?
“Io non sto dicendo che non va bene. Bisogna vedere dal 2 al 12 agosto che succede. Perché a Parigi le scorse settimane faceva 11 gradi. Ma se in quei giorni becchi 40 gradi e sei un atleta che si è allenato 4 anni e non dormi la notte e sudi oppure non riesci neanche a stare un minuto senza farti la doccia, è un problema”.
Quindi più aria condizionata per tutti?
“No, il concetto è che siamo tutti d’accordo sul progetto, è bellissimo, ma come accade per la Senna, va verificato il risultato. E nel caso del caldo la verifica non va fatta adesso ma il 2 agosto…”
Ci sono alcune delegazioni, in testa quella degli Stati Uniti, che si stanno attrezzando portandosi l’aria condizionata da casa. Lo sta facendo anche la delegazione italiana? Lo ha scritto il Washington Post.
“Il Washington Post si è sbilanciato. Io non mi sento di escluderlo, ma al momento non c’è nulla di certo. Bisognerà anche vedere le previsioni meteorologiche da qui a quella data, ma nessuno vorrebbe ricorrere ad una soluzione del genere, sia chiaro”.
Ci sono nazioni povere che hanno detto “noi non siamo in condizione di portarci l’aria condizionata da casa, perché non abbiamo i soldi per farlo”. Non c’è il rischio che i paesi ricchi si portino l’aria condizionata, quelli meno ricchi non se la portano e così si inficiano lo spirito olimpico e la correttezza delle gare?
“Se c’è una cosa dove il CIO eccelle moltissimo e viene molto apprezzato dai paesi, chiamiamoli meno abbienti, è che c’è un ufficio che si chiama ‘Solidarietà Olimpica’ che è veramente molto sensibile a tutti questi temi. Per cui io non credo che esisteranno forme di discriminazione. Cioè se qualcosa va cambiato, va cambiato per tutti”.
Sempre al Villaggio Olimpico hanno anche cambiato il menu per renderlo più sostenibile: hanno tolto le patatine fritte, ma anche il foie gras perché fa soffrire gli animali; e hanno messo la quinoa; c’è meno carne e più cibo locale e stagionale. Come la vivono gli atleti questa cosa?
“Bene. La vivono bene perché gli atleti sono molto più salutisti rispetto all’opinione pubblica. E soprattutto perché oggi c’è un’educazione alimentare media da parte degli atleti che è eccezionale. Questo elemento non solo non rappresenta un problema, ma si è visto molto positivamente”.
Queste sono le prime Olimpiadi che puntano così tanto sulla sostenibilità: è una svolta?
“Alla sessioni del CIO, che durano tre giorni e toccano tutti i temi immaginabili, dalle guerre all’etica, in ogni panel la parola più utilizzata, quasi inflazionata, è ‘sostenibilità’ che non è certo solo ambientale, ecologica. C’è una sostenibilità sociale e c’è una sostenibilità economica, e spesso le tre sono collegate fra loro. Da molti anni impostiamo tutto con questo mantra, con questa stella polare. E Parigi è, diciamo, l’esasperazione di questo concetto. Perché? Perché ci si arriva, dopo che le ultime Olimpiadi, che sono state a Pechino, in Cina, e dopo le penultime, che sono state a Tokyo, in epoche di Covid entrambe, non c’era pubblico e c’era una spaventosa, diciamo, riduzione dei rapporti umani e quindi questi Giochi sono il vero banco di prova di un nuovo corso olimpico”.
Ma già a Tokyo si vedeva chiaramente l’impatto del riscaldamento globale sulle gare: il tennista Medvedev disse al giudice di sedia “uno di noi due muore se ci continui a far giocare con questo caldo”. Quanto il cambiamento climatico sta influendo anche sullo sport?
“Moltissimo. C’è chi ipotizza addirittura un trasferimento di date rispetto a quelle tradizionali”.
Lo ha detto il presidente del CIO Thomas Bach.
“Per ovvi motivi. Perché c’è una parte del pianeta che se tu fai le gare durante l’ultima di luglio e i primi di agosto, è esclusa. Questo è poco ma sicuro. Però questa cosa sbatte contro il grande mantra della sostenibilità economica, che è dovuta ai diritti televisivi, i cui proventi sono così alti perché non siamo in contrasto con gli altri eventi sportivi. Abbiamo a disposizione tutto il pubblico”.
Quindi sono i diritti sportivi a bloccare le Olimpiadi in quelle date.
“Al momento sì, perché logicamente se le televisioni trasmettono le Olimpiadi mentre si giocano l’Europeo di calcio e l’NBA di basket, si abbassa il valore. Oppure devi stravolgere i calendari, mission impossible oggettivamente. C’è poi un tema che riguarda gli sport invernali del programma olimpico: mentre tutti gli sport indoor hanno una garanzia di svolgimento della competizione, gli sport outdoor, e in particolare ovviamente quelli invernali, rischiano di non averla più per mancanza di neve o anche per eccesso di neve. Lo scorso inverno un numero mostruoso di gare sono state annullate, è successo di tutto in alcuni posti, per cui secondo me oggi il vero tema è onestamente studiare un programma olimpico più allineato con quelli che sono i grandi temi climatici”.
Che vuol dire un programma olimpico più allineato al clima?
”Io, personalmente, sono solo una delle pedine di questo ragionamento, ma quello che è sicuro in prospettiva è una crescita di una disciplina come può essere lo sci alpinismo per cui basta che esci di casa, ti attacchi degli sci e degli scarponi un po’ diversi e parti. È un po’ come il discorso del jogging rispetto a dover realizzare una pista di atletica: ti metti le scarpe, i pantaloncini e parti”.
Quindi il programma olimpico potrebbe cambiare per adeguarsi al cambiamento climatico?
“Nel medio termine è sicuro. Bisogna ripensare le Olimpiadi, bisogna avere il coraggio di affrontare la sfida che abbiamo davanti, ma il CIO già sta facendo moltissimo, tant’è vero che non vogliono la realizzazione di impianti sportivi nuovi se non c’è la garanzia della sostenibilità economica e impongono che ci sia una legacy post evento. E poi soprattutto c’è un fatto: le nuove discipline sportive che sono arrivate sono tutte orientate in questo senso”.
Facciamo un esempio.
“La breakdance, la danza sportiva, che è una cosa che i giovani fanno tantissimo: sai per fare la breakdance cosa serve? Niente. Prendiamo il surf: sai cosa serve per surfare? Un luogo dove c’è un’onda. Non ho finito, c’è un terzo esempio importante: il parkour. Sai cosa serve per fare il parkour? Un centro urbano, meglio se un luogo di periferia, che può anche essere degradata o con problemi sociali; ti bastano un marciapiede, una ringhiera e una rampa di cemento. E poi c’è l’arrampicata, la gente pensa che uno debba scalare una montagna e invece no, basta che appoggi a un muro una parete attrezzata, e funziona tantissimo con le scuole, anche con i bambini delle primarie. Ecco, è un po’ diverso che costruire uno stadio…”.
Sono i Giochi del futuro.
“Assolutamente sì, la direzione in cui si va è questa”.
Dopo Parigi, con la sua fondamentale sfida per la sostenibilità, la prossima Olimpiade tocca a noi, e su Milano Cortina le polemiche sulla sostenibilità, sono tante.
“Ce ne sono tante e purtroppo temo che ce ne saranno ancora, però io più di cercare di raccontare la verità e di non nascondere le cose non so che fare. Perché se qualcuno non ha una forma di pregiudizio contro i giochi olimpici, allora onestamente pensare di organizzare una candidatura e attuarla meglio di come stiamo facendo è impossibile”.
Meglio di Milano Cortina non si può fare?
“È un caso di antonomasia sotto tutti i punti di vista. Non è l’Olimpiade di Milano, non è l’Olimpiade di Cortina, come si è fatto in tutti i posti dal 1896 ad oggi, è l’Olimpiade dei territori, perché c’è la Lombardia, c’è il Veneto, c’è il Trentino e c’è l’Alto Adige, e quindi andremo a fare le gare dove già c’era una struttura: ad Anterselva che è il Tempio del Biathlon, in Val di Fiemme che è il Tempio del Fondo, eccetera. Il 91 per cento degli impianti era già realizzato, un solo impianto si sta realizzando ex novo, che è la pista non di Bob, ma lo sliding center dove si fanno tre sport, Skeleton, Slittino e Bob. Se non va bene neanche così che posso dire?”