LEGAMBIENTE
Chiudere la stagione dei no alle rinnovabili
Il ministro della Cultura può (e deve) far cambiare approccio ai soprintendenti
di Stefano Ciafani
Si può essere pacifisti senza rinunciare a riscaldamento e condizionatore. L’alternativa posta da Draghi non esiste, se si fanno le scelte giuste. Ci sono quelle personali, come la lotta agli sprechi o l’uso delle tecnologie efficienti. Poi ci sono quelle di chi governa, per ridurre la dipendenza dalle fossili che importiamo, usando le rinnovabili, in primis sole e vento, che non dobbiamo acquistare da nessuno, ma servono le iniziative dirompenti che l’esecutivo non ha adottato.
L’attivismo per aumentare gli approvvigionamenti dai Paesi africani e asiatici con cui siamo collegati da gasdotti o da quelli che liquefanno il gas trasportato via nave non è stato affiancato da altre scelte radicali. Tra queste l’autorizzazione e la costruzione di 60 GW di impianti a fonti rinnovabili in 3 anni, come chiede Elettricità Futura di Confindustria, il potenziamento di reti, pompaggi e accumuli, e un programma serrato di sostituzione delle caldaie a gas con le pompe di calore.
Per sbloccare però la realizzazione di impianti eolici, fotovoltaici sui tetti, anche nei centri storici, e agrivoltaici, senza consumare suolo, serve il protagonismo del ministro Franceschini per evitare l’arbitrarietà dei suoi uffici territoriali che dicono sempre no ai nuovi impianti. Serve indirizzare anche la nuova Sovrintendenza speciale sul Pnrr, varata per velocizzare le opere della transizione ecologica, che ha appena dato parere positivo alla nuova diga foranea di Genova (lunga 3 chilometri e alta 7 metri) su cui non ha rilevato “criticità dal punto di vista paesaggistico”, bocciando invece il parco eolico progettato sopra di essa perché “eccessivamente impattante”. Non bastano i nuovi strumenti, serve cambiare l’approccio, superando l’ossessione dei soprintendenti contro le rinnovabili.
WWF
Risparmio energetico un asso nella manica
Potremmo risparmiare 2,3 miliardi standard metro cubo di gas al 2025
di Donatella Bianchi
Il drammatico conflitto in Ucraina, che giorno dopo giorno ci lascia con il cuore in gola, ha messo l’Italia e l’Europa di fronte a un bivio: da un lato scegliere una politica energetica che possa garantire stabilità al nostro sistema Paese e dall’altra metterlo al sicuro dalle crisi energetiche presenti e future. La parola cambiamento, in questo caso è sinonimo di coraggio. Quel coraggio che fino a oggi, spesso è mancato alla transizione ecologica che abbiamo intrapreso, forse, senza la convinzione necessaria.
Cambiare, per il nostro sistema produttivo e per i nostri modelli di consumo, significa evolversi e l’unica evoluzione possibile, oggi, è quella che riconsideri il nostro rapporto con le risorse, energia compresa, che la natura ci mette a disposizione. La nostra politica energetica non può prescindere da due pilastri: il risparmio e le rinnovabili, colpevolmente considerate cenerentole del nostro mix energetico quando devono diventarne i driver principali. Imparare a usare razionalmente l’energia non significa tornare alla candela, significa evitare gli sprechi, risparmiando sia sulla bolletta delle famiglie che su quella climatica.
Secondo una stima di Ecco, intervenendo sull’efficienza energetica potremmo risparmiare 2,3 miliardi di smc (standard metro cubo di gas) al 2025, che con ulteriori misure potrebbero arrivare a 6,9 miliardi di smc. Una stima che non tiene conto dei risparmi che potrebbero arrivare dai consumi individuali. Non molti sanno che gli elettrodomestici incidono tra il 50 e l’80% sul costo della bolletta. Il risparmio energetico, insieme ad un investimento convinto sulle rinnovabili, è l’asso nella manica del nostro Paese: un asso che è venuto il tempo di giocare, perché una politica energetica amica del clima, oltre a metterci al sicuro da future crisi energetiche, è anche amica della pace.
GREENPEACE
Non basta cambiare fornitore di gas
Smetterla con ecobonus a caldaie che andrebbero sostituite da pompe di calore
di Giuseppe Onufrio
Draghi di contrapporre la pace all’uso dei condizionatori coglie una verità: nell’immediato l’unica cosa fattibile per ridurre la dipendenza dalle importazioni di gas è quella di ridurre i servizi che questa fonte produce. Forse l’esempio specifico non è il più calzante, perché l’andamento della richiesta elettrica dei condizionatori segue quello della produzione da solare che è maggiore in estate.
È vero che alcune misure di risparmio si possono fare senza troppi sacrifici, come mantenere temperature più moderate sia del riscaldamento che del raffrescamento, eliminare o ridurre al minimo l’uso dell’auto e incentivare forme di mobilità più sostenibile, ridurre le velocità massime in autostrada, mantenere una quota importante di lavoro agile e altro ancora.
Ma se il messaggio di Draghi è condivisibile nella sostanza, meno accettabile è stata finora l’azione del governo. Per ridurre la nostra dipendenza dal gas – quello russo, ma non solo – bisogna spingere l’elettrificazione dei nostri consumi e accelerare con le rinnovabili e con gli stoccaggi nel settore elettrico: l’associazione industriale Elettricità Futura stima in 60 GW di rinnovabili fattibili in tre anni, questo dimezzerebbe le importazioni di gas russo e creerebbe 80mila posti di lavoro. Con questo ritmo si può arrivare a 90 GW al 2026 come abbiamo chiesto assieme a Legambiente e Wwf.
Le 10 proposte di Legambiente, Wwf e Greenpeace per l’indipendenza energetica
Va promossa una cultura della “sufficienza” e, in questo senso, la provocazione di Draghi va accolta. Puntando però a costruire una base interamente rinnovabile: l’industria è pronta. Con buona pace di chi vorrebbe solo cambiare fornitore di gas fossile e mantenere il suo (ricco) mercato al centro del sistema energetico. Ma Draghi è d’accordo a seguire questa linea? Finora non ci sembra sia così.
KYOTO CLUB
Rivediamo i nostri comportamenti
Dall’alimentazione agli spostamenti sono molte le cose che potremmo cambiare
di Gianni Silvestrini
La frase di Draghi su “pace o condizionatori?” ha sollevato molti commenti ironici. È chiaro che si tratta di una semplificazione, perché prima di tutto conteranno le scelte politiche. Ma in realtà questo messaggio ha un valore più generale. Occorre infatti un coinvolgimento dei cittadini rispetto alla tragedia in atto. Si tratta di una situazione analoga a quella posta dall’emergenza climatica, con la necessità di modifiche delle scelte governative e degli stili di vita che consentano di avviare una transizione climatica giusta, che affronti la decarbonizzazione e la riduzione delle disuguaglianze. Ed è paradossale il blocco autorizzativo delle rinnovabili che ha spinto Confindustria a proporre l’installazione di 60 GW di sole e vento in soli tre anni, un balzo che consentirebbe di dimezzare le importazioni di gas russo.
Oggi il rischio è quello di un taglio del metano, ma domani sarà l’accelerazione di alluvioni, incendi, siccità e temperature record a imporre scelte governative più incisive di riduzione delle emissioni. Ma dovremo anche rivedere i nostri comportamenti, dall’alimentazione agli spostamenti, per finire con le scelte degli acquisti in una società iper-consumisitica.
Nell’ultimo rapporto delle Nazioni Unite sul clima viene introdotto il concetto di “sufficienza”, un approccio che va oltre le misure per rendere più efficienti edifici, industrie, auto e introduce il concetto di sobrietà.
Le politiche di sufficienza – si legge – sono misure e pratiche giornaliere che consentono di eliminare o ridurre la domanda di energia, materiali, suolo e acqua nel fornire benessere per tutti, garantendo i confini ambientali del Pianeta. Serve cioè un approccio di forte coinvolgimento dei cittadini in grado di stimolare anche le istituzioni locali e quelle nazionali.
FRIDAYS FOR FUTURE
Manca il coraggio di dire addio al fossile
Le alternative ci sono, non basta passare da un dittatore europeo a uno africano
di Movimento Fridays for Future Italia
Ogni giorno l’esercito russo riesce ad avere carburante, munizioni, stipendi e armi grazie ai soldi che versiamo in cambio del loro gas e petrolio. E quello stesso esercito usa i nostri soldi per invadere un Paese, l’Ucraina, resa strategica anche dalla presenza dei gasdotti.
Fact checking
Aria condizionata o pace? I fatti dietro alle parole di Draghi
di Laura Loguercio (Pagella Politica)
Basterebbero queste due considerazioni per mettere in discussione la nostra dipendenza dai combustibili fossili che hanno causato o alimentato buona parte delle guerre recenti, dall’Iraq alla Siria. Ma il governo, sordo al buon senso ma attentissimo ai suggerimenti delle grandi aziende petrolifere, ha deciso di sanzionare Putin non rinunciando al gas, ma comprandolo da altri fornitori. Da un dittatore europeo ad altri africani o arabi, cambiamo pusher ma non la nostra dipendenza.
Il tutto nelle settimane in cui il nuovo report Ipcc ricorda quanto urgente sia l’abbandono dei fossili. E dire che non saremmo in questa situazione, se negli ultimi dieci anni non avessimo sistematicamente continuato a investire sul gas invece delle rinnovabili. E dire che esiste l’alternativa, se anche ora gli esperti spiegano come si possa ridurre drasticamente la dipendenza da Mosca con sblocco delle rinnovabili, efficienza, riduzione dei consumi.
Il punto non è scegliere tra condizionatore e pace. Non è costringendo le fasce più deboli della popolazione a rinunciare a beni essenziali che si fa risparmio energetico, e non è certo il moralismo dei piccoli gesti che fermerà la guerra. Il punto è avere il coraggio di sganciarsi da un sistema fossile inefficiente e pericoloso, che ci costringe a dipendere dall’estero, regalando soldi a dittatori – che non ci piacciono nemmeno se vicini alla Nato – e, en passant, rendendo sempre meno abitabile questo Pianeta. Un coraggio che è dei veri leader, ma evidentemente non di chi ci governa.