Ginkgo biloba, albero primitivo quasi estinto in natura, il Covid e una serie di carnivori notturni che nelle tenebre si nutrono di carcasse e marciumi di vario genere. Piante, animali e virus sono coinvolti in prima linea nella diffusione delle malattie. È un circolo antico, che risale a un periodo remoto nella storia dell’evoluzione. Un buco nero che poi emerge, in tutta la sua violenza, con le pandemie umane.

È nella dieta disgustosa di alcuni mammiferi elusivi delle foreste dell’estremo Oriente che oggi viene ricercata l’origine dello spillover, il salto di specie dagli animali agli umani di virus come la SARS e il Covid-19. Una delle portate principali di questi menù sono i semi di Ginkgo o meglio l’involucro carnoso e maleodorante in cui sono avvolti. In termini botanici si chiama sarcotesta ed è un contorno rivoltante per la maggior parte degli animali ma pietanza ricercata per questi mammiferi che poi rilasciano il seme con le feci contribuendo così alla propagazione della specie. Questo menù esclusivo, perché destinato a pochi, nel corso di milioni di anni avrebbe trasformato questi animali in ordigni biologici a orologeria.

Una tesi affascinante, che invita ad altre domande, proposta sull’ultimo numero della rivista scientifica internazionale Plants, People, Planet da Peter Del Tredici, decano dell’arboreto della Harvard University e uno dei maggiori conoscitori di questo albero leggendario. Gli imputati dello spillover, oltre al Ginkgo, sarebbero la civetta mascherata della palme (Paguma larvata), lontana parente dello zibetto, e il procione asiatico (Nyctereutes procyonoides). Entrambi gli animali sono allevati in Cina sia per la pelliccia che per il consumo di carne ed erano un piatto forte dei wet market, dove si vendevano animali vivi e dove si ritiene sia avvenuto il salto di specie del Covid.

Nel 2003 la civetta è stata identificata come ospite intermedio per la trasmissione della SARS mentre il procione è considerato uno tra i possibili vettori animali della diffusione del Covid agli esseri umani nel 2019. In realtà, almeno per il Covid, non è mai stata chiarita del tutto l’origine animale del virus e non è stata ancora esclusa del tutto l’ipotesi della fuga di laboratorio dal Wuhan Institute of Virology, a poco più di dieci chilometri di distanza dal mercato epicentro della pandemia.

Il consumo della sarcotesta dei semi di Ginkgo avrebbe trasmesso questo imprinting epidemico alla civetta e al procione: sono come spugne che assorbono e altri patogeni per trasmetterli poi ad altre specie senza pagare pegno, ovvero rimanendo del tutto indifferenti all’infezione.

“Le ultime analisi genetiche su questi due animali hanno dimostrato che il sistema immunitario che consente a questi animali di comportarsi in maniera opportunistica in materia di alimentazione, e disperdere i semi di Ginkgo, sembra averli predisposti anche alla diffusione dei virus. – conclude il botanico statunitense – Anche se la ricerca futura dimostrerà che i procioni non sono stati coinvolti nella diffusione del Covid agli esseri umani, gli adattamenti genetici del loro sistema immunitario stimolati dal consumo di semi di Gingko lo rendono efficace nella diffusione di numerose altre patologie”.

I semi di Ginkgo biloba, al pari di quelli di altre piante primitive come alcune specie di Cycas, sono protetti da un involucro carnoso. “Nel corso dei suoi 170 milioni di anni di evoluzione, il genere Ginkgo ha dimostrato notevoli capacità di adattamento alle condizioni ambientali a partire dalla forma e dalle dimensioni dei suoi semi destinati ad attirare prima dinosauri poi uccelli e mammiferi primitivi. – aggiunge il botanico statunitense – E la sarcotesta, questo rivestimento dei semi con un odore che ricorda il vomito umano, è con ogni probabilità il risultato di una strategia per ingolosire spazzini onnivori e notturni imitando l’odore delle carogne”. Senza calcolarne però le conseguenze.