Basta estrazioni. Se vogliamo mantenere il riscaldamento globale sotto il grado e mezzo raccomandato dagli esperti per limitare i danni del cambiamento climatico, petrolio, gas e carbone non devono essere toccati.

Sembra una prospettiva grigia, ma secondo i ricercatori dell’University College di Londra (Ucl) necessaria e basata su un’attenta analisi della domanda e dell’offerta di energia globale. Come riportano nel loro ultimo studio pubblicato su Nature, per avere anche solo il 50% di possibilità di soddisfare i limiti imposti dall’accordo di Parigi sul clima del 2015, il 60% dei giacimenti di petrolio e gas e il 90% delle riserve di carbone devono restare lì dove si trovano, sotto terra. E pensare che solo nel 2015 queste stime erano notevolmente più permissive.

Per i ricercatori la produzione di combustibili doveva aver già raggiunto il suo apice nel 2020 e iniziare una discesa costante del 3% ogni anno fino al 2050. Ma nonostante il rallentamento ottenuto nel 2020 a causa della pandemia di Covid, la produzione è tornata a salire.

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Se volessimo davvero raggiungere l’obiettivo Stati Uniti, Russia ed ex stati sovietici, che insieme hanno la metà delle riserve globali di carbone, dovrebbero lasciarne il 97% nel sottosuolo, l’Australia il 95%, mentre Cina e India il 76%. Per quanto riguarda il petrolio invece, gli Stati del Medio Oriente detengono più della metà dei giacimenti mondiali e dovrebbero estrarne solo un terzo. Oltre ovviamente a dire addio al fracking o alle estrazioni nell’Artico.

Molti Stati dovrebbero raggiungere il picco produttivo ora o al massimo nel prossimo decennio. Ma questi obiettivi sono molto lontani se si considerano le politiche energetiche in atto al momento, con molti progetti di estrazione in funzione e già pianificati. Senza contare che Paesi come l’Arabia Saudita o la Nigeria dovrebbero rivoluzionare le loro economie che si basano pesantemente sull’estrazione per sopravvivere. “La situazione è assolutamente disperata”, afferma il professor Paul Ekins dell’Ucl, uno dei membri del team di ricerca. “Non siamo affatto vicini all’obiettivo di Parigi in termini di combustibili fossili che le persone hanno intenzione di produrre”.

La ricerca ha messo insieme i dati di energia necessaria per arrivare al 2100 con il limite di emissioni che possiamo produrre, tenendo in considerazione anche il costo, in CO2, dell’estrazione e del trasporto. I risultati ottenuti dalla simulazione potrebbero essere addirittura sottostimati, sostengono i ricercatori. Lasciando poco spazio a dubbi sul cosa si debba fare. Ma come? Una risposta sono certamente gli investimenti in infrastrutture green e sostenibili per la produzione di energia verde. “Sappiamo – conclude il professor Ekins – che queste tecnologie possono essere implementate su larga scala molto rapidamente, quando vengono messi in atto i meccanismi politici per farlo”.