A partire da marzo 2023 i televisori top di gamma di Samsung, LG e altri marchi potrebbero scomparire dai negozi a causa delle norme energetiche comunitarie. Per top di gamma si intendono i modelli all’avanguardia con tecnologie Oled 8K (7.680 x 4.320 pixel), microLed e alcune linee 4K (3.840 x 2.160 pixel) di grandi dimensioni. In pratica sono a rischio le smart tv di ultimissima generazione che hanno una risoluzione doppia rispetto al 4K, quelle che tecnologicamente dovrebbero sfidare la tecnologia Oled e i classici pannelli di fascia alta di grandi dimensioni. In realtà la direttiva si applica anche a monitor e pannelli segnaletici digitali, ma queste categorie non sono a rischio.
Tutto ha avuto inizio nel 2021 quando l’Unione Europa, dando seguito a una nuova direttiva, ha introdotto una serie di restrizioni sui consumi energetici degli elettrodomestici, televisori inclusi. Com’è risaputo sono state rinnovate le etichette e molti prodotti che prima stazionavano in classe A+ o superiore sono diventati F o G. In effetti con la profusione di “più” stava diventando complicato comprendere chi facesse meglio degli altri.
Da allora però l’industria della tv ha goduto di una sorta di periodo di sospensione poiché i modelli con risoluzione superiore al 4K e quelli con tecnologia microLed sono stati esentati dal rigore previsto per gli altri. Comprensibile dato che ai tempi erano ancora lontani da una commercializzazione diffusa. Un dettaglio importante è che per determinare i parametri applicati ai pannelli Hd e 4K sono stati applicati validi metodi scientifici e statistici, mentre per le nuove generazioni non è stato possibile dato che l’analisi è avvenuta tra il 2012 e il 2017, almeno secondo le associazioni di categoria. Ad ogni modo adesso negozi di elettronica di consumo ed ecommerce iniziano a offrire queste tipologie di prodotto e quindi la preoccupazione dei vari marchi è legittima.
Tutta “colpa” dell’Indice di Efficienza Energetica
Il nodo è che da marzo il limite massimo dell’Indice di Efficienza Energetica – che si impiega per definire le classi di consumo – non farà più distinzioni fra tecnologie tv diverse o caratteristiche, e imporrà soglie limite più restrittive. Marek Maciejewski, Product Development Director di TCL Europe, durante l’IFA 2022, è stato lapidario con la testata di settore FlatpanelsHD: “Se succede, niente più 8K”. Samsung è stata più possibilista al riguardo, ma l’Associazione 8K ha ammesso che “i limiti di consumo energetico sui televisori 8K (e sui display basati su microLed) sono così bassi che essenzialmente nessuno di questi dispositivi passerà”.
Entrando nel vivo dei numeri l’elemento caratterizzante è il numero di pixel che compone il pannello e la potenza assorbita durante la riproduzione di contenuti (non-HDR). In base a un indice (EEImax) prestabilito – era di 1,10 e diventerà di 0,90 – un 40 pollici non dovrebbe superare i 48 Watt di potenza, mentre un 48 pollici i 66 Watt, un 55 pollici gli 84 Watt e così via fino ad arrivare agli 88 pollici che non dovrebbero superare i 178 Watt. Secondo gli esperti ne soffriranno quindi gli 8K, sia Lcd che Oled, mentre per i 4K potrebbero emergere criticità solo per alcuni Lcd di fascia molto alta, dotati di tecnologia local-dimming – una tecnologia di pilotaggio della retro-illuminazione che consente di dividere lo schermo in aree diverse.
Al netto delle considerazioni tecniche è sufficiente accedere a qualsiasi sito ufficiale e scorrere i prodotti Oled 8K a listino per capire che i consumi sono nettamente superiori rispetto ai limiti. Ad esempio il noto Neo Qled 8K 65 pollici di Samsung è accreditato di 255 Watt, contro la prescrizione Ue 2023 che prevederebbe come soglia massima 112 Watt. Lo stesso varrebbe per LG Qned 8K da 86 pollici e altri prodotti che superano abbondantemente i 200 Watt, ma dovrebbero limitarsi nella peggiore delle ipotesi a 178 Watt.
C’è ancora tempo per correggere la rotta
L’unico spiraglio normativo è rappresentato dalla possibilità che la Commissione Ue intervenga entro il 25 dicembre 2022 (come da regolamento) magari correggendo le soglie o prevedendo nuovamente eccezioni, ma per ora non c’è nulla al riguardo in agenda. L’industria pensa che sia possibile trovare un compromesso, anche perché sarebbe la prima volta che una limitazione di questo tipo colpisce un’avanguardia di carattere commerciale. Infatti, un conto è escludere prodotti vecchi, ben altro limitare l’ingresso sul mercato di dispositivi che hanno richiesto investimenti per la ricerca e lo sviluppo. Senza dimenticare che in effetti 8K e microLed rappresentano davvero la nuova frontiera.
È pur vero che la sensibilità nei confronti dei consumi energetici è cambiata sia per questioni di responsabilità ambientale che per motivi economici. E poi rimane un dettaglio importante sulle misurazioni energetiche: avvengono con il settaggio di fabbrica, non con quello personalizzato che eventualmente potrebbe usare il consumatore dopo che ha montato la tv. Insomma, la limitazione potrebbe essere aggirata abbassando i consumi del profilo di base.
Non meno importante il fatto che nei laboratori di certificazione Ue si prevede la riproduzione di contenuti standard e non quelli HDR, che sono diffusamente fruiti su tutte le piattaforme streaming come ad esempio Netflix. Se fosse prevista questa modalità – che corrisponde al reale impiego in presenza di una tv nuova – i consumi si alzerebbero ulteriormente poiché per ottenere appunto un’alta gamma dinamica (HDR) bisogna “estremizzare” i punti più luminosi e quelli più scuri e quindi fornire più energia.
C’è comunque un dato finale rilevato dalla Ue che dovrebbe far riflettere. Nel 2016 i televisori hanno consumato più del 3% dell’energia elettrica consumata nell’Unione Europea, ma le proiezioni indicano che includendo monitor e pannelli segnaletici digitali nel 2030 si dovrebbero raggiungere i 100 TWh/anno. Il nuovo regolamento dovrebbe consentire di portare la soglia totale a 39 TWh/anno. Un TWh corrisponde a un miliardo di kilowatt/ora.