La lince eurasiatica tornerà nelle Alpi Giulie italiane. Grazie alla reintroduzione di cinque individui chiamate a rinforzare un nucleo ridotto al lumicino ma fondamentale per il suo ruolo strategico come passerella (tecnicamente stepping stone) tra la popolazione delle Alpi Dinariche, nella regione balcanica occidentale, e quella delle Alpi occidentali.
Gli esemplari saranno rilasciati tra marzo e fine aprile in Friuli Venezia Giulia, nella foresta di Tarvisio, al confine con Austria e Slovenia, una tra le aree naturalistiche più preziose d’Italia, storicamente cruciale per la presenza della specie in Italia. Un intervento dei Carabinieri Forestali con il supporto del “Progetto Lince Italia”, del WWF e della Regione Friuli Venezia Giulia, che – dopo un confronto con le associazioni venatorie locali – rientra in una più ampia strategia per la salvaguardia della specie, il progetto “ULyCA2” (acronimo di “Urgent Lynx Conservation Action”), in sinergia con il più ampio progetto UE “LIFE Lynx”, che mira a prevenire l’estinzione della lince “nei Monti Dinarici e nelle Alpi Sud-Orientali con misure di rinforzo e conservazione”.
Gli esemplari rilasciati saranno catturati in queste settimane in Svizzera, Romania e Croazia, in quella che viene definita “una operazione internazionale complessa dal punto di vista organizzativo, logistico e tecnico-scientifico, che ha richiesto e richiede una ampia condivisione e partecipazione”. Saranno dotati di collari Gps e i loro spostamenti saranno monitorati con l’ausilio di fototrappole installate sul territorio.
La lince è il mammifero più raro d’Italia, costantemente sull’orlo dell’estinzione – qui come in Slovenia ed Austria – per una serie di concause, alcune di chiara origine antropica (bracconaggio in primis). Non marginale è però la scarsa fertilità, legata alla insufficiente diversità genetica dei pochi esemplari.
Già, ma quanti? Oggi sono circa 200 gli individui stimati nelle Alpi: la maggior parte vive nelle Alpi nord-occidentali in Svizzera e a cavallo con la Francia. In Italia si stima una presenza di appena due, al massimo tre individui stanziali, e qualche individuo erratico in area di confine nelle Alpi nord-occidentali. Una delle linci stanziali vive isolata nel Trentino, le altre nelle Alpi sud-orientali in Friuli, proprio nella foresta di Tarvisiano.
Perché conviene a tutti la rinascita della lince
E del resto la storia recente della lince, da queste parti, è decisamente tormentata: anche a causa della persecuzione diretta dell’uomo, il felino si era estinto nelle Alpi tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del ventesimo. Il suo ritorno, relativamente recente, è legato a progetti di reintroduzione effettuati a partire dagli anni ’70: prima in Svizzera, poi in Slovenia e in Austria, quindi – nel ’75 – in Val d’Aosta. Nuovi ripopolamenti sono stati progettati e disposti in anni più recenti, compreso quello del 2014 che ha portato al rilascio in Friuli Venezia Giulia di due individui di origine svizzera, proprio con una prima fase del progetto ULyCA. Ma la strada è evidentemente in salita.
Ecco perché l’imminente rilascio dei nuovi esemplari – un’attività che si inserisce nella Campagna ReNature del WWF, volta a invertire la perdita di specie e habitat – è oggi un tassello che può diventare decisivo per la rinascita della specie in Italia. Un obiettivo condiviso anche con i cacciatori: il progetto è sostenuto dall’UNCZA (Unione Nazionale Cacciatori Zona Alpi), c’è addirittura una cabina di regia con associazioni e federazioni venatorie, che collaborano alla conservazione della biodiversità.
“Si tratta senz’altro di una iniziativa importante, che percorre la strada virtuosa della ricostituzione della comunità animale tipica di queste montagne e lo fa senza commettere degli errori del passato, quando la scarsa variabilità genetica degli individui influì negativamente sul successo del ripopolamento”, sottolinea Stefano Filacorda, esperto di Conservazione e gestione sostenibile delle risorse animali e docente all’università degli Studi di Udine. “La lince è quel che si suol dire un top predator, ponendosi nei più alti livelli della catena trofica, e il successo di una sua reintroduzione avrebbe effetti positivi sulla biodiversità delle Alpi Giulie. Va tuttavia studiato il successo nel medio e nel lungo periodo: gli ecosistemi cambiano, ancor di più in tempi di climate change e fenomeni climatici estremi. Per fare un esempio, il declino delle popolazioni di capriolo, prede elettive delle linci, a vantaggio dei cervi potrebbe costringere gli esemplari reintrodotti a cercare nuovi equilibri. Ecco, io mi chiederei non tanto che effetto avrà la lince sui nostri ecosistemi, ma il contrario”.
Ma in Svezia via libera alla caccia
E mentre in Italia si prova a rafforzare la popolazione del felino, in Svezia tiene banco un’iniziativa di segno diametralmente opposto: il “via libera” del governo all’abbattimento di un totale di 201 linci nel mese di marzo, un numero significativamente più alto di quello degli ultimi anni e considerato “sproporzionato” dagli animalisti. Che ora chiedono all’Unione Europea di rivalersi nei confronti della Svezia per violazioni delle norme di tutela ambientale.
“Così si alimenta una caccia al trofeo”, denuncia al Guardian Magnus Orrebrant, volto simbolo di Svenska Rovdjursföreningen, un gruppo di difesa dei diritti degli animali che ha avviato nei giorni scorsi una petizione per fermare la caccia alle linci. In Svezia ci sarebbero 1450 esemplari, 300 in meno rispetto a dieci anni fa: troppi perché si mantenga un equilibrio, secondo Naturvårdsverket, l’agenzia per la protezione dell’ambiente, che ha individuato il numero ideale in 870 esemplari. Ma la direttiva Habitat dell’UE specifica come la caccia vada consentita per prevenire danni al bestiame o favorire la sicurezza pubblica. “E non sono condizioni che riguardano la nostra lince”, taglia corto Benny Gäfwert, esperto di predatori presso il Wwf.