Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ripete spesso un numero per promuovere la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina. Secondo il leader della Lega, una volta realizzata, l’infrastruttura sarà “l’opera più green” perché consentirà di eliminare “140 mila tonnellate di CO2” dall’aria. Salvini ha citato questa stima, tra le varie volte, il 4 aprile ospite dell’Associazione stampa estera a Roma, il 22 marzo ospite a Cinque minuti su Rai 1 e l’8 marzo partecipando a un evento sulla logistica a Verona.

 

Ma da dove viene il numero citato da Salvini? E quanto è affidabile? Abbiamo verificato: la dichiarazione del ministro delle Infrastrutture riporta una stima plausibile, ma omette alcuni dettagli importanti.

La fonte del dato

Quando parla delle “140 mila tonnellate di CO2” eliminate grazie al ponte sullo Stretto, Salvini non cita mai la fonte del dato. In un’occasione il ministro ha solo menzionato, in maniera vaga, “valutazioni di più di dieci anni fa, che quindi saranno sicuramente migliorate”.

Con tutta probabilità la stima di cui parla il leader della Lega è quella realizzata nel 2020 – dunque tre anni fa, e non dieci – dall’ingegnere Giovanni Mollica e rilanciata in questi anni da varie fonti stampa locali. Mollica è un membro del Rotary Club di Messina, della cui sezione locale è stato tesoriere, ed è tra i fondatori della Rete civica per le infrastrutture del Mezzogiorno, un’associazione che promuove da tempo la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina. “La nostra rete si batte affinché il ponte sia un’opera territoriale: non solo serve per unire Messina alle altre città del Paese, ma per far crescere il territorio, per esempio attraverso la partecipazione delle aziende locali alla costruzione dell’infrastruttura”, ha spiegato a Green&Blue Mollica, che ha confermato di aver incontrato lo stesso Salvini negli scorsi mesi e di avergli presentato i suoi calcoli.

 

Nel 2020 l’ingegnere, insieme al collega Antonino Musca, ha scritto un documento intitolato “Note sulle emissioni di sostanze nocive di navi e gommato nello Stretto di Messina”. Il testo non è pubblicamente disponibile, ma Green&Blue lo ha potuto consultare. Chiariamo subito che non si tratta né di uno studio scientifico, realizzato da ricercatori e sottoposto al controllo di altri scienziati (la cosiddetta peer review), né di una valutazione fatta da un’istituzione, come può essere lo stesso Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Detta altrimenti, il testo è un elaborato amatoriale. Gli stessi autori ne sono consapevoli, scrivendo nel documento che “le presenti Note non hanno la pretesa della scientificità, bensì mirano a fornire un contributo di sano buon senso e una valutazione di massima di un fenomeno fortemente nocivo”, ossia le emissioni di CO2 e di altre sostanze nocive tra la Sicilia e la Calabria.

In breve: i due autori hanno quantificato in “oltre 140 mila tonnellate annue le minori emissioni della sola anidride carbonica conseguenti alla costruzione del ponte” sullo Stretto. Per la precisione, secondo Mollica e Musca, il ponte eliminerebbe circa 149.700 tonnellate di CO2 dall’atmosfera e altre sostanze nocive, come gli ossidi di azoto e il particolato atmosferico. In che modo?

Come è stato calcolato il dato

I due autori hanno preso in considerazione i vari traghetti che in un anno trasportano passeggeri, auto e camion da un parte all’altra dello Stretto di Messina. Per calcolare le emissioni di CO2 dei traghetti i due ingegneri hanno basato le loro stime su due fattori: la potenza dei motori dei traghetti e le ore di navigazione.

 

Secondo Mollica e Musca le emissioni annuali di CO2 imputabili al traghettamento nello Stretto di Messina si aggirerebbero intorno alle 150 mila tonnellate. Una volta costruito il ponte, stimano gli autori nel documento, le emissioni prodotte dalle auto che attraverseranno la nuova infrastruttura saranno pari a circa 10 mila tonnellate di CO2 in un anno. La differenza tra questi due numeri è di circa 140 mila tonnellate di CO2, quelle che secondo Salvini sarebbero appunto eliminate grazie al ponte.

 

I numeri citati finora vanno presi con le pinze vista la complessità della materia. “Esistono due approcci per quantificare le emissioni delle navi. Uno è il metodo bottom-up, che si basa su fattori come la potenza dei motori (principali e ausiliari) installati e la velocità di navigazione. L’altro approccio è quello top-down, che si basa sui consumi di carburante delle navi, convertendoli poi in emissioni”, ha spiegato a Green&Blue Gianandrea Mannarini, ricercatore della Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc), autore di vari articoli scientifici sulle emissioni del trasporto marittimo. “Il primo metodo è utilizzato spesso ma, per evitare di arrivare a risultati poco accurati, bisogna avere informazioni anche sulla prestazione e l’attività effettiva del traghetto. Per il secondo metodo è pubblicamente disponibile, per le navi che toccano i porti europei e superano le 5mila tonnellate di stazza lorda, un inventario con le emissioni di CO2 aggregate su base annua”, ha aggiunto Mannarini.

 

L’inventario si chiama THETIS-MRV ed è curato dall’Agenzia europea per la sicurezza marittima (Emsa). Qui è possibile trovare le emissioni annue di alcuni tra i traghetti più grandi, come Elio, Cartour Delta ed Epsilon, che coprono o in passato hanno coperto il tratto di mare tra Reggio Calabria e Messina. Per queste navi l’ordine di grandezza delle emissioni annue complessive di CO2, stimate con un metodo top-down e aggiornate al 2021, è vicino a quanto calcolato dagli ingegneri Mollica e Musca, utilizzando il metodo bottom-up.

Anche prendendo per buoni i calcoli citati da Salvini, questo non significa che il ragionamento del leader della Lega sia completo. La stima delle 140 mila tonnellate di CO2 “eliminate” grazie al ponte sullo Stretto è infatti parziale per almeno due motivi.

Che cosa non dice il dato di Salvini

Il primo motivo riguarda, per così dire, un’omissione: nei calcoli citati dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti non sono mai menzionate le emissioni di CO2 che sarebbero prodotte con la costruzione del ponte sullo Stretto. Si pensi per esempio alle emissioni per la produzione dell’acciaio e del cemento necessario a realizzare l’opera, oppure causate dal traffico di mezzi pesanti per il cantiere.

 

Il progetto esecutivo dell’opera ancora non c’è, ma il governo ha annunciato che vuole ripartire dal progetto presentato anni fa dal consorzio Eurolink, un gruppo di aziende guidate dalla multinazionale italiana delle costruzioni Salini-Impregilo, oggi rinominata Webuild. Stiamo parlando di un ponte lungo più di 3 chilometri, dove passeranno anche i treni, retto da migliaia di cavi e da piloni alti fino a 400 metri.

 

Sulla quantità di queste emissioni si può fare un calcolo spannometrico. Sul suo sito ufficiale Webuild scrive che per la costruzione del ponte serviranno circa 400 mila tonnellate di acciaio. Secondo la World Steel Association, una delle principali associazioni al mondo di produttori di acciaio, durante la produzione di una singola tonnellata di acciaio sono emesse in media quasi 2 tonnellate di CO2 nell’atmosfera. Questo significherebbe che con la produzione dell’acciaio necessario per il ponte sullo Stretto si emetterebbero, a grandi linee, intorno alle 800 mila tonnellate di CO2. Secondo Webuild serviranno anche 1,5 milioni di tonnellate di cemento per la costruzione del ponte sullo Stretto. In base alle stime dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), la produzione di una tonnellata di cemento emette in media mezza tonnellata di CO2. In questo caso si possono stimare a spanne oltre 700 mila tonnellate di CO2 per la produzione del cemento necessario per il ponte. Sommando le emissioni di CO2 per la produzione dell’acciaio e del cemento, dunque, si ottengono circa 1,5 milioni di tonnellate di CO2, una cifra pari a dieci volte le circa 150 mila tonnellate stimate per il traffico dei traghetti in un anno.  

 

Senza entrare nel dibattito tra favorevoli e contrari al ponte, è innegabile dunque che la costruzione di un’infrastruttura di questo tipo avrà un impatto ambientale non trascurabile. Sarebbe necessario condurre una “valutazione dell’impatto del ciclo di vita” (in inglese life cycle assessment, Lca) del ponte per quantificare quante emissioni produrrebbe lungo tutto il suo arco di utilizzo, a partire dalla produzione dei materiali e dai cantieri, e quante eliminerebbe. Ma a oggi uno studio Lca completo di questo tipo non c’è.

 

Il secondo limite della stima citata da Salvini riguarda le ipotesi fatte dai due autori sul trasporto automobilistico. “Nel documento si suppone che il 90 per cento circa del futuro traffico del ponte arriverà dall’autostrada e non dal traffico locale. Ma è difficile pensare che il ponte sarà usato quasi esclusivamente dai passeggeri di lunga percorrenza”, ha sottolineato a Green&Blue Paolo Beria, professore di Economia e Pianificazione dei trasporti al Politecnico di Milano. Secondo una relazione pubblicata nel 2021 dall’allora Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili (Mims), circa il 30% dei circa 10 milioni di passeggeri che ogni anno attraversano lo Stretto sono pendolari, per motivi di studio o di lavoro, ossia passeggeri di breve percorrenza. “Non si prende poi in considerazione l’ipotesi che il nuovo ponte genererà traffico automobilistico aggiuntivo rispetto a quello che c’è già oggi”, ha aggiunto Beria. “Un’eventuale analisi costi-benefici dell’infrastruttura, che al momento non esiste, considererebbe come un beneficio dell’opera l’aumento della mobilità. Ma allo stesso tempo un maggior numero di auto sarebbe un costo da un punto di vista ambientale, a causa dell’aumento delle emissioni“.

 

I due autori della stima citata da Salvini basano inoltre i loro calcoli su uno scenario in cui il traffico sui traghetti sarà completamente sostituito da quello sul nuovo ponte. Ma questo non è per nulla scontato, come ha confermato lo stesso Mollica a Green&Blue: una volta che sarà costruito il ponte alcuni viaggiatori potrebbero comunque continuare a utilizzare i traghetti perché più convenienti, per esempio in termini di tragitto (il progetto da cui è ripartito il governo non collegherà direttamente Reggio Calabria e Messina) o di costi. Al momento, tra le altre cose, non si sa se il ponte avrà un pedaggio e quanto sarà alto. Detta altrimenti, una parte delle 140 mila tonnellate di CO2 stimate per i traghetti continuerà molto probabilmente a essere prodotta.