Così a sud non lo si vedeva da secoli. Sul fiume Volturno, ai confini tra Campania e Molise: alberi rosicchiati e una fugace osservazione notturna grazie a una fototrappola. Pochi dubbi, il castoro è (anche) qui.  Con almeno un nucleo riproduttivo. Quanto basta per alimentare il ‘giallo’ della sua diffusione in Italia. Che non sembra essere frutto della naturale espansione della specie, quanto – piuttosto – di singoli rilasci in natura. Rigorosamente illegali. Già, ma di chi? E perché?  E soprattutto: con quali potenziali ricadute sugli habitat?

Il dibattito torna attuale dopo la segnalazione dell’associazione “Amici del Volturno e dei suoi affluenti” ed “Ardea”, che ha aggiunto un nuovo nucleo a quelli già segnalati in giro per l’Italia. Oggi, dunque, i castori vivono anche qui, oltre che sul fiume Aterno, in Abruzzo, e sull’Ombrone, tra le province di Siena e Grosseto, e ancora nel tratto toscano del Tevere, tra Arezzo e Perugia, segnalati tra i comuni di Città di Castello, Montone e Promano. Nuclei sparuti, per un totale di circa 50 individui, comparsi a una distanza troppo considerevole da Friuli-Venezia Giulia e Alto Adige, dove dal 2018 – in particolare nella foresta di Tarvisio e in Val Pusteria – vivono invece alcuni esemplari, arrivati – loro sì, senza dubbio –  naturalmente dall’Austria. Segnando lo storico ritorno di una specie protetta, il più grande roditore d’Europa, in un Paese dove era scomparso da circa 500 anni, complice la caccia massiva dell’uomo, per la pelliccia, la carne e per l’olio prodotto dalle sue ghiandole perianali.

“Gli animali segnalati in Toscana e in Umbria si trovano a quasi 400 km, seguendo un percorso il più lineare possibile sulla terraferma, dagli animali osservati nell’Italia orientale – spiega Andrea Monaco, che per ISPRA si occupa prevalentemente di animali “problematici” e del loro rapporto con l’uomo – Praticamente impossibile che vi siano arrivati in dispersione, senza lasciare tracce intermedie. Del resto i castori sono animali che lasciano un segno del loro passaggio e la completa assenza di evidenze permette di escludere l’esistenza di popolazioni di castoro nelle zone intermedie tra l’areale di presenza dovuto all’espansione naturale della specie (Francia, Svizzera e Austria, per l’Italia Tarvisio e Val Pusteria) e quello nell’Italia centrale e, ora, meridionale. Né ci sembra ipotizzabile che siano animali fuoriusciti da allevamenti privati o zoo”.

“Con ogni probabilità si tratta di rilasci non ufficiali, perché siamo molto lontani dalle aree di presenza della specie”, conferma il naturalista Emiliano Mori, dell’Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri (IRET) del CNR.

Rewilding come filosofia o fanatismo?

Già, ma da dove arrivano i castori che compaiono, a macchia di leopardo, sui fiumi dell’Appenino? “È possibile che gli esemplari provengano da qualche struttura straniera che li deteneva in cattività e che siano stati trasportati e introdotti ispirandosi al concetto di rewilding, un approccio controverso al ripristino della biodiversità, che da qualche anno si sta diffondendo soprattutto in Europa e che punta a ricostruire gli ambienti naturali com’erano prima delle trasformazioni dell’uomo”, spiega Monaco. Azioni del genere sono state registrate, per esempio, in Spagna e in Belgio.

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“Ma si tratta di un’azione di introduzione del tutto illegale e non programmata, fatta ignorando non solo le leggi ma le buone pratiche della conservazione della natura”, aggiunge. La condanna è giunta dall’Associazione Teriologica Italiana (ATIt), che riunisce gli zoologi esperti di mammiferi e della necessità di una loro rimozione, con riferimento al Tevere,  ha di recente parlato il sottosegretario all’Ambiente Claudio Barbaro, che ha risposto a un’interrogazione alla Camera del parlamentare Marco Simiani del Pd.

Sul tema è molto netta la posizione di Nicola Bressi, naturalista e zoologo dell’European Pond Conservation Network. “Non abbiamo le prove ma non ci sono dubbi che i castori che osserviamo nell’Italia centro-meridionale non siano né nativi di queste aree, e dunque rimasti qui per secoli senza essere notati, né il frutto di un’espansione dal Nord-Est, ma che piuttosto siano il frutto di incauti rilasci, illegali, di uno o più movimenti legati a Rewild Europe, organizzazione nata con l’obiettivo di rinselvatichire il mondo, riportandolo alle sue condizioni originarie. E rilasciare animali in natura è sbagliato, a prescindere dai danni agli ecosistemi. Il fatto stesso che i castori non si acquistino su Amazon, e che gli individui osservati popolino ambienti perfettamente compatibili, dimostra quanto si tratti di azioni di rilascio contraddistinte da una forte ideologia di fondo”.

CASTORI CAMPANI E MOLISANI

I diffusori illegali di castori hanno lavorato veramente in grande.

Stanno spuntando castori lungo tutto l’Appennino.

Dopo Toscana, Umbria e Lazio: eccoli sul Volturno, tra Campania e Molise.

Tutto ciò è surreale.https://t.co/ue1PuxFX8E

— Nicola Bressi (@Nicola_Bressi) March 30, 2023

Chi li rilascia ha dunque un forte spirito di iniziativa, ma anche molta competenza. “E a chi sottolinea che i castori hanno, in passato, popolato queste aree rispondo sottolineando come l’antropizzazione e le colture ad essa legate abbiano profondamente modificato la morfologia: dunque una eventuale reintroduzione qui andrebbe pianificata e studiata, non certo azzardata. – aggiunge Bressi – si crea peraltro un pericoloso precedente in un Paese che ha già assistito al proliferare in natura di procioni, genette, scoiattoli grigi e parrocchetti, a partire dalla incauta liberazione di privati”.

W il castoro, purché ci arrivi da solo

“Bisogna ispirarsi ai modelli che funzionano: in Germania, per esempio, si parte da uno studio dell’habitat in cui viene osservato il castoro. Laddove la sua presenza non interferisce con le attività dell’uomo, e viceversa, lo si lascia vivere. Altrimenti, è il caso di prelevarlo, trasferendolo altrove”. Ma il punto, spesso, è che i decisori sono assenti. O, il più delle volte, distratte. “Il mancato intervento delle Regioni, più volte sollecitate ad agire dal Ministero Ambiente e dall’ISPRA, e l’atteggiamento accondiscendente, perfino benevolo, di parte della stampa e del mondo ambientalista, e anche di qualche ricercatore, ha creato un pericoloso clima di legittimazione diffusa che speriamo non stimoli qualcuno all’emulazione e lo induca a spargere per il resto d’Italia qualche altra specie senza un minimo di pianificazione e in modo del tutto illegale”, conferma Monaco. E in effetti spesso il ritorno del castoro è interpretato come una buona notizia per la biodiversità italiana.

“Chiariamo subito che il rilascio dei castori in centro Italia rappresenta un pericoloso precedente, perché potrebbe incentivare rilasci non autorizzati analoghi a quelli che accadono spesso con le specie cacciabili e con la pesca. – spiega Emiliano Mori – Questo evento merita di essere condannato. Di fatto, però, i rilievi fatti in maniera intensiva nell’ultimo biennio non hanno mostrato alcun impatto negativo legato alla presenza del castoro, anzi hanno provato moltissimi effetti benefici da parte di questa specie”. 

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Dunque vanno lasciati liberi di proliferare?  “Di fatto, non esiste una posizione ufficiale del CNR, e mi rimetto alle decisioni di chi si occupa di gestione. Certo, vista la povertà di fondi sulla gestione della fauna mi concentrerei sulle specie invasive che impattano più gravemente sulla biodiversità. Per esempio, lo scoiattolo grigio in Piemonte e Veneto, il procione in Toscana, la nutria in tutta Italia. Non ci dimentichiamo, fra l’altro, che il castoro in Italia è una specie autoctona”. Di più: il mammifero può certo causare effetti positivi, tra i quali la stabilizzazione dei flussi d’acqua e la creazione di nuove zone umide, “che aumentano la diversità degli habitat e possono incrementare la biodiversità animale e vegetale”, come pure ammette Monaco.

I rilievi sul Volturno con le tracce del passaggio di castori
I rilievi sul Volturno con le tracce del passaggio di castori 

“Ma da buon ingegnere ecosistemico, il castoro è in grado anche di distruggere i precedenti equilibri di biodiversità, grazie alle sue capacità di generare trasformazioni profonde sul paesaggio con la costruzione delle dighe e la sua attività alimentare, condotta principalmente su piante legnose, in particolare salici e pioppi, che abbatte rosicchiandoli alla base. Ecco, a noi farebbe piacere osservare dinamiche espansive del castoro su scala nazionale e ancor di più sostenere possibili interventi di reintroduzioni, purché con il giusto approccio metodologico. Ma prioritario è oggi, anziché star qui ad aspettare, procedere per una rimozione dei nuclei di castori e analizzarli geneticamente per valutare con quali popolazioni europee siano più affini. Poi, in un secondo momento, si potranno valutare le opzioni gestionali più idonee”.

“Quel che è certo – annota Bressi – è che questi nuclei vanno seguiti e studiati con attenzione, senza prendere decisioni avventati. Hanno ritmi di riproduzione lenti e non sono né sguscianti come scoiattoli americani né volano come pappagalli alieni: se faranno danni si toglieranno o si ridurranno senza grandi difficoltà. Del resto, non li abbiamo forse già estinti molto facilmente?”.