Perché parlare di clima quando siamo travolti da emergenze di tutti i tipi? Viviamo un tempo di precarietà: la difficile ripresa post-pandemica, la guerra, la scarsità di gas sono tutti elementi che ci inducono a pensare che il cambiamento climatico sia un problema da affrontare quando “staremo meglio”. E anche gli eventi estremi degli ultimi mesi – ondate di calore, siccità, piogge violente – vengono vissuti spesso come emergenze temporanee e non come una tendenza continua e ben visibile nei dati climatici che abbiamo a disposizione, ma ormai percepibile da tutti, se solo ci si volta indietro a ricordare e riflettere.
La realtà è che viviamo in un mondo complesso e globalizzato, dove tutto è connesso, e noi agiamo ancora come se avessimo a che fare con un sistema semplice, dove ad un’azione corrisponde una singola reazione e tutto finisce lì. Invece le nostre azioni spesso innescano catene di reazioni che alla fine – con l’ultimo anello della catena – ci “tornano addosso”, facendoci del male. Così si creano le emergenze, i baratri da cui tentiamo disperatamente di uscire con interventi tampone. In tale situazione non si può pensare di risolvere la singola emergenza senza considerare il contesto in cui nasce, perché sarebbe molto pericoloso: si tappa un buco qui ed ora, si apre una voragine domani da qualche altra parte. E il contesto fondante della nostra civiltà è costituito dalla Terra che ci ospita e ci fornisce le basi territoriali ed ecosistemiche per vivere e svilupparci. Ecco perché risolvere la crisi climatica (che rappresenta la cartina di tornasole di un nostro rapporto non corretto con la natura) è l’elemento necessario per la soluzione di tutte le emergenze che ci attanagliano.
Ma c’è di più. Non affrontare la crisi climatica significa dover rincorrere le emergenze, prima meteo-climatiche e poi di altra origine, ma comunque legate alle risorse della Terra. Significa non poter scegliere di costruire un futuro consapevole, perché saremmo costretti sempre più a destinare le nostre risorse, private e pubbliche, alla mera gestione emergenziale della crisi, con interventi tampone. Invece, occorre una visione sistemica e dobbiamo prevenire anziché curare. La crisi climatica, dunque, diventa un problema anche per la nostra democrazia. Ognuno di noi ha le sue idee sul futuro del paese. Ma lo spazio di libertà per costruire il proprio auspicato futuro viene ristretto enormemente dalla crisi climatica che, se non affrontata correttamente, porta a disperdere le risorse nei mille rivoli dei forzati interventi emergenziali e le sottrae allo sviluppo della società. Potrebbe essere il clima a decidere per noi il nostro avvenire.
E allora “Scegliamo il futuro”: questa è l’iniziativa che come scienziati del clima e dell’ambiente del comitato “La Scienza al Voto” proponiamo alle forze politiche. Non subiamolo e rincorriamolo, ma scegliamolo liberamente e democraticamente, affrontando seriamente la crisi climatica. Noi scienziati possiamo mettere a disposizione la nostra esperienza di analisi dei sistemi complessi come il clima, per giungere a soluzioni scientificamente fondate che non si limitino alla gestione delle emergenze, ma affrontino i problemi nella loro natura sistemica. Per darci la possibilità di collaborare all’impresa epocale della lotta alla crisi climatica, abbiamo invitato le forze politiche ad un incontro il prossimo 19 settembre a Roma, nella sede del CNEL, per discutere di questo tema e dove proporremo l’istituzione di un organismo scientifico di consulenza su clima e ambiente per Governo e Parlamento, rappresentativo della migliore scienza nazionale.
*(L’autore è Fisico del clima CNR e coordinatore del comitato scientifico “La Scienza al Voto”)