Quanto rapidamente invecchiano gli animali – incluso l’essere umano – può dipendere da alcune peculiarità fisiche e in parte anche dall’ambiente e dal clima. Per alcune specie, per esempio, le temperature elevate potrebbero velocizzare il processo fisiologico legato all’invecchiamento. Lo mostra una ricerca internazionale condotta da 114 scienziati, che hanno esaminato l’età biologica dei tessuti e la longevità di numerose specie di anfibi, rettili e mammiferi. Il lavoro, cui ha preso parte anche un team del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), rappresenta la più vasta indagine di questo genere svolta su anfibi e rettili. I risultati sono pubblicati in due studi su Science.

L’invecchiamento non è uguale per tutti

I ricercatori hanno preso in considerazione diversi anfibi e rettili, come tartarughe, serpenti e coccodrilli, e alcuni primati, fra cui anche l’essere umano, monitorando per anni alcuni di questi. Gli autori hanno studiato i tassi di invecchiamento, misurati attraverso specifici parametri fisiologici, quali il grado dei danni ai tessuti. L’altro elemento considerato era la durata della vita degli animali.

 

“Solitamente”, spiega Emiliano Mori, coautore dell’Istituto di ricerca sugli Ecosistemi terrestri del Cnr, “specie di dimensioni simili presentano un andamento dell’invecchiamento e una longevità paragonabile”. Ma ci sono delle eccezioni, legate a determinate peculiarità. “Fra i rettili abbiamo esaminato il caso delle tartarughe”, aggiunge Mori. “Queste invecchiano più lentamente grazie alla presenza dei gusci duri, che le proteggono dagli attacchi esterni, e a una vita particolarmente tranquilla“, con un metabolismo piuttosto lento.

 

Nella classe degli anfibi sono le salamandre ad avere la meglio. “In alcune, specifiche cellule consentono di rigenerare organi persi”, racconta l’esperto, “ad esempio le zampe. Questa particolarità può rallentare l’invecchiamento e aumentare la longevità”.

Le testuggini sono più giovanili

Un dato interessante, poi, riguarda proprio noi. Da uno dei due studi, infatti, è emerso che all’interno di un gruppo di 52 specie di testuggini, ben l’80% invecchia più lentamente rispetto agli esseri umani. “Si tratta di un elemento nuovo – commenta Mori – . Il dato è emerso dal confronto con questi animali, finora non esplorato da questo punto di vista”. Analizzare come e perché tartarughe e testuggini restano più a lungo “giovani” può essere utile, secondo il ricercatore, per comprendere meglio da cosa è guidata nel tempo l’evoluzione dell’invecchiamento.

Se il caldo fa invecchiare prima

Le ricerche mettono in evidenza che alcune caratteristiche dell’ambiente e del clima possono avere un peso rilevante sui danni ai tessuti. “In alcune specie climi più caldi potrebbero accelerare il processo di invecchiamento”, sottolinea il ricercatore Cnr. “Le alte temperature, infatti, possono favorire la comparsa di alterazioni a livello delle cellule – senza però avere un grosso impatto sulla longevità intesa come attesa di vita”.

Ma questo non vale sempre e per tutti. “Lo abbiamo osservato nei rettili”, precisa Mori, “ma non negli anfibi: in questi animali sembra verificarsi l’effetto opposto, con i climi caldi che rallenterebbero il deterioramento”. Una prima ipotesi dei ricercatori riguarda il fatto che, dato che gli anfibi vivono principalmente in ambienti acquatici, acque più fredde potrebbero favorire un maggiore stress e dunque non apportare benefici.

 

Il legame con l’ambiente è sicuramente da approfondire, soprattutto nell’attuale scenario dei cambiamenti climatici. “Sarà importante – chiarisce Mori – studiare meglio in che modo i processi fisiologici legati all’invecchiamento nei vari animali possono essere influenzati dall’aumento delle temperature. Questo tipo di indagine potrà aiutare a identificare metodi per la tutela delle specie più esposte e non solo”.