Pesci alieni nel Mediterraneo, Coldiretti: sono quasi un centinaio
Mar 15, 2025 |
L’ultima arrivata è la triglia tropicale endemica nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden, scoperta dai pescatori di Lampedusa e consegnata ai ricercatori dell’Ispra di Palermo. Prima era arrivato il pesce palla maculato (lagocephalus sceleratus) potenzialmente pericoloso per l’uomo come il pesce scorpione entrato dal Canale di Suez e il granchio blu, il “killer dei mari” da qualche anno finito sulle nostre tavole. Sono circa un centinaio le specie aliene invasive che hanno preso d’assalto i mari italiani causando un impatto non solo sulla biodiversità, ma anche sull’economia. É quanto ha spiegato Daniela Borriello, responsabile della Coldiretti Pesca in occasione di un incontro promosso dal ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida con il Commissario Ue alla Pesca e agli Oceani, il cipriota Costas Kadis. Se ne parla da tempo delle specie aliene che provenienti soprattutto dall’oceano Indiano e Atlantico stanno colonizzando il Mediterraneo. Portate dalle navi cariche di merci, il clima ha fatto il resto. A causa del cambiamento climatico infatti le specie “aliene” si sono adattate perfettamente al mare Mediterraneo che nel frattempo è diventato più caldo (la temperatura è salita di 1º C negli ultimi 25 anni), cambiando la dieta e dando un duro colpo alle economie ittiche. L’esempio lampante di quanto sta accadendo è il granchio blu particolarmente aggressivo che ha imparato a nutrirsi di cozze e vongole.
Specie esotiche marine e terrestri quintuplicate
Alla vigilia di una stagione che si annuncia complicata dal punto di vista climatico la questione torna centrale. E che sia un’emergenza lo dimostra il fatto che il governo ha già stanziato a favore di consorzi e di imprese 2,9 milioni di euro per mettere al riparo le zone maggiormente colpite. Secondo l’Ispra, proprio a causa dei cambiamenti climatici il numero di specie esotiche terrestri e marine introdotte ogni anno nel nostro Paese è quintuplicato, passando da una media di 6 negli anni Settanta alle oltre 30 dell’ultimo decennio. Solo l’invasione del granchio blu ha provocato un danno stimato da Coldiretti Pesca in quasi 200 milioni di euro, mettendo a rischio l’attività di oltre 3000 aziende ittiche, con diverse realtà che sono state costrette a chiudere i battenti.
Costa Kadis, commissario Ue: “Adottare misure basate sulla natura”
“La sfida rappresentata dalle specie invasive senz’altro rappresenta un focus delle nostre attività e in particolare delle attività di ricerca, di innovazione e a livello strategico. In particolare quella del granchio blu – ha affermato il commissario Ue Kadis – Ci sono altri paesi del Mediterraneo che hanno affrontato questo problema basandosi sulla ricerca e la tecnologia. Poi chiaramente c’è il fondo per le attività di pesca per l’acquacultura che ha promosso azioni proprio contro questa specie invasiva, Ci sono anche altri strumenti di finanziamento, come Horizon e Life che si concentrano per affrontare questa minaccia in particolare. I mezzi dunque ci sono già, bisogna fare in modo che crescano con il tempo e si possano intensificare gli sforzi”. ha poi aggiunto. “Da biologo mi sento di dire che bisogna adottare soluzioni che siano comunque basate sulla natura, quindi bisogna cercare un nemico, un predatore naturale, l’uomo può esserlo e per fare ciò deve includere questa specie nelle proprie abitudini di consumo e questo è il modo i cui in alcuni paesi europei si sta cercando di contrastare la diffusione di una specie così invasiva”.
Pesce palla maculato: è tossico e non va mangiato
Il ruolo prezioso dei pescatori nel monitoraggio
Eppure, il ruolo dei pescatori, il monitoraggio che fanno sul pescato e la loro collaborazione con l’Ispra è importante e si sta rivelando efficace. Sono loro a rendersi conto per primi delle caratteristiche diverse della specie. Da qualche anno è diventato operativo anche il progetto “AlienFish” che si occupa proprio dello studio e il monitoraggio delle specie ittiche rare. Il progetto si avvale della collaborazione della “citizien science” ossia delle partecipazione dei cittadini, (pescatori, fotografi subacquei, appassionati di mare) alla ricerca scientifica. In tutta Italia.
L’esempio di Goro
La produzione di vongole sia nel Veneto che in Emilia è in forte difficoltà a causa del granchio blu e la stessa sorte è stata riservata agli allevamenti di cozze, in particolare quelli della pregiata Scardovari Dop, gravemente danneggiati. Proteggere gli impianti non è facile, mentre cooperative e consorzi hanno usufruito della cassa integrazione. “Dinanzi a questa emergenza occorre – ha spiegato la rappresentante di Coldiretti Pesca al Commissario Ue – mettere in campo misure di sostegno alle imprese, ma soprattutto provvedimenti strutturali, con un cambio di passo rispetto alle politiche attuali”. Un esempio di quanto sta accadendo è Goro, in provincia di Ferrara: un microcosmo dedicato alla pesca delle vongole. Qui infatti si concentra più della metà della produzione italiana e oltre al 40 per cento di quella europea. Nel Comune di Goro ci sono oltre 50 cooperative, che impiegano più di 1.500 persone. Qui il granchio blu è diventato un problema serio. Se nel 2017 nelle reti dei pescatori ne erano rimasti soltanto sette chilogrammi nel 2023 al mercato del pesce i chili erano 200 mila. Senza contare quelli ributtati in mare.
Granchio blu arrivato dall’Oceano Atlantico
Il problema delle microplastiche e l’inquinamento
Secondo la Coldiretti pesca “agli effetti del clima si aggiungono oggi nei mari italiani quelli provocati dall’inquinamento del trasporto marittimo (200 mila grandi imbarcazioni operano nel Mediterraneo ogni anno, rappresentando circa il 20% del traffico marittimo globale), delle plastiche che vengono riversate in acqua da scarichi industriali e civili, dalla pesca sportiva-ricreativa, che e diventata in alcuni contesti concorrente a quella professionale; dagli interventi industriali, quali gli impianti eolici off-shore, di gas liquido o di desalinizzazione, per esempio, che limitano l’attività di pesca, oltre che modificare gli ecosistemi marini”.
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