I farmaci che prendiamo con più frequenza per un mal di testa, come ibuprofene, nimesulide e naprossene, insieme ai neonicotinoidi, i pesticidi di ultima generazione, sono stati trovati sulle piume di due specie di uccelli della laguna veneta, la sterna ‘beccapesci’ (Thalasseus sandvicensis) e il gabbiano corallino (Ichthyaetus melanocephalus). “Si possono essere accumulati sulle piume anche dal contatto con l’acqua – spiega Marco Picone, ricercatore dell’Università Ca’ Foscari Venezia, che ha condotto lo studio – ma il grosso di questi contaminanti è passato ai pulcini dal cibo”.

 

È una prova ulteriore della diffusione nell’ambiente di farmaci e pesticidi e il fatto che i contaminanti siano stati rilevati su beccapesci e gabbiani corallini ha una valenza particolare. Le due specie sono infatti sentinelle del loro habitat, perché sono predatori apicali, si trovano cioè in cima alla catena alimentare del loro ambiente naturale. In altre parole, questi uccelli forniscono indicazioni indirette anche di ciò che hanno mangiato le loro prede e di ciò che c’è nell’ambiente.

E c’è da preoccuparsi, perché l’analisi sulle piume prelevate dai pulli di questi uccelli marini non ha lasciato spazio a dubbi: “L’87% dei 47 campioni analizzati conteneva il principio attivo diclofenac, un antinfiammatorio non-steroideo, – dice il ricercatore – ma sono stati rilevati anche ibuprofene, nimesulide, naprossene e gli antidepressivi citalopram, fluvoxamina e sertralina. Inoltre, il 91% dei campioni conteneva tracce quantificabili di neonicotinoidi, una classe di pesticidi chimicamente simili alla nicotina”.

 

Le piume sono state prelevate nel tratto dorsale dei pulli, senza conseguenze sullo stato di salute dei giovani uccelli. Le piume, infatti, sono un po’ come un archivio dei contaminanti presenti nel plasma degli uccelli durante il periodo di formazione della piuma stessa e forniscono indicazione diretta dell’esposizione cui sono stati soggetti i pulcini studiati.

Impianti di depurazione e prodotti farmaceutici

Il progetto è stato il primo a considerare l’impiego delle piume per monitorare l’esposizione degli uccelli acquatici ai prodotti farmaceutici. “Abbiamo studiato i pulli non volanti di beccapesci e gabbiani corallini di 16 o al massimo 20 giorni, perché dipendono totalmente dai genitori per l’alimentazione. I contaminanti che abbiamo rilevato si riferivano perciò al cibo assimilato al massimo in 20 giorni o all’acqua, visto che a pochi giorni di vita alcuni pulcini cominciano a nuotare.- spiega l’ecotossicologo -. Questi uccelli procurano il cibo per la prole in un’area di alcuni chilometri quadrati intorno alle colonie di nidificazione. Di conseguenza, i contaminanti presenti nei pulcini risultano totalmente attribuibili alla contaminazione locale dell’area di nidificazione”.

Picone non è nuovo a questo tipo di studi: “Avevo cercato in precedenza in questi uccelli la presenza di terre rare e volevo continuare su questo filone, visto che da anni collaboro con gli etologi che eseguono gli inanellamenti. Ho scelto di concentrarmi su una certa categoria di contaminanti emergenti, sui quali c’è una vasta pubblicazione a livello mondiale. È ormai noto che i farmaci si trovano in quantità in tutti i fiumi del mondo. Queste tipologie di prodotti sono poco trattenute dagli impianti di depurazione, – osserva Picone – perché spesso sfuggono dal processo di depurazione, soprattutto a seconda del tipo di impianto”.

Inquinamento

Lo studio: i fiumi del mondo sono pieni di farmaci

di Annalisa Bonfranceschi

Pesticidi nella catena alimentare

Le piume di beccapesci sono state raccolte nel giugno 2019 da una colonia insediata nella Barena Celestia, una struttura morfologica lagunare periodicamente sommersa dalle maree. I campioni dei gabbiani arrivano invece dalla Laguna Nord e risalgono al giugno 2018. Le date sono rilevanti, perché proprio nel 2018 l’Unione Europea ha messo al bando l’utilizzo  all’aperto di prodotti contenenti tre neonicotinoidi considerati dalla ricerca: imidacloprid, thiamethoxam e clothianidin.

 

“Abbiamo trovato imidacloprid e clothianidin in tutti i gabbiani e nella maggior parte dei beccapesci – continua l’ecotossicologo – e questo conferma che il bando del 2018, non totale (non ha riguardato le serre), non ha eliminato gli ingressi di questi pesticidi, e che gli uccelli marini sono esposti a questi contaminanti a prescindere dalle loro abitudini alimentari. I gabbiani corallini, infatti, sono onnivori e nella loro dieta possono entrare tanto specie acquatiche quanto insetti irrorati dai pesticidi. I beccapesci, invece, si nutrono essenzialmente di piccoli pesci (sardine, spratti e acciughe). Quindi, questo conferma come i neonicotinoidi possano arrivare ovunque nell’ecosistema”.

Un gabbiano corallino (foto di Marco Basso) 

Le indagini future

Finora si ritenevano esposti ai neonicotinoidi solo gli uccelli che si nutrono di semi e nettare, ed indirettamente i rapaci. Questo studio dimostra come nella catena della contaminazione possano finire anche specie apparentemente più lontane dal contesto agricolo. “Con le nostre rilevazioni siamo riusciti a mettere in evidenza che i contaminanti ci sono e possono entrare nella rete alimentare. Adesso il problema è valutare se questi residui sono sintomatici di un problema maggiore, –  dice l’ecotossicologo – se possono entrare negli organismi e quali sono gli effetti negativi che possono generare. Al momento non sono stati rilevati comportamenti anomali o mortalità abnorme nelle colonie, perciò le conseguenze a lungo termine sulla salute di beccapesci e gabbiani non sono ancora chiare e richiederanno ulteriori studi. Sappiamo dall’ampia letteratura a disposizione, però, che i neonicotinoidi sono potenzialmente dannosi per la salute riproduttiva degli uccelli”.

“Le sostanze tossiche potrebbero indurre un ritardo nella migrazione – conclude Picone -, che a sua volta può indurre gli esemplari a fermarsi in luoghi non ottimali per la selezione dei partner e a ritardi nella nidificazione. Effetti a catena che possono mettere in pericolo specie già vulnerabili”.

Il gruppo di ricerca e i finanziamenti

I dati sono stati pubblicati sulle riviste scientifiche Science of the Total Environment e Environmental Research e sono il frutto del progetto AWExPHARMA, finanziato dall’Università Ca’ Foscari Venezia attraverso le misure di sostegno alle idee di ricerca dei propri ricercatori che ambiscono a crescere in progetti collaborativi internazionali (bando SPIN 2018, misura 2).

 

Lo studio è stato coordinato da Marco Picone e la sua realizzazione è frutto della collaborazione tra il gruppo di Ecotossicologia dell’Università Ca’ Foscari Venezia, i gruppi di Chimica Analitica di Ca’ Foscari e dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche, e gli inanellatori accreditati dal Centro Nazionale di Inanellamento dell’Ispra.