Corridoi ecologici per il trekking lontani dalle zone di ripopolamento; recinzioni elettrificate per proteggere alveari, allevamenti e stalle; cancelli e bidoni a prova di orso. E poi manuali per residenti e turisti, corsi di formazione per allevatori e agricoltori, finanziamenti e progetti. Pettorano sul Gizio, borgo alle porte di Sulmona in Abruzzo è diventato la prima Comunità a misura d’orso in Italia ed ora è un “modello” di convivenza. Talmente esemplare che The Guardian ha dedicato al paese un lungo reportage. Al centro di tutto c’è l’orso marsicano, specie tutelata da norme nazionali ed internazionali, ma con un impatto sulle zone urbanizzate. Qui come altrove. Ma allora come ha fatto questo piccolo borgo immerso nella grande Riserva naturale Monte Genzana Alto Gizio a non far scatenare quel conflitto tra fauna selvatica e uomo?

“Con molta pazienza da parte di tutti, enti pubblici, associazioni e cittadini. Dopo il grave episodio del 2014 quando un uomo sparò ad un’orsa entrata nel suo pollaio, tutti compresero che bisognava trovare un equilibrio, capire come salvare gli orsi, continuando però a far vivere una comunità in questo paese, senza paura. Quello fu il punto di svolta. Certo ci sono voluti anni per arrivare a questi risultati, ma senza dubbio oggi la coesistenza uomo-orso non solo è migliorata, ma si continua a promuovere il nostro modello altrove”, racconta Antonio Di Croce, direttore della Riserva e coordinatore di Patom, il piano voluto dal ministero dell’Ambiente per la tutela e la conservazione dell’orso marsicano endemico di questa regione.

La comunità e il coraggio della sfida
Ma la pazienza e la costanza da sole non bastano per capire cosa è accaduto qui a Pettorano sul Gizio. Bisogna parlare anche di competenze sulla fauna selvatica e anche di capacità di trovare i finanziamenti. Qui infatti si sono incontrate personalità con una grande esperienza in fatto di tutela della biodiversità. Oltre a Di Croce che lavora attivamente sul programma Patom con il ministero, il sindaco Antonio Carrara, per anni è stato il presidente del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Non solo. Qui ha la sede una delle associazione di volontariato più attive dell’Appennino centrale, Rewilding Apennines. Aggiungiamo pure che siamo in Abruzzo dove gli abitanti sono famosi per la loro determinazione e resilienza. La grande capacità di ricostruire e affrontare le sfide con coraggio, proverbiale per gli abruzzesi, è stata applicata alla tutela dell’orso. Il risultato di tutto questo è il rispetto della comunità e della specie a rischio estinzione. “La convivenza tra orso e uomo non solo è possibile, ma fortemente auspicabile perché la presenza di questo mammifero, purtroppo ancora fortemente minacciato, fa bene alla biodiversità e anche all’economia dei territori”, dice oggi Di Croce che da queste parti di orsi ne ha contati 11. Tutti monitorati.

Le due anime di Pettorano
Pettorano sul Gizio è un paese con due anime: una rurale, completamente inserita nella Riserva naturale Monte Genziana Alto Gizio la più grande dell’Abruzzo con oltre 3 mila ettari di boschi (da sola copre un territorio che vale un terzo di tutte le riserve della regione); un’altra più moderna a valle, più affine anche per stile di vita, al centro abitato di Sulmona. Nella prima ci abitano in 350 residenti, nella parte moderna 1.400. “Una differenza che si riflette anche nel rapporto con la natura e la difesa della biodiversità, quindi anche dell’orso” spiega Di Croce “anche per questo è stato fondamentale il coinvolgimento delle comunità locali. Decisivo per ogni fase dell’iniziativa e deve proseguire anche per il futuro”. Per aumentare la comprensione e la tolleranza verso questa specie nelle due comunità che ne condividono il territorio (e che rimane un tema cruciale) i responsabili della Riserva e del Comune hanno preferito diversificare le iniziative. E una volta stabilito il modello di rapporto, sono arrivati i finanziamenti per i progetti: in parte dall’Unione Europea, previsti dall’iniziativa LIFE Bear-Smart, in parte dalla Regione Abruzzo.

Sicurezza per i cittadini e per gli orsi
Ed è così che si è arrivati ad installare 100 protezioni elettrificate, ad acquistare i bidoni anti-orso, installare riflettori visivi e acustici stradali per la sicurezza degli automobilisti. I soldi servono anche alla manutenzione e la gestione affidate ai volontari del Rewilding Apennines coordinati da Mario Cipollone leader del team che opera nell’area dell’Appennino centrale.

Oggi l’area rifugio dell’orso marsicano è il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise dove la popolazione è stimata tra i 47 e i 60 esemplari. Un territorio montuoso e boschivo che però non sembra bastare a questi grandi mammiferi che, come spiegano gli esperti, tendono a colonizzare nuovi territori. Secondo Luciano Sammarone, al secondo mandato come direttore del Parco: “La ricerca scientifica dice che gli Appennini sono così ricchi di aree ecologicamente idonee, che sarebbero in grado di ospitare una popolazione di circa 200 esemplari”. Un fenomeno che però si può gestire solo con il lavoro costante e mirato per aumentare la comprensione dell’orso da parte delle comunità che ci convivono. E vogliono restare.