Gli Pfas sono un gruppo di sostanze chimiche utilizzatissime a partire dagli anni Cinquanta per rendere i prodotti industriali impermeabili ad acqua e grassi. Purtroppo, rappresentano anche un inquinante pericoloso per la salute umana, e per questo da anni le autorità sanitarie di tutto il mondo continuano a limitarne sempre più severamente l’utilizzo, ed ad abbassare i le soglie di sicurezza in ambito alimentare. Trattandosi però di sostanze estremamente durevoli nell’ambiente, gli sforzi internazionali per contrastarne la diffusione potrebbero essere arrivati troppo tardi. È l’allarme lanciato un gruppo di ricercatori dell’Università di Stoccolma e del Politecnico Federale di Zurigo sulle pagine della rivista Environmental Science&Technology: i livelli di Pfas presenti nell’ambiente superano già in molte occasioni i limiti di sicurezza per il consumo umano, e per questo la loro diffusione nell’ambiente potrebbe rappresentare un nuovo “limite planetario”, uno che purtroppo abbiamo già superato.
Cosa intendono i ricercatori con “limite planetario”? È presto detto: una soglia ambientale che, se superata, comporta il rischio che avvengano repentini e imprevedibili mutamenti nell’ecosistema terrestre, capaci di rendere il Pianeta molto meno ospitale per la nostra specie (e molte altre, ovviamente) nei secoli, se non millenni, a seguire. Per rendere l’idea, esistono limiti planetari legati ai cambiamenti climatici, al buco nell’ozono, all’acidificazione degli oceani e al consumo di suolo e di acqua potabile. Eventi legati all’industrializzazione umana, insomma, capaci di modificare radicalmente l’aspetto che ha avuto il nostro pianeta fin dalla nascita della specie umana. Fino ad oggi, la lista non comprendeva nulla di specifico riguardo agli Pfas. Ed è per questo motivo che i ricercatori propongono di creare un nuovo limite planetario ad hoc.
Le loro ragioni sono relativamente semplici da capire: le analisi da loro stessi effettuate dimostrano che le quantità di quattro Pfas di cui sono dimostrati gli effetti nocivi per la salute presenti nell’acqua piovana superano frequentemente i livelli di guardia per l’acqua potabile stabiliti dalle linee guida americane ed europee. “Utilizzando le più recenti linee guida americane sulla presenza di Pfos (acido perfluoroottansolfonico, ndr), ovunque sul Pianeta la pioggia dovrebbe essere giudicata pericolosa da utilizzare come acqua potabile”, spiega Ian Cousins, ricercatore dell’Università di Stoccolma che ha coordinato lo studio. “Nei Paesi industrializzati non beviamo spesso l’acqua piovana, è vero, ma moltissime persone nel mondo si aspettano di poterla ritenere sicura, e per molti rappresenta ancora una fonte importante di acqua potabile”.
Sono ormai due decenni – scrivono i ricercatori – che il principale produttore di Pfas del Pianeta, la 3M, ha iniziato a ridurre la produzione e sostituire queste sostanze con altre, ritenute meno dannose. Eppure i livelli che si riscontrano nell’ambiente continuano a rimanere estremamente elevati. La causa è l’elevatissima persistenza di queste sostanze chimiche, e il fatto che diversi processi naturali, come la formazione di aerosol marino, continuano a riportarli in sospensione nell’atmosfera, mantenendoli costantemente in ciclo attraverso le precipitazioni.
È per questo che, almeno secondo gli autori dello studio, quello degli Pfas è ormai un problema privo di soluzioni: sappiamo che possono causare tumori, disturbi del sistema immunitario, ipercolesterolemia, causare problemi di infertilità e disturbi dell’apprendimento nei bambini, e non abbiamo più modo per ridurre la loro presenza nell’ambiente. “A causa della diffusione degli Pfas la contaminazione dei terreni e delle riserve idriche del Pianeta è destinata a superare i livelli di sicurezza per la salute umana indicati dalle linee guida ambientali, e ormai possiamo farci ben poco”, conclude Martin Scheringer, del Politecnico federale di Zurigo. “In altre parole, è legittimo stabilire un nuovo limite planetarie specifico per gli Pfas, e come scriviamo nel nostro paper, si tratta di un limite che ormai abbiamo già superato”.