Non è tutto oro quel che luccica nei vigneti che l’autunno accende di giallo, perché la monocoltura mostra qualche limite anche nell’industria vitivinicola. Finché ci sono stati i contadini, tra le viti c’erano pure gli alberi, preziosi punti d’ombra, ma nell’ultimo trentennio abbiamo ritenuto che quelle chiome che scandivano il paesaggio fossero un inutile spreco di spazio. Oggi, grazie ad alcune esperienze italiane, l’agricoltura attenta inizia a riammettere le piante d’alto fusto tra i filari per le loro molteplici funzioni. Se ne è discusso per la prima volta all’ultima Conferenza mondiale di arboricoltura di Malmö, in Svezia, organizzata da ISA, International Society of Arboriculture, associazione che riunisce 25 mila studiosi e operatori del verde. Al summit, Stefano Lorenzi, arboricoltore certificato ETW e Luca Mamprin, dottore forestale, supportati dall’Associazione Arboricoltori, hanno illustrato la relazione “I benefici degli alberi nei territori vitivinicoli“.

L’agroforestazione

Tecnicamente, si parla di agroforestazione, cioé dell’integrazione di alberi e arbusti nelle colture. Quali i vantaggi? “Si contrastano gli effetti del clima sempre più estremo e l’impatto degli animali selvatici e si incrementa la biodiversità, con giovamenti per l’ambiente e per la qualità dei vini”, spiega Lorenzi, membro di Climbcare e collaboratore di importati cantine. “Alberi e siepi miste fanno da frangivento e attenuano la forte irradiazione solare, i picchi di calore e le gelate tardive. Un boschetto, per esempio, genera fresco in estate e trattiene aria mite in inverno, regolando il microclima del circondario; le sue foglie restituiscono humus al suolo mentre le radici attivano meccanismi microbiologici fondamentali, aumentando la fertilità del terreno e la sua capacità di assorbire acqua, evitando il ruscellamento”.

Molte le prerogative di un ambiente diversificato. “Gli alberi che nutrono impollinatori e uccelli li allontanano dall’uva e riportano in vigna un equilibrio naturale che aiuta a contrastare i parassiti e fa abbassare l’incidenza delle malattie della vite e il numero di trattamenti. Per esempio, sui cespugli spinosi trova rifugio l’averla, un passeriforme che caccia cavallette e piccoli roditori e spaventa gli storni. Inoltre, uno studio del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dell’Università di Torino ha dimostrato che nelle vigne circondate da alberi si trovano fino a 27 lieviti della fermentazione, ceppi utili trasportati dalle vespe e dai calabroni che vanno a mangiare qualche acino”.

Il bosco vicino alla vigna

Le alberature sono progettate in base alle caratteristiche del sito, con diverse soluzioni. “In un’azienda piemontese abbiamo piantato un bosco al margine della vigna per migliorare il microclima e lo abbiamo reso accessibile ai cinghiali, che preferiscono grufolare lì piuttosto che avvicinarsi all’uva; con uno stagno e qualche vite ‘a perdere’ nel bosco, inoltre, evitiamo che i volatili cerchino l’acqua beccando i grappoli da vino. In un’altra realtà abbiamo messo a dimora albicocchi e prunus antichi a ogni capo filare.

In Romagna abbiamo piantato meli e patate intorno alla vigna per ‘deviare’ gli istrici sui tuberi. In un caso, addirittura, abbiamo ripreso l’antica tecnica della vite maritata, facendo arrampicare i tralci  sull’acero campestre; quest’albero ospita gli acari che predano i parassiti della vite e crea un po’ d’ombra, fondamentale per proteggere i grappoli nelle ultime estati. Anche leccio e roverella sono preziosi per la biodiversità, ma dove il terreno è umido si piantano i pioppi, e non devono mai mancare i cespugli autoctoni”. Tali piante rendono il paesaggio più ricco e vario, generando un maggiore indotto turistico.