BAKU. Un “serpente nero”, così lo hanno ribattezzato gli attivisti, si aggira per i padiglioni della Cop29 di quell’Azerbaijan dove petrolio e gas, per dirla con le parole del presidente azero Ilham Aliyev, sono un “dono di Dio”. Quel serpente è l’insieme dei lobbisti dei combustibili fossili che qui a Baku, nelle sale dove si dovrebbe discutere di come abbandonare le fonti fossili, per presenza sono virtualmente la quarta “delegazione” più importante. Tra le stanze della Cop29 ci sono infatti almeno 1773 lobbisti dei combustibili fossili dice un nuovo report diffuso dalla coalizione Kick Big Polluters Out (KBPO) che a ogni Conferenza sul clima fa il conto dell’ingerenza dell’oil&gas sui negoziati.

Clima, alla Cop29 di Baku un “serpente gigante”: la protesta contro i paesi inquinanti


Il numero è in calo rispetto a Dubai, Cop28, perché si è passati da 2400 a quasi 1800 appunto, ma bisogna tener presente che le persone accreditate alla scorsa Conferenza negli Emirati erano 83mila, mentre ora sono quasi 67mila. Per paradosso, mentre il tema centrale della Conferenza è trovare fondi per la finanza climatica per aiutare i Paesi meno sviluppati ad adattarsi e resistere, con un negoziato che si sta dirigendo verso la ricerca di 1,3 trilioni di dollari all’anno tra finanza pubblica e privata – i lobbisti sono molto più presenti rispetto per esempio alle delegazioni dei Paesi insulari, africani o del Sudest asiatico dove il nuovo clima fa sfaceli.

Dopo la delegazione dell’Azerbaijan, Paese ospitante, che conta 2229 delegati, quella del Brasile (che ospiterà la Cop30) che è presente con 1914 persone e della Turchia (dove potrebbe svolgersi la Cop31) con 1862, al quarto posto ci sono appunto i lobbisti con 1773 rappresentati. Un numero enorme, se ci si ricorda che quella in corso a Baku – come deciso lo scorso anno – dovrebbe essere la prima conferenza climatica sulla via del “transition away”, ovvero l’abbandono graduale del fossile che causa le emissioni climalteranti.

Cop29, “Sganciate i soldi”: la scritta gigante degli attivisti climatici nello stadio di Baku


Non solo, secondo KBPO i lobbisti di gas e petrolio hanno ricevuto più pass per la Cop29 di tutti i delegati delle 10 nazioni più vulnerabili alla crisi climatica messi insieme (1033), ovvero Ciad, Isole Salomone, Niger, Micronesia, Guinea-Bissau, Somalia, Tonga, Eritrea, Sudan e Mali.

La maggior parte dei lobbisti presenti rappresenta il Nord del mondo, con tanti dirigenti (132 in totale) o membri dell’International Emissions Trading Association, di TotalEnergies, Glencore, ma anche del gigante del carbone Sumitomo oppure, scrivono i responsabili del rapporto, di Chevron, ExxonMobil, BP, Shell ed anche l’italiana Eni.

Per Kick Big Polluters Out “la presa della lobby dei combustibili fossili sui negoziati sul clima è come un serpente velenoso che si avvolge attorno al futuro stesso del nostro Pianeta. Dobbiamo smascherare il loro inganno e adottare misure decisive per rimuovere la loro influenza e fargli pagare per le loro infrazioni nei confronti del nostro Pianeta. È tempo di dare priorità alle voci di coloro che hanno lottato per la giustizia e la sostenibilità, non agli interessi degli inquinatori”.


Uno dei temi centrali delle piccole e finora poche proteste qui all’interno della Cop, nei limitati spazi dove sono permesse, è proprio questo: far pagare a chi inquina, soprattutto le multinazionali dell’oil&gas, i costi necessari per aiutare i Paesi meno responsabili delle emissioni e più colpiti dal surriscaldamento. Ma con una tale ingerenza alla Cop dei rappresentanti del fossile, ci si chiede come questo sia possibile.