Si chiama Pixie Drone e come un folletto del folclore britannico darà filo da torcere ai rifiuti e all’inquinamento dei mari, pescando 60 chili di materiale a ogni missione. Non è esattamente un fulmine – naviga a 3 km/h – ma ha una lunga autonomia (sei ore) ed è in grado di raccogliere di tutto, dalla plastica all’organico dal vetro alla carta fino ai tessuti. Lo ha svelato Findus a Venezia, luogo d’elezione in cui Pixie Drone entrerà in servizio. È solo l’ultimo progetto dell’azienda dei surgelati e parte del Gruppo Nomad Foods che ha scelto proprio la Giornata mondiale degli oceani da una parte per svelare il suo nuovo manifesto in tre punti battezzato “Fish For Good per il futuro degli oceani” e, dall’altra, per svelare due nuovi progetti concreti.
La filosofia Fish For Good
Tra i pilastri del manifesto dell’azienda, che proprio quest’anno ha compiuto i 60 anni di presenza in Italia e dal 2015 è parte del gruppo britannico-statunitense, c’è l’impegno a garantire una pesca responsabile (il 98% delle materie prime ittiche proviene oggi da pesca sostenibile certificata Msc e acquacoltura Asc) e ridurre al minimo l’impatto sul Pianeta e sull’ambiente. Ad oggi il 98% degli imballaggi dei prodotti è riciclabile e per tutte le scatole di cartone prodotte Findus usa carta proveniente da foreste gestite in modo sostenibile, come da certificazioni Pefc e Fsc. Ma, appunto, il cuore di Fish For Good è sporcarsi le mani, lottare contro la plastica che asfissia gli oceani compromettendone irreversibilmente gli ecosistemi. E sviluppare dispositivi semplici e al contempo estremamente efficaci per fare la propria parte. Pixie Drone risponde a questa necessità ed è, fra l’altro, uno dei primi esempi al mondo di questo genere.
Come funziona Pixie Drone svelato a Venezia
Pixie Drone, che abbiamo visto all’opera all‘isola della Certosa in compagnia niente meno che di Capitan Findus, funziona con una profondità dell’acqua di almeno 30 centimetri, può essere telecomandato da una distanza massima di 500 metri e, grazie a una web app, si può monitorarne l’attività. Il lavoro di questa piccola imbarcazione mangia-rifiuti lunga circa un metro è inoltre facilitato da una videocamera con portata di 300 metri. Di fatto è uno strumento ideale per piccole aree di mare – soprattutto le marine in concessione – o di lago, comunque utile per recuperare i rifiuti lontani dai punti di accumulo dei pontili e delle sponde. “Fish For Good nasce da radici molto profonde di Findus – spiega Nicola Pasciuto, marketing manager fish Findus, a Green&Blue – non è un tentativo di seguire dei trend. L’azienda ha posto sempre grande attenzione alla sostenibilità: all’epoca fummo fra i promotori proprio di Msc.
C’è al contrario l’intenzione di mettere in pratica delle azioni per preservare l’ambiente, dall’ambito ittico all’agricoltura. Tutte le iniziative che l’azienda ha intrapreso negli anni, che fanno parte del suo dna e che sono confluite in un programma strategico che ha messo insieme diverse tematiche. L’ambiente è aggredito da diversi fattori, per quanto riguarda i mari soprattutto dalla plastica. Dal 2017 abbiamo indirizzato la nostra attività in ambito ittico, oggi raccolta sotto al brand Capitan Findus, verso una certificazione esterna che ci garantisse”. E l’idea di sviluppare delle piccole flotte di questi droni? “Nessuno può saperlo ma quel che ci interessa è seminare e fare sensibilizzazione: la collaborazione con Lifegate, iniziata nel 2020, è strategica e visti i risultati abbiamo deciso di aggiornare i dispositivi con nuove tecnologie”.
Il cestino-galleggiante Trash Collec’Thor a Rimini
Mentre il drone prendeva il largo in laguna a Rimini entrava in azione il “Trash Collec’Thor“, un grande cestino mangia-plastica, versione aggiornata e potenziata dei ben noti Seabin, con una capienza fino a 100 chili. Si tratta in questo caso della seconda tappa di un percorso imboccato lo scorso anno con la campagna “Un mare di idee per le nostre acque” promossa da Coop in collaborazione con LifeGate PlasticLess. Lungo le coste italiane furono distribuiti dieci Seabin mangia-rifiuti: in meno di un anno i cestini galleggianti che filtrano l’acqua trattenendo gli inquinanti hanno raccolto 6.974 kg di rifiuti dispersi in mare pari al peso di oltre 464.940 bottiglie da mezzo litro.
Quello installato proprio sull’isola della Certosa, sempre in laguna, ha per esempio raccolto 1.700 chili di rifiuti in 357 giorni di funzionamento, con una media di quasi 5 al giorno. “Trash Collec’Thor” può catturare, sfruttando il solo lavoro delle correnti, diversi i tipi di rifiuti galleggianti come bottiglie di plastica, sacchetti e mozziconi. Ma è anche in grado di filtrare idrocarburi e microplastiche dai 3 millimetri di diametro in su. Attivo senza sosta, funziona grazie a una robusta pompa industriale. I 100 chili di rifiuti si scaricano a terra in una sola manovra di svuotamento grazie a un argano che facilita il sollevamento del cestino. Quello installato a Rimini è uno tra i primi esemplari in Italia dopo il lancio dello scorso 24 marzo in Francia, Grecia, Italia, Canada e Usa.
L’impegno di Findus per la pesca sostenibile
Oltre i dispositivi, è evidente che le modalità di pesca e di approvvigionamento giocano un ruolo fondamentale nella salvaguardia degli oceani e delle loro risorse. Come accennato Findus, nel primo pilastro del manifesto Fish For Good, si impegna a scegliere pesca e acquacoltura sostenibili certificate Msc ed Asc e a sostenere attivamente progetti di miglioramento delle filiere di pesca nel rispetto degli standard di sostenibilità. Un percorso avviato da tempo che ha portato l’azienda ad avere oggi la quasi totalità degli approvvigionamenti (98%) da pesca sostenibile certificata con l’obiettivo di arrivare al 100% entro la fine del 2025. “Dopo l’introduzione del marchio blu di pesca sostenibile Msc nel 2017, tra le prime realtà in Italia – commenta Francesca Oppia, program director del Marine Stewardship Council per l’Italia – in cinque anni l’azienda ha raggiunto importanti traguardi, passando dal 75% al 98% delle materie prime ittiche certificate, trainando anche altri attori del settore.
Per effetto della scelta di Findus, tra il 42% e il 45% del mercato retail del pesce surgelato è oggi certificato Msc. Una scelta sempre più in linea con le richieste degli italiani che, come emerge da una ricerca Globescan condotta in Italia e in altri 22 paesi al mondo, esprimono preoccupazione per lo stato di salute degli oceani (93%) e comprano (26%) o sono disposti a farlo (43%) prodotti da pesca sostenibile”. Su quelle certificazioni alcune inchieste hanno sollevato delle perplessità sebbene al momento costituiscano lo standard più elevato che le aziende possano sposare. Di suo, inoltre, Findus aggiunge un tool sul proprio sito – si chiama Captain’s Fish Finder – attraverso il quale è possibile conoscere per ogni prodotto l’area di pesca della materia prima.
Dagli imballaggi riciclabili al progetto contro le attrezzature da pesca “fantasma”
Il secondo punto della filosofia Fish For Good è appunto l’impegno su iniziative concrete. Come quelle appena lanciato o come l’adesione di Nomad Foods, casa madre di Findus, alla Global Ghost Gear Initiative, la più grande iniziativa multi-settore al mondo, per trovare delle soluzioni al dramma degli attrezzi da pesca perduti, abbandonati o gettati in mare (anche detti “attrezzi fantasma”) in tutto il mondo. Basti pensare che il 70% dei rifiuti plastici – lo spiega il report annuale della GGGI – proviene proprio da attrezzi perduti in mare, su tutti le reti. Nel 2021 il gruppo ha completato una prima fase di valutazione dei propri fornitori per quanto riguarda la perdita di attrezzature in mare verificando che il 99% dei propri prodotti ittici proviene da fonti con un rischio medio-basso. Ora proseguirà nel supporto dell’organizzazione lungo la propria catena di fornitori per azzerare il pericolo anche in quell’esigua percentuale di fornitori che ancora non si curano di limitare al massimo le conseguenze della propria attività di pesca.
Chiude il manifesto l’impegno a mettere in commercio solo imballaggi riciclabili (lo è la quasi totalità, il 98%) con l’impegno che per tutte le scatole di cartone prodotte si utilizzi carta proveniente da foreste gestite in modo sostenibile, come da certificazioni Pefc e Fsc. Sotto il fronte delle emissioni, nel 2020 Nomad Foods ha infine ridotto in modo significativo quelle di carbonio per tonnellata di prodotto finito di oltre il 20% e le emissioni in termini assoluti del 14%, nonostante i volumi di produzione siano considerevolmente aumentati a causa della pandemia di Covid 19. Per il 2025 l’obiettivo è una riduzione delle emissioni del 45% per tonnellata di prodotto finito.