E’ una delle ultime conseguenze dell’inquinamento da microplastiche, che colpisce fiumi e laghi. Gli scienziati chiamano questo nuovo fenomeno, plastisfera, che si verifica quando microrganismi e batteri si insediano sulla superficie delle plastiche. E’ come se fosse una nuova popolazione di batteri che si sviluppa laddove l’inquinamento è più spinto, con effetti collaterali potenzialmente nocivi per l’ecosistema: dall’esaurimento dell’ossigeno nell’acqua alla potenziale introduzione di patologie, inclusa l’alterazione della salute complessiva dei grandi sistemi fluviali. Lo studio, il primo nel suo genere, condotto da un consorzio internazionale di ricercatori, di cui fa parte anche l’Università Bicocca di Milano, ha preso in esame uno dei fiumi più inquinati del mondo il Mekong ed i suoi affluenti, che supportano una ricca biodiversità e rappresentano una fonte importante di sussistenza per circa 65 milioni di persone – sia perché utilizzato per l’irrigazione di colture, che come fonte di nutrimento attraverso la pesca – ma ora l’evidenza di questi microrganismi “nati” sulle plastiche degradate potrebbe diventare un problema, se non una nuova urgenza. Tra l’altro il Mekong, nei decenni è stato oggetto di ripetute azioni dell’uomo che hanno fortemente stressato il suo habitat, come la costruzione di dighe, la deforestazione, la pesca eccessiva e il commercio illegale di pesci giganti. In particolare, nelle sue acque vive la pastinaca gigante, il più grande pesce d’acqua dolce al mondo oltre ad altre specie minacciate dall’estinzione.
Secondo, Veronica Nava, ricercatrice dell’Università di Milano-Bicocca e autrice principale della ricerca, “il nostro studio è uno dei primi ad andare oltre la descrizione dei microrganismi che crescono sui diversi materiali plastici che inquinano i corsi d’acqua sul nostro pianeta, e giunge a dimostrare che essi stanno cambiando il ciclo dei nutrienti e la qualità delle acque nel fiume, causando una drammatica riduzione dell’ossigeno nel sistema fluviale. Questi cambiamenti hanno un impatto sulla salute di un fiume e sulla sua capacità di sostenere la biodiversità all’interno dei suoi ecosistemi”. Il messaggio è chiaro, ancora una volta è l’azione antropica incontrollata a provocare cambiamenti a livello ecosistemico, con conseguenze ancora non del tutto note, visto che è uno dei primissimi studi di questo livello.
C’è di più. I ricercatori nel corso del monitoraggio del Mekong hanno scoperto che i microrganismi che vivono sulla superficie dei residui di ben quattro diversi tipi di plastica hanno alterato la qualità complessiva dell’acqua, incidendo sul complesso ecosistema fluviale, in maggioranza nelle aree lungo il Mekong dove la gestione dei rifiuti era peggiore che altrove. Prelevando dei campioni, il gruppo di ricerca ha scoperto che questi organismi della plastisfera, potrebbero avere anche implicazioni negative per la salute umana, sebbene siano necessarie ulteriori analisi di approfondimento in laboratorio; per esempio si ipotizza che la riduzione dell’ossigeno provocata dalla plastisfera, contribuisca alla produzione di gas serra come l’anidride carbonica e il metano. “Elevati livelli di inquinamento da plastica potrebbero creare punti caldi biogeochimici che produrrebbero gas serra all’interno dei fiumi e se si amplia questo lavoro, è possibile che, a causa dei microrganismi che popolano le isole di plastica galleggianti che stanno riducendo l’ossigeno nel fiume, inizieremo a trovare zone morte dove i pesci e altri animali non possono sopravvivere, specialmente durante la stagione secca”, ha evidenziato il professor Sudeep Chandra, uno degli autori dello studio dell’Università del Nevada, convinto che l’esito dello studio debba essere preso molto seriamente.
Secondo i ricercatori, dunque, la plastisfera che si sviluppa in acqua dolce, oltre a compromettere la qualità dell’acqua, con un impatto importante sulla salute dei pesci e sulla disponibilità di acqua per gli esseri umani, proprio a causa della colonizzazione di batteri e minuscole alghe che formano una sorta di pellicola sulla plastica, il biofilm, può spingere organismi più grandi a ingerire i rifiuti di plastica. Infine proprio i frammenti di plastica rivestiti con biofilm potrebbero percorrere anche lunghe distanze e raggiungere altre aree geografiche, estendendo il loro raggio d’azione negativo su altri habitat.