Ogni anno disperdiamo in natura 100 milioni di tonnellate di plastica. E se per alcuni polimeri, come Pet e Pvc, la soluzione sta nel riciclo, per una classe di materiali plastici conosciuti come polimeri termoindurenti il riutilizzo non è ancora possibile. Una ricerca appena presentata su Nature Chemistry, però, potrebbe avere la soluzione: una tecnica chimica per scomporre e ricomporre all’infinito questi materiali, senza modificarne in alcun modo le proprietà fisiche e chimiche.
Le plastiche termoindurenti sono materiali con un’elevata resistenza alle sollecitazioni termiche e meccaniche, e per questo trovano utilizzo in campi che vanno dall’industria aerospaziale, alla microelettronica, fino alla produzione di utensili da cucina. Proprio le caratteristiche che li rendono appetibili ne complicano però anche il riciclo: una volta data loro una forma e fatti indurire non è più possibile fonderli per rimodellarli, senza distruggere definitivamente il materiale.
Esattamente il contrario di quanto avviene con i polimeri termoplastici, che una volta raccolti possono essere fusi, e rilavorati per ottenere nuovi oggetti. I metodi tradizionali di riciclo prevedono lo sminuzzamento meccanico dei rifiuti, l’utilizzo di calore o di enzimi batterici per dissolvere i rifiuti e ottenere il materiale da riutilizzare. Nel loro studio, invece, i ricercatori dell’Università del Colorado di Boulder descrivono una tecnica differente, basata su processi chimici che consentono di rompere i legami tra le singole unità che compongono i polimeri – ovvero i monomeri – e poi crearne di nuovi, per ottenere un polimero termoindurente che può essere modellato e fatto quindi indurire, per creare un nuovo oggetto. Non solo: con lo stesso metodo è infatti possibile creare nuovi polimeri con proprietà fisiche e chimiche differenti, legando tra loro i monomeri come mattoncini di Lego.
Nello studio i ricercatori hanno utilizzato un tipo di resine chiamate esteri di cianato, usate nella produzione di circuiti stampati e nel comparto aerospaziale, dimostrando di poter scomporre il materiale nei suoi monomeri di partenza, e di poterli poi utilizzare per creare un nuovo tipo di plastiche termoindurenti mai ottenute prima, definite in inglese alkyl-polycyanurate thermosets, con proprietà fisiche estremamente interessanti, e completamente riciclabili all’infinito utilizzando la loro nuova tecnica. Un successo che i ricercatori ritengono potrebbe aprire la strada al riciclo di moltissimi altri tipi di polimeri termoindurenti, così come allo sviluppo di nuovi tipi di plastiche oggi sconosciute.
“Stiamo realmente pensando fuori dagli schemi, per trovare metodi differenti con cui rompere i legami chimici dei polimeri”, spiega Wei Zhang, professore di chimica dell’Università del Colorado di Boulder che ha coordinato la nuova ricerca. “Il nostro metodo chimico può aiutare a creare nuove tecnologie e nuovi materiali, ed essere utilizzato anche per risolvere l’attuale crisi della plastica. Il futuro della plastica non ha bisogno solamente di nuovi polimeri, ma anche delle capacità di convertire, riciclare e riutilizzare quelli vecchi”.