Il governo si muove sulle materie prime critiche, quelle indispensabili per attuare le transizioni ecologica e digitale: palladio, neodimio, cobalto, litio, tantalio, tra le altre. Ma non tutti gli addetti ai lavori sono soddisfatti dalla mossa. Alla fine della scorsa settimana, su proposta dei ministeri delle Imprese e dell’Ambiente, il consiglio dei Ministri ha varato un decreto legge “recante disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico”. L’urgenza, sentita in tutta Europa, è dettata dal fatto che tali materie saranno sempre più necessarie alle imprese impegnate nell’innovazione, sia essa green o digitale: il Vecchio Continente ne avrà un gran bisogno nei prossimi anni, ma non dispone, se non in misura minima, di giacimenti naturali. Occorre quindi trovare strategie alternative (o complementari) all’estrazione, e che non mettano i Paesi dell’Unione in una condizione di dipendenza strategica da nazioni poco affidabili (e il pensiero va al precedente del gas russo, ma non solo).
A marzo è stato approvato un regolamento europeo (European Critical Raw Materials Act) che fissa i paletti: un elenco che distingue tra 34 materiali critici e 17 strategici, di cui almeno il 10% dovrà arrivare da estrazione locale, il 25% dovrà provenire da materiali riciclati, il 40% dovrà essere lavorato nella Ue. C’è chi stima che dalle materie prime critiche già oggi passa il 38% del Pil nazionale e che l’Italia possa ricavare dal riciclo fino al 32% del suo fabbisogno. Il decreto legge appena licenziato da Palazzo Chigi va in questa direzione? Non proprio. “Il dl rappresenta certamente un punto di svolta, ma presenta un paio di elementi che potrebbero essere migliorati”, fa notare Filippo Brandolini, presidente di Utilitalia, federazione che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas. “Il decreto è molto orientato sulle attività estrattive e meno sulla promozione del riciclo”, spiega Brandolini. “Ma gli impianti per il recupero e il riciclo di questi materiali hanno problemi sostenibilità economica e quindi è centrale il tema del supporto finanziario”.
Insomma, per Utilitalia, che pure ha offerto il suo contributo durante la stesura, il decreto poteva essere l’occasione per potenziare la filiera della gestione dei rifiuti. “In secondo luogo”, continua Brandolini, il dl dispone la nascita di un Comitato tecnico permanente, istituito presso il ministero delle Imprese, ma esiste già un tavolo interministeriale tra il Mimit stesso e il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica: bisognerà verificare come si coordineranno queste due realtà e se non si rischierà una sovrapposizione di competenze”. Oltre a istituire il Comitato tecnico (che dovrà anche redigere un Piano nazionale delle materie prime critiche), il decreto predispone una attività di monitoraggio delle catene di approvvigionamento per analizzare la domanda e i fabbisogni di materie prime critiche in Italia. Vara un Programma nazionale di esplorazione, che dovrà essere promosso dall’Ispra entro il 24 maggio 2025 e sottoposto a riesame quinquennale. Il ministero dell’Ambiente sarà l’amministrazione competente per ogni titolo relativo all’estrazione e alle autorizzazioni al riciclo di materie prime critiche strategiche: le tempistiche per la durata della procedura non possono superare rispettivamente i 18 e 10 mesi. Al ministero delle Imprese compete invece la procedura autorizzativa relativa alla trasformazione di materie prime critiche strategiche, per una durata massima di dieci mesi.
Un concentrarsi sull’estrazione che farà forse la gioia di quel che resta dell’industria mineraria italiana. Ma che è una parziale delusione per chi si occupa di rifiuti, (sopratutto quelli elettrici ed elettronici, considerati una vera miniera di materiali critici). “Per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 sarà necessario, in primo luogo, promuovere un mercato unico per il recupero delle materie prime critiche e garantire efficienza del riciclo su scala europea, assicurando l’approvvigionamento ai principali siti di produzione”, dicono da Erion, sistema multi-consortile no profit di Responsabilità estesa del produttore operante in Italia per la gestione dei rifiuti associati ai prodotti elettronici, dei rifiuti di prodotti del Tabacco e dei rifiuti tessili. “Basti pensare che nel settore clean-tech la domanda di litio, rispetto alla domanda globale è passata dal 30% del 2017 al 56% del 2022 e quella di cobalto dal 17% al 40%”. Le principali associazioni ambientaliste stanno ancora studiando il decreto e per valutare i suoi possibili impatti su natura ed economia: fino ad allora preferiscono non pronunciarsi.