Sull’immobiliare si gioca una partita cruciale nella prospettiva della decarbonizzazione, considerato che il settore è responsabile di circa il 40% delle emissioni globali di CO2. Questo spiega – tra le altre cose – il Superbonus in Italia, così come l’accordo per la Direttiva Case Green che punta a ridurre sensibilmente il carattere energivoro degli immobili.
Lo studio del World Economic Forum
Secondo uno studio condotto dal World Economic Forum, prendendo come campione il patrimonio immobiliare di San Diego, ci sono quattro strade percorribili per ridurre l’impatto inquinante del mattone.
Il primo ambito individuato è quello delle microreti comunitarie per la produzione, lo stoccaggio e il consumo locale di energia, in grado di collegare edifici che utilizzano energia rinnovabile e tecnologia delle batterie. Le microreti rafforzano la resilienza energetica fornendo la capacità di operare in modalità a isola, ovvero anche senza connessione ai sistemi di servizi tradizionali. Pertanto, in caso di interruzione, le microreti si disconnettono e continuano a funzionare in modo autonomo fornendo energia da pannelli solari, accumulatori di energia a batteria e da eventuali generatori di riserva esistenti. Questo le rende una soluzione preziosa per i comuni o gli enti commerciali e industriali situati in regioni soggette a interruzioni dovute, ad esempio, a eventi atmosferici estremi.
In seconda battuta, sottolineano gli analisti, un numero crescente di città sta adottando standard di prestazione degli edifici che forniscono una combinazione di incentivi e disincentivi per aumentare l’efficienza energetica e ridurre le emissioni di carbonio. Sviluppare e fornire con successo questi standard richiede una profonda collaborazione tra politici, proprietari, inquilini, operatori, architetti e progettisti.
Dalle ristrutturazioni al ruolo dei progettisti
Inoltre, un approccio di ristrutturazione comunitaria consente di rendere l’ammodernamento un progetto infrastrutturale collettivo che crea sinergie ed economie di scala con i progetti circostanti. “È possibile dare priorità agli investimenti verso le comunità di interesse o le aree a maggiori emissioni, coinvolgendo i cittadini su questioni di transizione”, sottolineano gli analisti. I vantaggi di opere di ristrutturazione collettive includono minori emissioni di CO2, costi di manutenzione ridotti, bollette più basse, interni più sani e maggiore resilienza alle interruzioni.
Infine, è cruciale l’aspetto delle competenze. Gli analisti segnalano che una transizione energetica inclusiva non può avvenire senza una forza lavoro diversificata e altamente qualificata, che è fondamentale non solo per costruire un’economia a zero emissioni nette, ma anche per offrire l’opportunità di creare diversità nella forza lavoro. Per costruire una forza lavoro basata sull’economia verde è necessario che i settori pubblico, privato, no-profit e accademico lavorino insieme per garantire che la transizione energetica non sia solo qualificata ma anche inclusiva.
I servizi di pubblica utilità possono collaborare con scuole locali, college comunitari, sindacati, appaltatori e organizzazioni comunitarie su iniziative volte a contribuire allo sviluppo di una platea di talenti attraverso programmi di formazione specializzati, contratti di apprendistato e borse di studio.