Il vento fischia attraverso gli infissi della base. Fuori c’è la luce rosata di un tramonto che durerà tutto il giorno e sfumerà nella notte. La temperatura esterna è di -20°C, ma quella percepita dal nostro corpo, a causa del vento, è di -44°C. Come un avvertimento, la temperatura percepita è leggibile su un display nell’edificio comune gestito dalla King’s Bay, la società norvegese che gestisce l’insieme di basi internazionali di Ny-Alesund, nell’arcipelago delle le isole Svalbard.
L’inverno alla base artica del Dirigibile Italia, del Cnr, è dominato dal buio della lunga notte artica, o dalla tenue luce del sole, quando questo riprende a salire con il ritorno della primavera pur restando celato da una catena montuosa fino a metà marzo. È facile pensare che l’inverno congeli il mare, il territorio, gli ecosistemi o persino l’atmosfera. Che tutto rimanga sospeso in un letargo totale, in attesa dell’estate artica. Ma non è così.
L’Istituto di scienze polari del Cnr mantiene attiva la base (lo si sente anche dal profumo di caffè che emana la piccola cucina dell’edificio) e diversi strumenti di monitoraggio ambientale intorno a Ny-Alesund. “Il nostro compito principale è di assicurarci che gli strumenti nostri e di alcuni Paesi con cui collaboriamo continuino a operare, presso il laboratorio Gruvebadet e la Torre Climatica Amudsen-Nobile”, spiega Riccardo Cerrato, dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Cnr, capobase nell’inverno 2021-2022.
Il Gruvebadet è un edificio non lontano dalla base, ai piedi di una catena di montagne che domina sulla base. Si raggiunge in motoslitta o, talvolta, anche in sci. Qui si trovano una infinità di strumenti di monitoraggio ambientale, in cui vengono raccolti, giorno e notte, per tutto l’anno, campioni di aria. Da questi campioni si estrae tutto ciò che l’aria trasporta, dai gas alle forme di inquinamento originate a migliaia e migliaia di chilometri di distanza. Un inquinamento che la scienza ci ha mostrato capace di contaminare anche ghiacci e nevi fino al Polo Nord.
La Torre Climatica, un traliccio di metallo esposto alle intemperie, dal 2010 raccoglie dati chimici e fisici dell’atmosfera lungo una colonna d’aria di 30 metri. Si tratta di strumenti complessi, costosi, delicati e fondamentali per capire come funziona il nostro Pianeta. Strumenti, anche loro, che non vanno in letargo in inverno e che il Cnr gestisce da un quarto di secolo. Proprio quest’anno, infatti, si celebra il 25esimo anno dalla fondazione della base italiana nell’avamposto settentrionale della ricerca polare. Oltre a svolgere un compito di monitoraggio ambientale, la base ospita di volta in volta progetti di ricerca mirati. Non solo in estate, ma anche in inverno.
Proprio quest’anno si è svolta la prima missione per comprendere il comportamento della vita microbica sotto il manto nevoso invernale. La domanda che gli scienziati si sono posti era: anche i batteri nel terreno vanno in letargo in inverno? “Con la fusione del permafrost, la porzione congelata del terreno che si sta sciogliendo a causa del riscaldamento globale, il cosiddetto strato attivo, ovvero la parte superficiale del terreno che annualmente si congela in inverno e si scongela in estate, sta diventando più spesso”, spiega Donato Giovannelli, microbiologo della Federico II di Napoli.
Per capirne il comportamento, Giovannelli e il suo team, affiancati dal geochimico Carlo Cardellini (Università di Perugia), si sono spostati con motoslitte e hanno scavato delle trincee nella neve (e nel gelo) per poi ricavarne carote di terreno di qualche decimetro da cui verrà estratto il Dna nei laboratori della Federico II. L’idea, secondo Francesco Montemagno del laboratorio di Giovannelli, è quella di riconoscere quali batteri estremofili (capaci di vivere in condizioni ambientali estreme) sono presenti, e attivi, in inverno.
Tra uno scavo nella neve e una pausa dalla trivella portatile, Giovannelli spiega: “Vogliamo scardinare la vecchia assunzione secondo cui in inverno non ci sia attività batterica. Oggi sappiamo che c’è una vita adattata a quelli che per noi sono ambienti estremi. E questa attività microbica, purtroppo, contribuisce alla produzione di gas serra”. Insomma, come un circolo vizioso, l’attività microbica produce gas serra (anidride carbonica e metano) che favorisce la fusione del permafrost. Che favorisce l’attività microbica. E così via, in un processo che si auto-sostiene e che acuisce il riscaldamento globale.
“La domanda non è più se questi processi stiano avvenendo, ma quanto e come stiano avvenendo, e se possiamo rallentarli“, spiega Giovannelli. È sempre più chiaro dunque che in inverno nulla si ferma, anzi. “Il cambiamento climatico in atto nell’Artico ha i suoi effetti più evidenti proprio in inverno. Negli ultimi 25 anni la temperatura invernale a Ny-Alesund è cresciuta di circa tre gradi per decade, mentre globalmente la temperatura è cresciuta di poco più di un grado nell’ultimo secolo e mezzo, trend confermato anche dalla nostra Torre Climatica, attiva dal 2010″, conclude Mauro Mazzola (Cnr-Isp), manager della stazione. Come una torre di guardia, il lavoro della base italiana non può quindi che continuare.