È semplice: queste elezioni europee aprono un mandato che coincide con quello che resta di questo decennio, l’ultimo per affrontare in tempo utile una serie di sfide, una su tutte quella climatica. Il lontano 2030, la sua agenda sostenibile e suoi punti di non ritorno, sono alle porte. Il 2023 è stato l’anno più caldo di sempre, con il mese, la settimana e il giorno più caldi di sempre. La crisi climatica è infine arrivata, la sua prospettiva non è più Bangladesh 2050, ma Italia 2024.

Giorgio Brizio, (22 anni), attivista per il clima e i diritti umani sarà ospite al G&B Festival il 3 giugno
Giorgio Brizio, (22 anni), attivista per il clima e i diritti umani sarà ospite al G&B Festival il 3 giugno 

Secondo lo studio The politics of trauma in Europe’s election year, i cittadini europei si dividono in cinque “tribù di crisi” su quale sia la principale preoccupazione: per 49 milioni è la guerra in Ucraina, per 58 l’immigrazione, per 70 la crisi economica e l’inflazione, per 73 è – tuttora – la pandemia, e per altrettanti 73 milioni è il cambiamento climatico. Quest’ultimo si trova, molto più delle altre crisi, in cima alle paure dei giovani, ma non in cima all’agenda dei governi.

I giovani piacciono moltissimo quando vincono i tornei di tennis o i festival musicali, meno quando portano il dissenso nelle università, la disobbedienza civile sul clima, la disoccupazione, il disagio psichico dilagante. Quanto c’è un “dis-” davanti i giovani vengono quanto meno ridicolizzati, solitamente vilipesi, con un’inedita abitudine repressi. Alcuni giovani non si interessano di politica perché la politica non si interessa di loro, perché l’attuale classe politica non ci rappresenta. Dei 705 europarlamentari dell’ultimo mandato, 6 erano under 30. Per ogni under 30 che vota per il prossimo, votano 3 over 60. Il nostro voto è quindi meno influente ma più raro e importante.

SPECIALE  Ecovandali a chi?


Per provare ad alzare l’attenzione su queste elezioni spartiacque è uscito Per molti anni da domani, un piccolo libro in cui 27 attivisti e attiviste, una da ogni Paese membro della Ue, scrivono dell’Europa che sogniamo, a partire da clima, pace e diritti. Sono tre temi che sembrano unire un’intera generazione su cui attendiamo al varco i nostri decisori politici. Quella climatica è la madre di tutte le crisi, ma anche la piattaforma per ogni cambiamento possibile. Gli scioperi per il clima e le manifestazioni per una Palestina libera dimostrano che è perdurato un movimento di contropotere tanto globale quanto il modello di crescita che prova a contrastare. Il supporto intergenerazionale è fondamentale: una società diventa matura quando le persone piantano alberi alla cui ombra sanno che non potranno sedersi. Piantare alberi però non basta più, servono azioni politiche urgenti e lungimiranti. Noi, che abiteremo questo Paese e questo Pianeta più a lungo, vi guardiamo. Non scenderemo a patti, piuttosto continueremo a scendere in piazza.