In attesa dei primi sopralluoghi e delle riparazioni delle quattro perdite, gli esperti tracciano le prime stime dell’impatto sul clima. Senza mezzi termini, la fuoriuscita di metano dovuta dalle perdite e il possibile sabotaggio ai gasdotti Nord Stream 1 e 2 sarà probabilmente una delle più grandi mai registrate e gli esperti temono possibili conseguenze “catastrofiche” per l’emergenza climatica.
Mentre gli svedesi annunciano una probabile quarta perdita, arrivando a due fuoriuscite in acque danesi e due in acque svedesi, in attesa di comprendere nel dettaglio l’entità dei danni diversi Paesi stanno provando a tracciare le prime stime dell’impatto ambientale. Kristoffer Böttzauw, direttore dell’Agenzia danese per l’energia, indica che le perdite equivarrebbero a circa 14 milioni di tonnellate di CO2, circa il 32% delle emissioni annuali della Danimarca (nel 2020 sono state di circa 45 milioni di tonnellate di CO2).
Per Christophe Duwig, professore di ingegneria chimica presso il Royal Institute of Technology, le fuoriuscite di metano potrebbero invece essere molte di più ed equivalere a circa il 66% delle emissioni annuali totali della Danimarca o il 40% di quelle della Svezia.
Altre previsioni sostengono che il gasdotto che rifornisce di gas l’Europa dalla Russia ha rilasciato fino a cinque volte più gas rispetto a quello che finora era noto come il più grande rilascio di metano avvenuto, il disastro californiano dell’Aliso Canyon negli Stati Uniti. Ricordando che in un arco di tempo di 20 anni il metano che raggiunge l’atmosfera è oltre 80 volte più potente della CO2 in termini di riscaldamento globale, diversi esperti del settore energetico ed ambientale si sono dunque sbilanciati a parlare di un evento “catastrofico per il clima”.
Metano, il gas naturale che scalda l’atmosfera
Al momento difficilmente si parla di interventi di riparazione che verranno effettuati prima della data del 2 ottobre e diversi Paesi, dalla Norvegia alla Danimarca alla Finlandia, stanno aumentando le misure di sorveglianza e protezione dei tratti di gasdotto e delle varie infrastrutture.
Studiosi come Paul Balcombe, della facoltà di ingegneria del dipartimento di ingegneria chimica dell’Imperial College di Londra, nel frattempo ricordano come il gorgogliare di metano sulla superficie dell’oceano, laddove si sono verificate esplosioni e perdite, sia una indicazione di “un forte flusso verso l’alto” del gas.
Come quantità la Federal Environment Agency (FEA) tedesca per ora indica possibili perdite per circa 300mila tonnellate di metano, un volume che avrebbe all’incirca lo stesso impatto climatico su un periodo di 20 anni delle emissioni annuali di circa 5,48 milioni di automobili statunitensi.
In generale però, sia gli esperti internazionali sia i governi che stanno seguendo da vicino la vicenda, concordano che è ancora complesso stabilire la quantità di metano – la cui gran parte è stata assorbita o evaporata – che potrebbe aver raggiunto l’atmosfera causando ulteriori danni, contribuendo all’emergenza climatica che stiamo vivendo. Nuove stime saranno effettuate quando inizieranno le operazioni di riparazione del gasdotto.