L’acqua calma e cristallina della laguna dell‘isola di Moorea appare come un incanto dal velivolo di Air Tahiti Nui. La vetta appuntita del monte Rotui sovrasta la baia di Opunohu e con la sua lussureggiante vegetazione tinge di verde il panorama dominato dal mare. Qui, tra le isole della Polinesia francese, proprio nel mare si nasconde un sorprendente miracolo: una biodiversità senza eguali.
L’ecosistema marino della Polinesia ospita più di 20 specie di squali e un sistema di barriera corallina eccezionalmente sano, che include 176 specie di coralli e 1.024 specie di pesci, tra cui alcune che non si trovano da nessun altra parte. Quella che dall’alto sembra un’uniforme e infinita distesa blu, nella realtà si rivela essere un ecosistema vivacissimo, abitato da miriadi di pesci pappagallo, razze e squali pinna nera che nuotano placidamente, proiettando le loro ombre sulla sabbia bianca del fondale. Una biodiversità che è preservata anche attraverso i saperi e la cultura tradizionale locale.
Maui stacca la mano dal timone e punta il dito verso un’area precisa, appena oltre la laguna: “Durante la stagione secca, circa da luglio a novembre, le balene vengono qui a partorire. Nei mesi in cui si fermano al largo delle nostre coste, questi incredibili mammiferi marini digiunano e si dedicano interamente alla cura dei piccoli. Verso novembre si rimettono in viaggio e, dopo quasi due mesi e 12.000 chilometri, arrivano in Antartide, dove resteranno per i mesi a venire.” A parlare è Maui Ciucci, esperto conoscitore di balene e fondatore di Coralina Tours. Da anni porta appassionati di tutto il mondo a vivere l’esperienza di nuotare con le gigantesche megattere al largo della costa dell’isola di Moorea, nella Polinesia francese, e al contempo, con la sua crew, svolge un ruolo di guardiano delle balene. “In passato pescherecci stranieri, soprattutto giapponesi, venivano nei pressi delle coste di Tahiti a caccia di balene, ma da vent’anni la Polinesia francese è un luogo protetto per i cetacei e la loro cattura è severamente proibita.”
Dal 2002 le isole di Tahiti ospitano infatti il più grande santuario marino del mondo: esteso su un’area di circa quattro milioni di chilometri quadrati, è un rifugio per specie protette e minacciate, tra cui tartarughe marine, squali e, appunto, cetacei. Per la conferenza sulla biodiversità che si è tenuta a Montreal lo scorso dicembre, il governo polinesiano ha annunciato la volontà di creare una nuova area marina protetta di 500.000 km2 nel sud-est dell’arcipelago e ha ricordato la necessità che il territorio polinesiano sia riconosciuto come “Area marina particolarmente sensibile”.
Con le sue 121 isole distribuite nel cuore dell’oceano pacifico, la Polinesia ha un’estensione immensa, dominata dall’acqua. La sua popolazione non supera i 300 mila abitanti, di cui i due terzi vivono sull’Isola di Tahiti, il centro economico, culturale e politico del paese. Una popolazione che nonostante le intromissioni culturali dei missionari francesi, ha saputo mantenere viva una cultura di osservazione e rispetto della Natura.
Per i polinesiani l’oceano è il luogo palingenetico, di nascita e rinascita. Il Mana è lo spirito delle isole: la forza che lega la terra, l’oceano, la fauna selvatica e le persone in un legame sacro. Il rispetto per lo spirito di Mana e la consapevolezza che le risorse derivano dal solo ambiente circostante, fa sì che i polinesiani proteggano il loro ecosistema attraverso diverse pratiche. Una tra le altre è la pratica ancestrale del Rahui, che impone divieti temporanei alla pesca e alla caccia di alcune specie marine e terrestri per garantirne la conservazione e il rinnovo. E il Rahui è praticato ancora oggi.
Non è un caso se al largo delle coste della spettacolare e paradisiaca isola di Bora Bora si trova il Coral Garden, il giardino dei coralli. Chiamato “Acquario” dalla popolazione locale, è uno splendido giardino al largo dell’estremità meridionale di Motu Pitiaau e Motu Piti Uuuta. Qui pesci farfalla, pesci pappagallo, pesci palla, pesci Picasso, dentici, cernie, pesci trombetta, pesci unicorno, labridi e molti altri ancora si aggirano nella laguna, convivendo pacificamente tra loro e offrendo uno spettacolo che non ha eguali.
Nelle isole di Sottovento, anche la pratica sportiva è portatrice di un legame di rispetto verso il mare. Significativo è il fatto che lo sport nazionale polinesiano sia la canoa, la va’a. Di forma allungata e con un solo braccio laterale a far da bilanciere, questa piccola imbarcazione può ospitare da uno a sei atleti, che usano un solo remo a ritmo alterno per pagaiare nel cuore dell’oceano o nella laguna. Non viene usato nessun motore, ma solo l’energia meccanica impressa dalla forza umana. Questa attività trova la sua massima espressione nel Hawaiki Nui Va’a, la gara di canoa più dura al mondo, ma anche la più lunga e spettacolare.
Con i suoi 129 km percorsi in tre giorni, senza cambio di equipaggio, questa corsa frenetica ed estenuante è un evento unico, al quale tutta la popolazione assiste riversandosi sulle spiagge oppure in mare, con imbarcazione delle più svariate forme e dimensione. Tre giorni durante i quali gli atleti sfrecciano, quasi danzando, da un’isola dell’arcipelago di Sottovento all’altra, attraversando il mare aperto: da Huahine a Raiatea, da Raiatea a Taha’a e infine da Taha’a a Bora Bora. Per chi gareggia è fondamentale preservare intatto il mare, celebrandolo con storie e leggende, balli e canti. In questo caso, anche le tradizioni più sportive e ludiche – tra cui l’Heiva, il grande festival culturale polinesiano – possono diventare fondamento per una cultura popolare basata sul rispetto e sull’ecologia.