Elisa è una scienziata sociale con un motto di Emma Goldman stampato nella testa, “se non la posso ballare non è la mia rivoluzione”. Una ragazza di 25 anni che si è stufata del nero che ingloba tutto e vuole mostrare i colori, la “speranza”, anche quella per un mondo con un altro clima, per un Pianeta in cui tutti i movimenti si battono uniti. C’è un episodio, nella sua vita da attivista, che racchiude meglio di altri la volontà, con colori e parole, di convincere le persone ad unirsi al ballo della sua rivoluzione. Venezia, Ponte di Rialto, qualche mese fa: Elisa Zanoni è a testa in giù mentre aiuta Margherita, la sua coinquilina, a calarsi verso un canale dove sverserà fluoresceina per colorarlo di verde senza ripercussioni sull’ambiente.
Nel pieno dell’azione un passante inizia a urlare, si avvicina e mette le mani sulle corde, inveisce e insulta le attiviste. Allora Elisa decide di usare “una tecnica di comunicazione non violenta, abbassando i toni e spiegando con calma le nostre ragioni. All’improvviso è come se a quel signore fosse mancata la terra sotto i piedi, non si aspettava quella comunicazione così diversa dai leoni da tastiera. Così ha mollato la presa e iniziato ad ascoltare”. La vicenda finisce con l’uomo che chiede di avere dai giovani di Extinction Rebellion Venezia un volantino, che fa domande sulla crisi climatica. “Ho avuto l’impressione che quando se ne è andato via fosse dalla nostra parte”. Per Elisa è una piccola luce nel buio, il segnale di aver intrapreso il giusto cammino.
Se faccio l’attivista – spiega – è perché ho speranza che le cose possano cambiare. Ovvio che in me c’è rabbia per le cose che non funzionano, per questo Pianeta mutato per le azioni dell’uomo. Ma credo che il non fare niente sia comunque peggio delle conseguenze del fare qualcosa.
Quel “qualcosa” Elisa lo porta avanti, ovunque, sempre a testa alta e con basi solide legate ai suoi studi. Viene dalla provincia di Verona, ha studiato a Trento e completato la sua laurea magistrale in Studi internazionali a Venezia, con un focus proprio su crisi climatica ed attivismo.
Oggi lavora come ricercatrice del Cnr per l’Istituto di Scienze Marine, dove sta facendo una analisi di antropologia ambientale legata all’impatto sociale e culturale del granchio blu e delle specie aliene. Sta ancora raccogliendo le sue informazioni, ma trova incredibile “come tra crisi del clima, azioni dell’uomo e invasioni di specie aliene, il granchio blu che è capace di generare milioni di uova con un solo accoppiamento oggi stia letteralmente sconvolgendo l’economia della pesca e della società”.
Se è arrivata a diventare una delle figure più attive in Extinction Rebellion Venezia in parte Elisa lo deve proprio ai suoi studi. Anzi, a una professoressa che stava analizzando i movimenti sociali.
“Nel mio passato ho fatto parte di tanti movimenti, dai collettivi LGBTQ sino a Fridays for Future Trento. Ma è quando una professoressa con cui studiavo sociologia ci ha parlato e presentato il mondo di Extinction Rebellion che ho cominciato a interessarmi al movimento nato in Inghilterra”.
Un primo avvicinamento nel 2019 in Italia, poi nel 2021 fra le fila del movimento a Berlino durante l’Erasmus e infine dal 2022 una sorta di impegno a tempo pieno con il gruppo di Venezia, “che continua a crescere, dato che siamo oltre 100, e sul quale ho fatto la mia tesi”.
A colpirla di Extinction Rebellion è sia “la visione, la capacità di comunicare con l’arte in maniera visiva e pacifica, sia la differenza tra le tante persone che animano il movimento, così diverse per provenienza, estrazione sociale e anche posizioni politiche”. Ma è soprattutto l’organizzazione del gruppo che l’ha convinta. “Lavoriamo secondo sociocrazia, ovvero sulla condivisione del potere. Non ci sono capi, al massimo coordinatori. Dietro ogni azione c’è un duro lavoro: da quelle enormi di Londra, che offrono addirittura mense comuni o presidi medici gratuiti per gli attivisti, fino a quelle più piccole realizzate qui a Venezia e per cui sono finita due o tre volte in questura, con tanto di certificato di pericolosità sociale, soltanto per aver lanciato un messaggio in difesa dell’ambiente. Però, anche lì, non sono mai stata sola: fra noi c’è un’enorme attenzione per le persone”.
Racconta ad esempio – lei che aiuta a organizzare i blitz – di come “si lavori sulla narrativa, sulla reazione della gente al fatto di colorare i canali di verde o bloccare il traffico, ma anche alla sicurezza degli attivisti: abbiamo un gruppo che opera solo per garantire e sostenere il benessere degli altri, per esempio con cibo, aiuto in casi di ansia, sostegno con ombrelli se piove o sali minerali se fa caldo, oppure per offrire uno spazio sicuro durante un’azione”. Ci si prende cura degli altri come in una famiglia. La stessa famiglia di Elisa, “capisce ed è d’accordo con le mie motivazioni, ma a volte però sono preoccupati per i rischi legali. Sono paure normali, credo”.
Anche davanti alla crisi climatica la paura c’è sempre. Da quell’ecoansia iniziale, “che poi col tempo impari a schermare e grazie alle azioni riesci a vincerla”, fino a “un senso di paura se penso al futuro, anche se credo che sono più le cose che possiamo ancora fare e salvare che quelle che non potremo cambiare” spiega la giovane veneta. Da anni, oltre ad essere vegana, Elisa Zanoni ha deciso di non comprare vestiti nuovi e non concedersi più di un volo aereo all’anno per non pesare sulle emissioni.
Atteggiamenti e scelte personali che per Elisa non devono rientrare per forza in “stereotipi. Ogni attivista, o semplicemente persona interessata a questi temi, fa le sue scelte, senza obblighi. In generale per i movimenti, anche per evitare di essere strumentalizzati, credo sia necessario cambiare la comunicazione: basta con temi in cui si parla solo di rinunce, oppure quelli cupi oppure incentrati su paure o negatività. Al contrario, portiamo in piazza una rivoluzione festosa fatta di satira e speranza, così da coinvolgere davvero sempre più persone nella battaglia climatica. C’è bisogno di allargare la base”.
E partendo da qui, da questa “rivoluzione” su cui Elisa potrà ballare, forse si realizzerà anche il suo sogno: “La convergenza di tutti i movimenti per il clima, e non solo, in maniera coesa ed armonica, dando vita a qualcosa di unico. Sarebbe bellissimo. E poi magari riuscire anche a convincere ad unirsi tutta quella fascia di persone che già oggi è dalla nostra parte ma, bloccata da chissà quali stereotipi, non fa un passo avanti. Le porte sono aperte, noi siamo qui”.