Un’Italia sostenibile e protagonista nella transizione verde per essere a tutti gli effetti “a misura d’uomo” a livello economico e sociale. È questa l’immagine del nostro Paese proposta dalla dodicesima edizione del rapporto GreenItaly, realizzato dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere. Presentato oggi a Roma, mira a delineare lo stato dell’arte della green economy tricolore e dei suoi punti di forza, alla vigilia della Cop26 di Glasgow, appuntamento di fondamentale importanza per le le politiche sul clima. Per introdurlo attraverso alcuni punti chiave, Green&Blue ha intervistato il presidente di Symbola, Ermete Realacci.

La pandemia e l’economia green: quale il legame?

“Come afferma il Manifesto di Assisi, promosso dalla Fondazione Symbola e dal Sacro Convento, ‘affrontare con coraggio la pandemia e la crisi climatica non è solo necessario ma rappresenta una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e per questo più capaci di futuro’. E le risposte alle due crisi sono collegate. Per questo l’Unione Europea nella pandemia ha rafforzato le scelte già avviate concentrando grandi risorse attraverso il Next Generation EU, di cui l’Italia è il principale beneficiario, ma anche attraverso il bilancio ordinario su tre obiettivi: coesione, transizione verde, digitale. Alcuni pensavano (e forse qualcuno sperava) che l’impegno ambientale si sarebbe indebolito. È accaduto il contrario. Una scelta di civiltà ma anche una strada per dare all’Europa una missione, un carisma, rafforzare la nostra economia su basi nuove. I dati del Rapporto Green Italy, della Fondazione Symbola e di Unioncamere, confermano del resto che le imprese che si avviano alla transizione verde sono più competitive e resilienti”.

In quale campo l’Italia potrebbe investire di più?

“In tutti, ma partirei da quelli in cui siamo più forti o la svolta è più urgente. Penso, ad esempio, all’economia circolare, nel quale siamo una superpotenza e avviamo al recupero il doppio dei rifiuti delle media europea 79.4% contro il 49%.

E questo ci fa risparmiare ogni anno 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e 63 miliardi di tonnellate equivalenti di CO2. Non si tratta di risultati da incorniciare ma di punti da cui partire e innovare. Poi c’è il campo delle rinnovabili, che oggi sono fondamentali anche per garantire la nostra indipendenza, continuità e costo dell’energia. Dobbiamo, per rispettare gli impegni presi in sede UE installare 7-8000 MW all’anno. L’anno scorso ne abbiamo installati meno di 1000. È assolutamente necessario semplificare le procedure e contrastare, anche culturalmente, opposizioni spesso pretestuose che portano alla paralisi. Siamo poi leader nella chimica verde e nelle bioplastiche, ma senza un progetto industriale più forte e ambizioso e un impegno anche sede europea per valorizzare questa nostra capacità”.

“Un impegno particolare è già oggi richiesto sul fronte della mobilità, senza perdere altro tempo dobbiamo accompagnare il nostro fondamentale comparto dell’automotive nella sfida della mobilità elettrica. Più in generale, anche nella transizione verde, l’Italia è forte se fa l’Italia. Se incrocia bellezza, innovazione, coesione, comunità. E questo vale dal legno-arredo all’agricoltura, dalla meccatronica all’edilizia. La bellezza, soprattutto in Italia, è ecologica”. 

Gli eco-lavori: su quali i giovani devono puntare?

“Su tutti, puntando in questa sfida su creatività e passione. I dati del rapporto GreenItaly ci dicono che il 35% dei nuovi occupati è chiamato ad avere competenze green. Una percentuale che si alza nei settori di ricerca e sviluppo dove si arriva al 60%. Nella nuova agricoltura  siamo poi primi in Europa per imprese giovani e femminili”.

Cosa si può fare per distribuire la presenza di green in tutte le regioni?

“Secondo i dati del rapporto GreenItaly le imprese che hanno investito sul green sono presenti in tutta Italia, anche se con intensità diverse. Oltre 100.000 sono, ad esempio, nelle regioni meridionali. La loro diffusione crescente è legata non solo a nuove sensibilità, presenti nella società ma al fatto che sono anche più competitive: innovano di più, esportano di più, producono più posti di lavoro. Da loro possiamo partire in tutta Italia per costruire un futuro più desiderabile, che non lascia indietro nessuno, che non lascia solo nessuno”.

Il report

Il Rapporto GreenItaly è stato realizzato dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere, con la collaborazione del Centro Studi Tagliacarne e con il patrocinio del Ministero della Transizione Ecologica. Vi hanno collaborato Conai, Novamont, Ecopneus, oltre 40 esperti e diverse organizzazioni. 

Oltre ad Ermete Realacci, Giuseppe Tripoli e Andrea Del Prete, questi ultimi rispettivamente Segretario generale e Presidente dell”Unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, alla presentazione sono intervenuti Paolo Gentiloni Commissario Europeo per gli Affari Economici Roberto Cingolani Ministro della Transizione Ecologica, Francesco Starace Amministratore Delegato Enel, Catia Bastioli Ad Novamont e Luca Ruini Presidente Conai. 

Nella carrellata di dati si evidenziano le oltre 441 mila aziende che nel quinquennio 2016-2020 hanno deciso di investire in tecnologie e prodotti green: il 31,9% delle imprese nell’industria e nei servizi lo ha fatto nonostante la crisi provocata dalla pandemia, privilegiando tecnologie e prodotti green, e il 36,3% ha puntato sulla manifattura. 

Si tratta di aziende dinamiche nei mercati esteri, che innovano di più e producono un numero maggiore di posti di lavoro. In tema di occupazione il 2020 si conferma un anno di consolidamento nonostante le difficoltà dovute all’emergenza Covid-19. I contratti relativi ai green jobs attivati lo scorso anno rappresentano il 35,7% dei nuovi contratti. Le figure più ricercate dalle aziende quelle più qualificate ed esperte in aree aziendali ad alto valore aggiunto. A fine anno gli occupati che svolgono una professione di green job erano 3.141,4 mila, in maggioranza al nord-ovest. 

Dal Rapporto esce un’Italia leader nell’economia circolare con un riciclo sulla totalità dei rifiuti, urbani e speciali, del 79,4% (2018): risultato molto superiore alla media europea (49%) e a quella di altri grandi Paesi come Germania (69%), Francia (66%) e Regno Unito (57%). Il risparmio annuale è pari a 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 63 milioni di tonnellate di CO2 nelle emissioni (2018) . Siamo sul podio nella riduzione di materie prime per unità di prodotto (- 44,1% tra 2008 e 2019), anche se per alcuni settori, come acciaio e alluminio, i rifiuti non sono sufficienti a sostenere la produzione, e per questo dobbiamo fare affidamento sull’importazione di materia seconda dall’estero. Da sottolineare anche il quarto posto al mondo dopo Germania, Cina e Stati Uniti, come nazione produttrice di biogas, da frazione organica, fanghi di depurazione e settore agricolo. 

La sostenibilità è oramai presente in tutti i gli ambiti del made in Italy. Nella filiera del legno arredo dove già oggi il 95% del prodotto viene riciclato per produrre pannelli con un risparmio nel consumo di CO2 pari a quasi 2 milioni di tonnellate all’anno. Nel mondo dell’edilizia e nel settore tessile e moda in cui l’Italia è prima al mondo nell’utilizzo della certificazione detox promossa da Greenpeace e all’impiego di materiali di origine naturale o rigenerati da tessuti pre e post consumo.

La meccanica italiana, grazie alla digitalizzazione già supporta la riduzione dell’impatto ambientale, così come il comparto dell’automotive nazionale è uno dei più avanzati per le emissioni. Ma è nella produzione di veicoli elettrici e nella filiera produttiva che si gioca e si vince una delle partite decisive con un fatturato di oltre 106 miliardi, pari al 6,2% del Pil. In Italia, la produzione di auto elettriche e ibride, che nel 2019 rappresentava solo lo 0,1%, nel 2020 è arrivata al 17,2%, e nel primo trimestre 2021 è salita al 39,5%. Circa un’azienda su tre si è posizionata in questo mercato sviluppandone la componentistica.

Anche il nostro settore agricolo, con un taglio del 32% sull’uso dei prodotti fitosanitari tra il 2011 e il 2019 e una quota di emissioni per unità di prodotto ben inferiore a quella delle principali economie europee si conferma il più green di tutta Europa. Sul podio anche nel biologico, con oltre 80mila aziende e una superficie coltivata aumentata del 79% nell’ultimo decennio. Così nella chimica bio-based attiva per prodotti biodegradabili e compostabili sempre più utilizzati dall’agricoltura alla cosmesi. 

Per quanto riguarda le rinnovabili nel 2020, nel mondo ci sono stati nuovi record di potenza elettrica pari all’83% della crescita dell’intero settore elettrico. In Italia il 37% dei consumi è stato coperto da fonti rinnovabili, con una produzione di circa 116 TWh. Attivi sono circa 950.000 impianti per una potenza complessiva di oltre 56 GW. Di questi, quasi 936.000 sono fotovoltaici, circa 5.700 eolici e i restanti alimentati dalle altre fonti (idraulica, geotermica, bioenergie). Siamo però ancora lontani dai target di neutralità climatica previsti per il 2030. Ma la lievitazione delle bollette spinge ad accelerare verso questa direzione.