E se l’aria della foresta diminuisse lo stato di ansia considerato fattore di rischio per la salute? Sembra proprio che fare un bel respito nei boschi e passeggiare tra gli odori delle piante faccia bene non solo ai nostri polmoni, ma avrebbe anche una funzione calmante. Lo rivela una ricerca sperimentale e pubblicata su International Journal of Environmental Research and Public Health, condotta in 39 siti italiani tra montagna, collina e parchi urbani.
Lo studio ha svelato il ruolo dei monoterpeni, ossia i componenti profumati degli oli essenziali emessi dalle piante e presenti in gran quantità nelle foreste. Sembrano proprio questi oli naturali caratterizzati dall’elevata volatilità e a cui associamo l’aroma tipico di ogni pianta ad avere proprietà terapeutiche sulla nostra ansia. Passeggiando li inaliamo. L’organizzazione della ricerca ha coinvolto centinaia di partecipanti in tutta Italia: uomini e donne di varia età che si sono sottoposti a test nel bosco con i ricercatori, tra il 2021 e il 2022.
Grazie a queste rilevazioni è stato individuato e isolato l’effetto benefico dovuto sia all’esposizione che all’inalazione dei monoterpeni. Organizzazione non facile visto che questi oli essenziali emanati dagli alberi e le piante sono molto più abbondanti nelle foreste remote che nei parchi urbani, sebbene con un notevole grado di variabilità. A condurre la ricerca, un team di ricercatori dell’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze (Cnr-Ibe) e del Club Alpino Italiano, insieme alle Università di Parma e Firenze, all’Azienda unità sanitaria locale (Ausl) di Reggio Emilia, e con il sostegno del Centro di riferimento regionale per la fitoterapia (Cerfit) di Firenze.
Facciamo un bel respiro
“Combinando sessioni di terapia forestale condotte da psicologi con tecniche avanzate di statistica, abbiamo potuto dimostrare che, in certe condizioni, l’aria della foresta è davvero terapeutica: un traguardo importante per la progressiva adozione di pratiche sanitarie verdi”, spiega Federica Zabini di Cnr-Ibe, responsabile Cnr del progetto e supervisore della ricerca. Non solo. “I risultati mostrano che, oltre una data soglia di concentrazione di monoterpeni i sintomi di ansia diminuiscono a prescindere da tutti gli altri parametri, sia ambientali che individuali, e poiché questi composti sono emessi dalle piante, possiamo ora assegnare un valore terapeutico specifico a ogni sito verde, anche condizionato alla frequentazione in momenti diversi dell’anno e del giorno”, sottolinea Francesco Meneguzzo, ricercatore del Cnr-Ibe e membro del Comitato scientifico centrale del Cai.
“Abbiamo applicato un metodo statistico usato nella ricerca clinica e che ha consentito di creare gruppi di intervento e di controllo perfettamente abbinati: i risultati ci permettono, oggi, di individuare e qualificare stazioni di Terapia Forestale in grado di consentire prestazioni di livello clinico“, aggiunge Davide Donelli del Dipartimento di medicina e chirurgia dell’Università di Parma e Divisione di cardiologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Parma. “Poiché è ormai consolidata la connessione tra stati di ansia e rischio cardiovascolare, i risultati ottenuti assumono un valore importante anche in ambito patofisiologico, e quella sarà materia di ulteriori ricerche”.
Lo studio prosegue il filone di ricerca intrapreso nel 2019 relativo alla distribuzione degli oli essenziali emessi dalle piante, che ha portato a numerose pubblicazioni scientifiche e alla realizzazione di due volumi sulla Terapia Forestale, editi dal Cnr, che hanno permesso di sistematizzare le conoscenze ad oggi acquisite in merito a questa disciplina emergente. Un prossimo passo sarà mappare boschi e foreste in base alle concentrazioni dei monoterpeni.